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Una - Recensione (Festa del Cinema di Roma 2016)

Lavoro di ispirazione e di struttura teatrale Una, opera prima di Benedict Andrews, è film che va a scavare nel passato doloroso di una storia d'amore maledetta e ne descrive le cicatrici presenti

Conosciuto finora per la sua apprezzabile e vasta attività teatrale come regista, scrittore e autore di interessanti riletture di opere classiche (Cechov, Shakespeare, Tennessee Williams tra gli altri) Benedict Andrews, australiano di nascita e formazione ma islandese si adozione visto che ha scelto Reykjavik come residenza abituale, confeziona la sua opera prima cinematografica partendo da una piece teatrale di David Harrower: Una è lavoro per molti versi coraggioso, inevitabilmente controverso e aperto a molte, forse anche troppe, letture, proprio perché il regista ha fortemente impostato il racconto tenendo ben presente che di lavoro teatrale originale si tratta.
Una è una giovane donna dalla vita scialba e sregolata consumata in serate in discoteca tra alcool e rapporti sessuali occasionali e squallidi nei bagni dei locali. La sua esistenza è pesantemente segnata da quindici anni dal ricordo della relazione che ebbe a 13 anni con Ray, un amico del padre, ben più grande di lei. Una mattina la donna decide che è il momento di affrontare il suo passato e di presentarsi di fronte all’uomo che lei amò e dal quale fu abusata, anche se poi tecnicamente vedremo che così non fu in effetti. Ray nel frattempo ha anche cambiato nome dopo la condanna che subì nel processo e i relativi anni di galera.
Lungi dallo scavare nel torbido e nel pruriginoso, il racconto che sostiene Una è una dolorosa ricerca fatta da entrambi i personaggi sulla vera natura di quel rapporto: fu pedofilia in senso stretto? Fu un amore impossibile? Fu violenza e sopraffazione? Questo il film non ce lo dice chiaramente, ciò che importa ad Andrews è di indagare in un passato che ha segnato la vita di entrambi e scoprire cicatrici che ancora gemono sangue, tratteggiare quello che l’episodio di 15 anni prima ha lasciato nel profondo dell’animo dei due protagonisti.
Quello tra i due protagonisti è un confronto serrato, fatto di ricordi presentati come brevi flashback, di sentimenti feriti e di passioni impossibili, di rancore e forse, ancora, di sentimento, di ossessione che disturba soprattutto la vita di Una. Andrews, come detto, sceglie l’impostazione teatrale per raccontare la sua storia: la gran parte del film si svolge nell’azienda presso cui lavora Ray, tra luci al neon, bianchi corridoi e vetrate e squallide stanza disadorne. Un rincorrersi di odio e di amore, di risposte non date e di ossessioni malate, consumate in un ambiente chiuso che sembra togliere l’ossigeno anche ai protagonisti.
I contorni reali di quella relazione rimangono sfumati, e questo ci salva dal polpettone sulla pedofilia solitamente stucchevole e dai contorni voyeuristici: è più l’esito di quella relazione che interessa al regista e così facendo il film mantiene sempre un’aura di ambiguità che genera tensione emotiva.

Pur lontano dalla perfezione (la sua 'teatralità' a volte appesantisce un po’ il racconto), Una è un degnissimo esordio, un film che se non altro deraglia dai binari stucchevoli su cui la Festa del Cinema di Roma 2016 viaggia verso il baratro, imponendosi come uno tra i lavori più interessanti.
Il ruolo di Una sembra ritagliato alla perfezione su Rooney Mara, ormai icona dei personaggi disturbati, bravissima soprattutto nel suo sguardo traboccante una malata ossessione cui si contrappone una prova tutt’altro che convincente votata alla staticità espressiva di Ben Mendelsohn.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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