Su Re
- Scritto da Anna Maria Possidente
- Pubblicato in Film in sala
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Non c’è dubbio che la storia della morte di Cristo sia stata raccontata praticamente in tutte le salse, ma possiamo dire che quest’ultima ce la potevamo tranquillamente risparmiare. Il regista sardo Giovanni Columbu, attraverso una sorta di grande omaggio alla sua terra d’origine e alla sua particolare tradizione linguistica, decide di trasporre alcuni brani del Vangelo in Sardegna. Il risultato è la pellicola Su Re (letteralmente, in sardo, Il Re) che ripropone alcune tra le pagine più significative del Nuovo Testamento sotto una veste completamente diversa rispetto alle precedenti trasposizioni. Dimenticatevi, quindi, il Gesù di Nazareth di Franco Zeffirelli, quello di Mel Gibson, o la versione del Vangelo di Pier Paolo Pasolini: in questo film i personaggi sono fortemente caratterizzati da questa componente regionale e non sono interpretati da attori professionisti. Forse è questo l’unico pregio della pellicola, prodotta dalla Sacher Film di Nanni Moretti, in cui il regista ha avuto l’abilità di far recitare degli attori improvvisati con un risultato tutto sommato buono. Peccato non si possa dire lo stesso della sceneggiatura: anche nelle sequenze più concitate, non c’è un attimo in cui si avverta la minima suspense. Tutto è statico, i dialoghi sono ridotti davvero all’osso e persino i paesaggi (le potenzialità ci sarebbero tutte, parlando di una terra splendidamente selvaggia, come la Sardegna!) sono insignificanti. Manca del tutto anche la musica, a parte nei titoli di coda. Sicuramente parliamo di una produzione a basso costo: 800mila euro per 9 giorni di lavorazione nell’arco di due anni. Insolita è anche la figura di Gesù, che perde la sua connotazione divina, per venire completamente umanizzato e descritto come una persona che ha paura della morte e della sofferenza fisica; e forse per accentuare questo aspetto, quasi di un uomo qualunque, che l’attore non è bello (addirittura all’inizio non era stato neppure scelto per interpretare il protagonista, ma Giuda).
Il dialetto sardo è incomprensibile (fortunatamente è sottotitolato!) così come incomprensibile ci risulta questo bisogno di trasferire una storia che accadde dall’altra parte del mondo tra nuraghe, pastori e asinelli.