News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaThe Donor (Juan zeng zhe) - Recensione (Torino Film Festival 2016)

The Donor (Juan zeng zhe) - Recensione (Torino Film Festival 2016)

Trionfatore al Torino Film Festival 2016 The Donor, opera prima di Zang Qiwu, è un lancinante racconto che attraverso il doloroso problema del traffico di organi getta uno sguardo drammaticamente poetico sulla condizione umana

Dopo il successo ottenuto al Festival di Busan, anche il Torino Film Festival 2016 cinge la corona sulla testa dell’esordiente Zang Qiwu per il suo The Donor (premiato come miglior film e per la migliore sceneggiatura), lavoro duro, spietato e drammaticamente poetico nel suo formalismo tutt’altro che astratto.
Prima di tessere le lodi di questa pellicola, di certo fra le migliori viste in questo anno cinematografico, va riconosciuta al Festival di Torino la capacità di perseguire imperterrito nella sua opera di divulgazione cinematografica alla quale troppe rassegne hanno ormai rinunciato: alla faccia degli strali, quasi sempre italici, sul presunto elitarismo di certi festival, sulla noia che suscitano certi film, soprattutto asiatici, la giuria della rassegna ha ritenuto giusto rimanere ferma sul caposaldo che dovrebbe animare ogni rassegna, quello di presentare lavori e cinematografie che altrimenti rimarrebbero emarginati dai circuiti commerciali, stimolando la curiosità di coloro che non si accontentano più di una semplice pellicola mainstream buona per tutte le stagioni e tutti i gusti.
The Donor (in originale Juan zeng zhe) è film che, attraverso la disamina di un problema che assilla la Cina da anni, quello del traffico di organi per trapianti, va ad analizzare una realtà ben più grande, quella di un Paese in cui la corsa al consumismo porta larghe fette della popolazione a folle velocità verso il baratro, azzerando principi etici e morali, fino a superare ogni steccato.
In The Donor il protagonista è un silenzioso e mite uomo di mezza età, Yang, che svolge la sua attività di meccanico in una piccola bottega di periferia, assillato, come larga parte della popolazione cinese, dal problema del sostentamento della famiglia: il figlio è prossimo a sostenere l’esame di ammissione al collage e la moglie, da buona donna di casa, è attentissima alle finanze di famiglia. Yang decide quindi di vendere un suo rene ad un 'riccone', nuova classe sociale della Cina capital-comunista, il quale vuole a tutti i costi salvare l’amatissima sorella gravemente malata. Soldi in cambio del rene e la riconoscenza di Li Daguo, il riccone, e della sorella, il tutto all’oscuro della famiglia. Sembra la svolta della vita, se non fosse che il trapianto fallisce e Li Daguo tornerà a chiedere l’aiuto di Yang.
Prima ancora che per la sostanza del racconto, The Donor si fa apprezzare da subito per una forma e una ricerca di stile particolari, sia nella costruzione delle atmosfere che nelle scelte tecniche: tutto sembra sospeso, quasi impalpabile, i toni sempre sommessi in un silenzio che diventa sempre più gelido man mano che la storia procede. Zang inoltre costruisce le sue immagini, assecondando le atmosfere, attraverso piani fissi, spesso in prospettiva, che tendono quasi ad allontanare i protagonisti, alternati a riprese di più ampio respiro che sottolineano soprattutto l’alienazione del tessuto urbano periferico fitto di strade e di binari che si intersecano e si sovrappongono.
Tutta la 'livrea' che riveste The Donor è finalizzata alla descrizione, non solo iconografica, di una umanità ormai alienata, frammentata, (auto)emarginata nella sua spasmodica ricerca di un denaro che, però, non sempre costruisce il benessere.
Il tessuto connettivo del racconto è invece intimamente legato alla descrizione di un rapporto umano che nasce come una banale transazione commerciale e che si sviluppa invece su piani sovrapposti e molto elegantemente connessi: Yang e Li mettono in scena un Faust moderno in cui l’anima viene sacrificata sull’altare del denaro che serve all’illusorio raggiungimento degli obiettivi e di contro il rapporto tra quello che sembra un suadente carnefice e la sua docile vittima si arricchisce di molteplici sfaccettature. Li non è un gangster prepotente e non appare certo come un becero riccone materialista, anzi per certi tratti si prova una dolorosa empatia per l’uomo che sa di avere l’asso nella manica, l’ultima fiche per poter garantire la salvezza della sorella; dall’altra parte Yang invece sembra addirittura privo di ogni moralità nell’offrirsi tristemente come merce di scambio, seppure in nome di un anelito al benessere della sua famiglia. Ma questi ruoli si invertono e si aggrovigliano uno sull’altro, perché al loro interno sembra trovare spazio anche il sentimento, la gratitudine, la riconoscenza, al di là del puro e semplice scambio commerciale.
Di fatto, comunque, The Donor vive per larga parte su questo confronto tra due mondi, quello dorato di Li, il riccone, e quello modesto e fatiscente di Yang. Due mondi che nascono dalla disintegrazione di un assetto sociale in favore di un’anarchica corsa all’oro.
Anche in questo film, come in altri a tematica simile, Zang sembra volersi chiedere: “fino a che punto l’uomo è pronto a spingersi per raggiungere il suo obiettivo? Dove finisce l’etica ed inizia l’istinto di sopravvivenza? C’è ancora la possibilità di riscontrare una traccia di umanità nei gesti che si compiono?”.

The Donor, nel suo minimalismo quasi neorealista, è un glaciale e affilato coltello che penetra nell’anima e nel cuore, un ritratto di un'umanità che sembra incapace di uscire da una deriva senza futuro, anche quando l’estremo atto di ribellione sembra nascondere qualcosa che palpita.
Ni Dahong nella parte di Yang e Qi Dao in quella di Li sanno calarsi in maniera convincente nei loro personaggi, infondendo quella carica di tormentata umanità che il ruolo impone.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.