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La Chiesa che non c'è

Il premio Oscar Alex Gibney porta nelle sale italiane Mea Maxima Culpa: Silenzio nella casa di Dio, un delicato documentario su pedofilia e Chiesa cattolica. "C'è la volontà di ottenere un po' di giustizia, che è il cuore del film", ci racconta il regista

Un durissimo docu-film sul delicato argomento della pedofilia nella Chiesa Cattolica e di come per anni moltissimi casi siano stati insabbiati. In Mea Maxima Culpa: Silenzio nella casa di Dio il regista premio Oscar Alex Gibney (Taxi to the Dark Side) prende ad esempio l'abominevole vicenda di quattro uomini non udenti, bambini negli anni '70, ripetutamente violentati da Padre Murphy nel Milwakee e, nonostante le accuse, mai punito legalmente.
Presenti alla conferenza stampa il regista, i vaticanisti Marco Politi e Robert Mickens e Luca Bianchi a rappresentanza dell'istituto statale per sordi.

Parlateci di questo film, del vostro punto di vista.
Marco Politi: Il fatto che a questa conferenza stampa ci sia qualcuno che traduce per i sordi è estremamente importante. Come abbiamo visto dal film, molte delle vittime sono proprio i non udenti, e non soltanto nella lontana America, ma anche qui in Italia. Papa Francesco si è presentato come un Papa che vuole una chiesa povera e per i poveri, e io credo che i più poveri siano proprio le vittime minori, ragazzi e ragazze che sono ancora nascosti. Benedetto XVI ha istituito delle norme più severe verso gli abusi, ma non ha aperto gli archivi vaticani, e soprattutto nella sua Chiesa c'è stata un'inerzia che contrasta con l'attività degli episcopati d'Europa. Altrove sono state aperte inchieste nazionali, ma qui in Italia non è stato fatto nulla del genere. In Germania ci sono laici in ogni chiesa a cui le vittime possono rivolgersi, qui in Italia non esiste nulla di tutto ciò. Il nuovo Papa si ritrova quindi sul tavolo il peso di ridare giustizia ai poveri più poveri, le vittime nascoste negli archivi vaticani.

Robert Mickens: Come giornalisti, anche noi stranieri abbiamo seguito fin dall'inizio questa strage dell'abuso sessuale, ed c'è una cosa che noi stranieri vaticanisti notiamo a Roma con molta sorpresa, ossia le procedure molto meno stringenti rispetto a quelle attuate dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra. In tutta la Chiesa noto una lacuna gravissima: i vescovi non sono stati resi responsabili, nessuno è stato reso responsabile per aver coperto questi crimini. E' un passo che la gerarchia deve fare, e spero che il nuovo Papa si prodighi per questo. Le povere vittime hanno depositato fiducia nel clero, e quindi sono doppiamente abusati nella loro innocenza e nella loro fede. I casi in Italia, non so perché, non vengono seguiti come negli altri Paesi.

Marco Politi: In Italia ci sono almeno 3000 casi nascosti. Ci sono 200 diocesi, nessuna ha fatto un'inchiesta, eccetto una: la diocesi di Bressanone. L'hanno fatto perché vedono la televisione austriaca e hanno quindi una mentalità non totalmente italiana. Un anno e mezzo fa sono usciti fuori 15 casi di preti pedofili. Se solo una sola piccola diocesi ha 15 casi, moltiplicati per le 200 diocesi italiane, sicuramente ci sono almeno 3000 casi nascosti in Italia di abusi su minori da parte di preti e sacerdoti.

Alex Gibney: Parliamo di cifre. Le cifre sono impressionanti, ma quello che conta è il volto umano, l'umanità di queste persone che hanno sofferto, che sono i miei eroi: bambini non udenti che hanno lottato per tutta la vita purché la loro voce venisse ascoltata, di fronte alla sordità di una Chiesa che non ha mai voluto ascoltarli. E' doloroso. C'è la volontà di ottenere un po' di giustizia, che è il cuore del film. Come Marco Politi ha già detto riguardo gli archivi nascosti, la cosa più grave (ed ecco perché il sottotitolo Silenzio della casa di Dio) è che proprio gli archivi vaticani per il momento restano chiusi.

Gibney, secondo lei quali sono le responsabilità concrete dell'ormai ex Papa Ratzinger? Le sue dimissioni sono legate anche a questi casi di pedofilia, in qualche maniera?
A.G.:
Come dice il film, il Cardinale Ratzinger ha visionato tutti i casi di pedofilia e abusi dal 2001 in poi. Sicuramente lui è la persona più informata al mondo per quanto riguardo queste questioni, e quindi ha avuto la responsabilità di non aver chiesto nessuna forma di giustizia per le vittime e non ha portato alla luce le responsabilità della Chiesa. Le sue dimissioni sono state l'atto più potente del suo pontificato: ha dimostrato di non essere in grado di affrontare alcune questioni della Chiesa, tra cui la pedofilia, ammettendo di essere un uomo che non era in grado di portare avanti quel compito. Speriamo che il nuovo Papa sia diverso.

La figura di Ratzinger appare controversa dal documentario: prima sembra colpevole, e dopo quasi 'assolto' perché prigioniero della curia romana.
M.P.: Credo che il documentario mostri anche la personalità complessa di Ratzinger. Lui è cresciuto in una Chiesa in cui la parola d'ordine era quella di non dare scandalo e di proteggere l'istituzione. Anche lui è passato negli anni '70-'80, nella fase in cui i pedofili erano ridimensionati a semplici malati che con qualche seduta dallo psicologo sarebbero guariti. E' agli atti che lui abbia cercato di intervenire per smascherare molti di questi mostri, ma dopo un anno dalla denuncia canonica tutto è rimasto fermo. O non ha avuto il coraggio di parlare, o si è accorto che c'era un muro di gomma nell'entourage di Papa Giovanni Paolo II. La responsabilità come Papa invece è quella di non aver dichiarato che i vescovi hanno sempre l'obbligo di denunciare i crimini. Essere rimasti a metà su questo rende ancora oggi molti vescovi ambigui.

Nella sua inchiesta ha cercato qualcuno in Italia che ha tentato di testimoniare? Perché non vengono fuori questi casi in Italia?
A.G.:
Durante la realizzazione del film ho parlato anche con altre persone, però spero che la testimonianza di questi quattro eroi possa spingere tante altre persone a fare lo stesso. Per le vicende italiane non abbiamo avuto modo di andare a fondo, anche perché volevamo seguire una storia per poi allargarla, e quello che mi ha colpito è stato proprio il ripetersi di una specie di schema. Quando ho cominciato a studiare il caso di Milwakee, non avevo idea che un caso praticamente identico si fosse verificato anche a Verona.

M.P.: Uno dei problemi più grandi è quello del complesso di colpa e vergogna che paradossalmente viene inflitto alle vittime invece che ai criminali. In Italia il processo è lentissimo, e bisogna dire che in altri paesi il processi di riscatto è più rapido grazie anche all'iter giudiziario. Se il nuovo Papa è come umano come si professa, dovrà tenere conto di tutto questo.

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