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Paolo Sorrentino presenta This Must Be the Place

  Paolo Sorrentino a RomaIl regista presenta in un’affollata conferenza stampa, il suo ultimo lavoro girato negli Stati Uniti, che ha come protagonista un irriconoscibile Sean Penn nei panni di una rockstar dark


Arriva anche in Italia, dopo la presentazione all’ultimo Festival di Cannes, il nuovo film di Paolo Sorrentino, This Must Be the Place, con Sean Penn e Frances McDormand. Un’opera davvero insolita per il regista napoletano che ha scelto l’ambientazione statunitense per raccontare la storia di Cheyenne, una rockstar molto famosa in passato che dovrà ripercorrere la vita di suo padre, un ebreo americano deportato in un campo di concentramento.
Alla presentazione del film Paolo Sorrentino, lo sceneggiatore Umberto Contarello e il produttore Nicola Giuliano di Indigo film, che hanno iniziato a raccontare di David Byrne e del suo contributo al film. Il cantante inglese ha infatti scritto le musiche ed è uno dei personaggi che Cheyenne-Penn incontrerà lungo il suo viaggio.
Racconta Sorrentino: “Riguardo a Byrne, c’è stata una ‘dittatura musicale’ sua nei miei confronti. Con David, io e Nicola Giuliano ci siamo incontrati la prima volta nel camerino di un suo concerto a Torino: gli raccontavamo di voler fare un film con Sean Penn e capivamo la sua perplessità per questo progetto. Non ci considerò molto anche se ci disse di sì, ma solo per farci star buoni, senza immaginare che il film si sarebbe poi fatto davvero.  A lui poi piaceva l’idea di comporre musica che potesse essere ideata ed eseguita da una band di diciottenni. Sulla sua presenza come attore era molto scettico, ma lo abbiamo convinto!

Un film in cui la musica di David Byrne entra in maniera preponderante, ricordando le atmosfere anni ‘80, un filo conduttore che unisce anche il personaggio di Penn, ispirato a Robert Smith dei Cure per il suo aspetto: capelli corvini e cotonati, cerone bianco in faccia e trucco sugli occhi. Un aspetto un po’ inquietante che in realtà trasferisce sullo schermo tutta la malinconia e la tenerezza di un uomo avanti con gli anni, ma non ancora adulto e che crescerà proprio grazie al suo “viaggio iniziatico” attraverso gli Stati Uniti. Racconta il regista: “Direi che l’elemento che ci guidava nella sua caratterizzazione, era che lui fosse un inevitabile portatore di gioia.
Mentre lo sceneggiatore Umberto Contarello precisa lo stato emotivo di Cheyenne: “Sta in quella zona grigia tra una noia senza senso e un inizio di malinconia che potrebbe diventare depressione in senso clinico. Se sia realmente depresso o meno, dipende anche da chi gli fa una diagnosi.” Continua Sorrentino: “Il lavoro svolto con Penn ricalca quello che ho fatto con tutti i miei attori. La grande differenza è che vedendo lavorare Sean Penn ti accorgi che lui è davvero in grado di fare tutto, il che è una caratteristica non comune. Da regista ho rischiato molto, perché pensi di poter fare tutto, con una tale bravura a disposizione. Nella sceneggiatura il personaggio era già molto definito, ma Sean ha comunque portato moltissimo, grazie alla sua capacità di aggiungere quello che non c’era scritto: la voce in falsetto  (che descrive anche il lato femminile del suo personaggio), il modo di camminare (che lui definiva come quello dei ricchi che si sentono in colpa), e le più piccole sfumature.
Un personaggio complesso dunque, che nel film, già dalle prime inquadrature, riflette tutto il peso della vita, soprattutto nei gesti e nel suo incedere incerto, un lavoro di costruzione del personaggio davvero straordinario che definisce il valore dell’intera pellicola.
Aggiunge Sorrentino: “Da spettatore non mi piacciono i film che narrano un solo tema o veicolano un solo messaggio; per questo ho scelto molti spunti: l’assenza di un rapporto affettivo tra padre e figlio, l’Olocausto con lo sguardo di un uomo di oggi, e il racconto della musica. Volevo due parti ben separate nel film: c’è bellezza nel raccontare due segmenti diversi che convivono nello stesso film.” E sul racconto dell’Olocausto continua il regista: “Sarebbe presuntuoso dire che è un film che racconta quella vicenda. Si muove su quello sfondo ma non la descrive in maniera storica, lo fa in maniera non completa, come è giusto che sia, visto che si tratta di un modo per raccontare le degenerazioni del comportamento umano.

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