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Ashes of Time Redux

Una immagine tratta da Ashes of Time ReduxIl capolavoro di Wong Kar-Wai, parzialmente revisionato ma soprattutto salvato dalle grinfie del tempo, ci porta in mondi e spazi che il genere, il pubblico, il cinema hanno quasi dimenticato: le lande dell’anima, il luogo da cui nessuno può fuggire. Mai

Nonostante la notorietà internazionale di Wong Kar-Wai sia in gran parte dovuta alle stilose e rarefatte atmosfere di Happy Together e In the Mood For Love, e al recupero in gran parte tardivo dei suoi fiammeggianti inizi e soprattutto di Hong Kong Express, non sono pochi (e tra questi chi scrive) quelli che pensano che il vero capolavoro del regista hongkongese sia un altro, l’originale Ashes of Time di cui questo redux è solo una parziale rielaborazione, girato nello stesso anno di Hong Kong Express e tutt’ora unica prova che abbia visto Wong confrontarsi con il genere per eccellenza del cinema cantonese: il wuxia, con quel suo mescolio di arti marziali, fantastico ed epica guerriera che dalla letteratura d’appendice è stato travasato in pellicola in decine e decine di storie per il grande schermo.
Negli anni ’90, il wuxia subiva una rielaborazione cinetica e stilistica che ha lasciato un segno indelebile in patria, una vera e propria rivoluzione che si concluderà con l’esplosione sulla scena internazionale di un wuxia rivisitato ed estetizzante a cavallo del 2000, con capostipite il La tigre e il dragone di Ang Lee; tra i vertici di questa rivoluzione dei Novanta, Ashes of Time ha un posto particolare, quello della decostruzione spazio-temporale della narrazione e dell’interpolazione di una vena nostalgica e fatalmente beffarda nelle storie di guerrieri e combattimenti che da sempre scandiscono il wuxia.
Ashes of Time Redux è frutto dello sforzo di riportare alla luce questo capolavoro del quale il tempo trascorso dal 1994 e la ferocia di un sistema cinematografico-commerciale, come quello di quella Hong Kong che ormai non esiste più, avevano lasciato quasi solo le ceneri (singolare destino, visto il titolo internazionale che viene tradotto proprio come ‘le ceneri del tempo’), tra frammenti di pellicola, copie rovinate dall’usura o scomparse, magari disperse in qualche magazzino d’oltreoceano. Così, nel 2008 vide la luce questa versione ricomposta, restaurata e in poche parole recuperata dalle grinfie del tempo sul dominio dell’analogico con i mezzi del cinema digitale. Rispetto alla pellicola originale, cambia qualche briciola di montaggio, qualche colore della tavolozza di un direttore della fotografia come Christopher Doyle, e soprattutto la colonna sonora, rifatta ad archi e sonate laddove invece lo score di Frankie Chan e Roger Garcia era un sontuoso concerto di sintonizzatori elettronici e scrosci disarmonici. Si tratta più che altro di concessioni ad un pubblico che ha amato l’eleganza formale del Wong Kar-Wai post-In The Mood For Love, che intaccano poco la sostanza cinematografica di quello che è un saggio di maestria in scrittura senza sceneggiatura del regista e autore cantonese, e che non fanno dimenticare l’importanza di preservare e riprodurre questo film-chiave del cinema contemporaneo anche a chi non ha avuto l’occasione di gustarlo nel suo vigore originale, grezzo e ruspante ma anche fragile nel tempo. Rimangono una storia di personaggi perduti nel tempo e nello spazio, ma soprattutto nelle loro anime, e una finezza tecnica straordinaria, tanto che sono poche le scene che non si possa definire memorabili. Se poi non bastasse, le interpretazioni di un cast di interpreti altrettanto eccezionali contribuisce da solo alla statura e importanza di Ashes of Time, che sopra gli altri pur bravi ospita le prove di due dei più grandi attori del cinema mondiale almeno del secondo dopoguerra: Leslie Cheung e Brigitte Lin.

Spesso capita di dover parlare diffusamente del contesto di un film solo perché esso non offre sunti di discussione vari e articolati di per se; raramente, succede invece che questo insistere sulla cornice sia dovuto al fatto che il film parla da solo e che ogni commento sul pezzo, fatto salvo il consiglio di guardarlo, il film, è vagamente inutile; altrettanto di rado la reticenza ad approfondire il succo dell'opera è dovuta a quella specie di timore reverenziale che si prova davanti al vero capolavoro, quella paura di poter sciupare l’esperienza della visione con accrocchi intellettuali e vuote parole di critica più o meno seria. Ecco, la natura di questo pezzo, quel suo girare intorno al cuore di Ashes of Time senza affondarvi le frasi e le parole, la si deve al un po’ al secondo e un po’ al terzo dei punti elencati qui sopra, e soprattutto alla sacralità che questo film ha assunto, negli anni e nelle ripetute visioni, nella mente di chi scrive... che non può fare altro che arrendersi al suo rimanere una volta di più senza parole davanti a uno dei film cruciali nella lista personale di visioni: Ashes of Time non è un film che si possa raccontare o commentare; va visto, e basta.

Il film è disponibile a noleggio sulla piattaforma di streaming e download Own Air.

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