Vanishing Point - Recensione (Festival di Rotterdam 2015)
- Scritto da Davide Parpinel
- Pubblicato in Asia
- Stampa
- Video
- 1 commento

La riflessione del giovane regista thailandese Jakrawal Nilthamrong si concentra su quei momenti della vita dell'uomo in cui egli sembra convinto di poter condurre la sua vita a proprio piacimento, fino al momento in cui, però, il destino o il metafisico gli ricordano l'imprevedibilità dello loro azione sull'esistenza umana.
Lo spunto del regista da cui nasce Vanishing Point è personale e riguarda come la sua vita sia cambiata da bambino a causa dell'incidente mortale che ha coinvolto i suoi genitori.
Il film, infatti, si apre con le immagini di questo incidente, comprovato dalle foto e titoli dei giornali che riportanti la notizia. Da qui si sviluppano, in un continuo gioco di incastri, anche temporali, le vite dei personaggi della pellicola. In una foresta un gruppo di agenti sta ricostruendo insieme al presunto indiziato la scena di uno stupro. Il tutto appare troppo forzato, tanto da scaturire la curiosità di un reporter che per cercare la verità decide di seguire gli agenti. Nel tragitto l'auto del ragazzo passa vicino al luogo di un incidente d'auto in cui sono coinvolti un monaco buddista e un uomo. Quest'ultimo è il padre della ragazza vittima dello stupro, scappata dalla noiosa vita tranquilla della sua famiglia benestante. Il padre, infatti, è proprietario di un motel e coltiva una relazione con una sua dipendente, ma non è pienamente soddisfatto della sua esistenza. Si rivolge così a un monaco buddista e attraverso una visione mistica riesce a comprendere che cosa mettere a posto della sua vita. Mentre sta tornando dalla sua famiglia, però, è coinvolto nell'incidente. Nella periferia di Bangkok, parallelamente, un ragazzo si muove tra diverse case chiuse. In una di queste dialoga con un'anziana maîtresse con cui dialoga sul significato della vita. La discussione aiuta la donna a capire il significato dell'amore, al punto da indurla a cambiare vita.
Vanishing Point, quindi, si domanda come sarebbe stata la vita del genitore se avesse dato maggiore ascolto alle esigenze della figlia e non si fosse concentrato sul proprio piacere; quale direzione avrebbe preso l'esistenza dell'uomo accusato dello stupro della ragazza e quella del giovane reporter testimone dell'incidente. La vita dell'anziana prostituta è davvero giunta a un punto di svolta?
Questa serie di interrogativi emergono naturalmente nella pellicola, per il suo giostrarsi tra meditavo-contemplativo, ma non è chiaro, nemmeno dopo il finale, quali forze regoli davvero l'esistenza umana. Il regista costruisce un'atmosfera di studio, di indagine, di attesa, quasi da noir, spezzata da musiche contemporanee popolari utili a conferire maggiore concretezza al film. La sua macchina da presa si muove lenta tra le vite dei personaggi, lasciando che le loro azioni si sviluppino e mettendo in evidenza l'imprevedibilità del destino e come ogni attimo della vita umana si possa distruggere e ricreare nel giro di brevissimo tempo.
Vanishing Point, inoltre, è un film che cerca di scardinare il concetto di cinema inteso come narrazione del reale, della finzione, del documento, per attestarsi come dimostrazione di un passaggio ignoto, quello tra realtà e metafisica, e dimostrarne l'esistenza e l'azione.
Secondo Jakrawal Nilthamrong, quindi, il cinema può proporre altro, semplicemente narrando delle storie comuni e affini a tante altre, partendo dalla memoria.
Video

Davide Parpinel
Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.
Articoli correlati (da tag)
- Videophilia (and Other Viral Syndromes) - Recensione (Festival di Rotterdam 2015)
- La obra del siglo (The Project of the Century) - Recensione (Festival di Rotterdam 2015)
- Festival di Rotterdam 2015: considerazioni finali
- Diario Festival di Rotterdam 2015: ultime visioni e giudizi finali
- Diario Festival di Rotterdam: spunti dall'Estremo Oriente
1 commento
-
Carnival Martedì, 10 Febbraio 2015 18:26 Link al commento
Dalla recensione sembra ricordare molto il cinema di Apichatpong Weerasethakul... Ormai il cinema thai sembra portare avanti uno stile metafisico-contemplativo. Peccato che questi film non riusciremo mai a vederli qui da noi.