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Thor: The Dark World - Recensione

Ricostruzione dettagliata dei tragici fatti che portarono alla distruzione del palazzo reale di Asgard per opera del fanatico Malekith. Il trionfo del regno della luce contro le arcaiche armate oscurantiste. Thor salva mondi e appende il martello all’attaccapanni. Un (super)eroe rimasto semplice nonostante il successo

C’era una volta un mondo ambiguo, frutto del crollo del muro di Berlino e del blocco sovietico. I super-eroi non erano più tanto buoni (vedi le cronache di Alan Moore) e anche gli americani, senza più nemici mangiabambini, non se la cavavano tanto bene sul fronte internazionale, coinvolti in guerre smaccatamente interessate al mero lato economico. Poi arrivò l’Undici Settembre e tutto cambiò. Le armate del feroce Saldino tornavano a colpire e nuove crociate s’imponevano al Nuovo Difensore dell’Ordine Mondiale (complice lo S.H.I.E.L.D.). Il cinema yankee, dopo averne narrato l’epica in tanti episodi ambientati solo sul nostro pianeta, si rivolge, con questa nuova avventura di Thor, The Dark World, anche agli altri mondi, dimostrando, se mai ce ne fosse bisogno, che in tutto l’universo ci sono forze tradizionaliste e oscurantiste in cospirazione e lotta per distruggere la luce della Libertà e della Democrazia (Odino è re ma ha più o meno il peso e i poteri di Obama).
All’inizio, infatti, ci viene raccontato di come, nella notte dei tempi, regnasse l’oscurità nella quale, gli Elfi Oscuri, sguazzavano come sottoproletari nelle piscine comunali. Poi arrivarono gli Asgardiani, con la loro mania della luce, e ammazzarono tutti questi dark primordiali grazie al furto della loro arma finale, stile quella chimica di Saddam, chiamata Aether. Tutti morti tranne il perfido Malekith che, vista la mala parata, pensò di ibernarsi in attesa di tempi migliori. Chi ritroverà ‘per caso’ l’arma letale e ne diventerà veicolo e ostaggio? Proprio lei, Jane Foster, la fidanzata di Thor (una Natalie Portman con l’usuale intensità da semolino). Per salvarla e sconfiggere quei brutti ceffi degli elfi smorti, il biondo capellone non esiterà a mettersi contro il padre e ad allearsi col furbo fratellastro Loki.
E’ incredibile vedere come, in tutti i mondi, la realtà e la storia, tranne qualche piccola differenza, siano sempre le stesse. Ci sarebbe da sviluppare più di una teoria new-age, in proposito. Le astronavi, ad Asgard, c’erano già nella notte dei tempi, così come fucili, bombe e contraerea. La lingua degli Elfi Oscuri è ostrogota come l’arabo. Asgard subisce l’attacco di un’astronave che si schianta contro la torre del palazzo reale proprio come accadde a New York nell’attacco alle torri gemelle. Un guerriero dark, per trasformarsi in arma letale, pratica un suicidio differito.
Davvero i paralleli sono affascinanti e, se s’ignorano Snorri e Wagner e si riesce a resistere alle solite due ore canoniche del blockbuster, il film meriterebbe, per questo, una visione. Purtroppo, all’insofferenza vescicale data dal timing, si aggiunge una sceneggiatura più occhiuta ai ritmi della scansione ‘battaglia – spiegone – sentimental - battuta’ che a una reale necessità narrativa; inoltre, la scarsa cura dei particolari (tipo il trucco della faccia ferita di Thor), fa scadere il film in una categoria B (o C) di lusso, dove muoiono quasi tutti i prodotti analoghi da multisala.

C’era una volta un mondo più ingenuo, con la guerra fredda e senza Internet, dove anche la fantascienza occidentale si nutriva di fantasia e s’immaginavano monoliti ieratici, testoni volanti e uomini in fuga dal futuro. Oggi non s’immagina più perché è tutto vero, tutto presente e tutto, ahinoi, maledettamente banale.

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