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Domino - Recensione

Deludente ritorno alla regia dopo sette anni per Brian De Palma: Domino è lavoro pasticciato, scontato e privo di guizzi che solo in rarissimi momenti lascia intravedere la mano che conosciamo del regista

Aveva lasciato intendere in più di una occasione che il tempo di lasciare la sedia da regista fosse arrivato in favore di una pensione tranquilla da ultrasettantenne che tanto aveva donato al Cinema, questione di energia diceva Brian De Palma dopo il ben poco convincente Passion. Doveva essere stato molto convincente nel suo intendimento al punto che dopo sette anni dalla sua ultima fatica ha dovuto rivolgere lo sguardo oltreoceano, in Danimarca per la precisione, per trovare qualcuno che producesse il suo nuovo lavoro.
Domino è un thriller-spy story-action movie girato tra Copenaghen, Amsterdam, Anversa, Bruxelles, Almeria e Sardegna, in cui sono chiare e nette le difficoltà e le controversie che hanno segnato la produzione del film al punto che il regista ha di fatto quasi ripudiato l’opera a causa dei numerosi tagli apportati dalla produzione danese.
Siamo nel 2020 (chissà perché poi…) la coppia di poliziotti della sezione speciale di Copenaghen Christian e Lars vengono inviati sul luogo di quella che sembra una lite famigliare. Si troveranno invece ad affrontare un terrorista dell’Isis che ha appena ucciso un uomo, che ferirà mortalmente Lars e riuscirà a far perdere le tracce dopo un rocambolesco inseguimento sui tetti. L’agonia di Lars dura alcuni giorni e con la sua morte l’obiettivo di Christian, il quale viene affiancato dalla collega Alex, diventa quello di dare la caccia all’assassino del suo amico e a smantellare una cellula terroristica pericolosamente attiva in Europa.
Spostandosi da una parte all’altra dell’Europa con una repentinità ed una facilità che lascia alquanto interdetti, i due poliziotti sono sulle orme dell’assassino e dello sceicco che muove le fila dirigendo gli attentati con la folta schiera di kamikaze, ma per loro c’è anche il tempo di rivivere il legame che li legava al collega morto e per Christian in particolare anche metabolizzare il rimorso per quanto accaduto e per le scelta operative fatte.
Naturalmente quello che scopriranno non saranno solo i progetti imminenti della cellula terroristica, ma anche quegli sporchi legami e connessioni che si celano dietro gli interessi politici dove nell’ombra manovrano i servizi segreti.
Spiace dirlo perché comunque siamo alla presenza del lavoro di uno dei registi più influenti del XX secolo, ma Domino è pellicola che delude profondamente, nella quale si intuiscono chiaramente, come detto poco fa, le difficoltà incontrate nella stesura definitiva. Se è vero che i tagli sono stati sostanziosi tali da alterare il complesso dell’opera, è anche vero che la sceneggiatura nel suo insieme fa acqua da tutte le parti ed il taglio stesso che De Palma dà alla storia è alquanto deludente.
Domino in larghi tratti sembra un dozzinale e anche banale film per la televisione o una puntata pilota di una serie TV, rimanendo ben lontano da quelli che sono i binari del cinema del regista americano: tutto appare frettoloso, ovvio, scontato, anche in quelli che dovrebbero essere dei piccoli colpi di scena, inoltre la profondità dei personaggi è colpevolmente messa da parte, tranne, forse, la figura di Lars. Dal punto di vista narrativo non aggiunge nulla alla lunga lista di pellicole che raccontano la guerra dell’Occidente contro il terrorismo islamico, persino la presenza dell’onnipresente CIA appare alquanto scontata e stucchevole.
Assistiamo insomma ad un inseguimento su scala europea che è anche la ricerca di una vendetta da parte di due personaggi che per motivi diversi credono di avere un diritto acquisito a farsi giustizia. Due personaggi che negli intermezzi delle scene di azione si confrontano nel ricordo dell’amico morto.
Un paio di momenti, per fortuna, lasciano intravvedere la mano del De Palma migliore: dapprima la scena dell’inseguimento sui tetti, un po’ Hitchcock, un po’ action movie classico ad alta tensione e poi, verso il finale, la scena madre della Plaza de Toros di Almeria, effettivamente molto ben congegnata e ricca anche di virtuosismi tecnici.

Purtroppo un po’ poco per un film che per il resto non riesce assolutamente ad emergere da un anonimato nel quale un regista del calibro di Brian De Palma non merita di stare e che forse farebbe bene a dare seguito, per davvero stavolta, ai proposito di ritiro pronunciato sette anni or sono.
Il cast, nonostante la riuscita del film tutt’altro che soddisfacente, è comunque di qualità: Nikolaj Coster-Waldau, un po’ troppo stereotipato nel suo personaggio, offre comunque una prova positiva, così come Carice van Houten nei panni di Alex, mentre Guy Pearce nei panni dell’agente CIA Joe Martin, nonostante gli sforzi, non riesce a liberarsi di un personaggio fin troppo scontato.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

1 commento

  • Fabio
    Fabio Martedì, 09 Luglio 2019 19:17 Link al commento Rapporto

    Da fan di De Palma lo vedrò pur sapendo cosa mi aspetto. Passion era già il suo epitaffio. Di questo ho visto su youtube la scena madre dell'attentato con il drone nell'arena di Almeira.
    Francamente imbarazzante sotto tanti punti di vista: l'uso del simil Bolero (già fatto, meglio nella sequenza splendida del furto di Femme Fatale) un terrorista bibitaro con gli occhi sgranati che scaccia due ragazze e spara a uno per poi essere centrato dal drone per l'intervento risibile del detective che si sbarazza di tre terroristi giocando a nascondino. Se questa è la scena ricca di virtuosismi tecnici devo fare le condoglianze a De Palma.

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