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Moonrise Kingdom - Una fuga d’amore

Una immagine tratta da Moonrise Kingdom - Una fuga d'amoreUn altro capitolo del mondo arguto, dolente ed estetizzante di Wes Anderson. I bambini fuggono dal mondo degli adulti, mostri patetici e inevitabili, per un amore contro il tempo e la natura

Estate del '65, dentro il teatro di un'isola, due ragazzini 'difficili' progettano una fuga dal mondo vuoto e lussuoso di lei, così come dall'inquadrato e militaresco campo scout di lui. Sono innamorati, decisi e le incerte minacce degli adulti non li fermeranno.
Wes Anderson si è costruito, film dopo film, una sua personale poetica, fatta di cura meticolosa per i particolari, grande senso plastico delle inquadrature (anche utilizzando trucchi scenici da teatro), uso ritmico del montaggio e un villaggio di personaggi stralunati e bizzarri che raccontano senza fine il male di vivere e il suo contraltare comico.
All'interno di questa cornice, si articolano le sue storie, dalle più riuscite, come I Tenenbaum, alle più faticose, come Il treno per Darjeeling.
Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore, nonostante parta svantaggiato per la quasi sempre ruffiana idea di mettere come protagonisti dei ragazzini, funziona. La sceneggiatura è snella (e il film breve, gran pregio). L'incalzare della storia è garantito dalla descrizione della fuga, dall'inseguimento e dall'uragano incombente e quindi il regista può concedersi la libertà di disegnare, nei diversi adulti del villaggio, impietosi ritratti di vite vuote, perdute e mai comprese che, in fondo, rappresentano il vero 'monstrum' da cui fuggire.
E' all'interno di alcune pennellate dei caratteri adulti che il film gioca le sue carte migliori, nell'espressione  trattenuta e amara di Bill Murray quando scopre la tresca della moglie, nel dialogo tra i genitori della ragazzina a letto, ripresi dal soffitto e poi persi a fissarlo.
Peccato per il finale conciliatorio e geometrico, in linea con la suite didattica Young Person's Guide to the Orchestra di Benjamin Britten (e dell'autore dello score, Alexandre Desplat) che apre e chiude il film, volto pleonasticamente ad insegnarci, appunto, che il film e la vita sono fatti da tutti gli elementi che li compongono: la tenerezza e la forza dell'amore innocente, la disillusione dell'età adulta, la distruzione della natura e il suo rifiorire.

Se il messaggio non brilla per originalità, il racconto è comunque piacevole. Gli manca solo quello scatto che i limiti imposti dalla propria estetica non gli concedono.

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