News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaClose-Knit - Recensione

Close-Knit - Recensione

Trionfatore assoluto alla 19esima edizione del Far East Film Festival, Close-Knit della regista giapponese Naoko Ogigami è un pregevole lavoro a tematica LGTB che evita tutti i luoghi comuni e mette al centro del racconto il dramma personale attraverso atmosfere equilibrate

Dopo il premio ricevuto al Festival di Berlino per i film a tematiche LGBT, Naoko Ogigami conquista anche il Far East Film Festival 19 che le consegna sia il premio dell'audience che quello assegnato dagli accreditati Black Dragon, evento che poche volte si è verificato nella storia della rassegna udinese, a dimostrazione di un'accoglienza trionfale ricevuta da Close-Knit, in effetti tra i migliori lavori visti al FEFF di quest'anno.
Per chi scrive è stata un'autentica sorpresa, il lavoro della Ogigami, se non altro perché era una di quelle registe finite nella personale black list dopo una serie di lavori improntati ad un minimalismo vacuo e quasi fastidioso. Close-Knit invece è lavoro che ci mostra un'autrice matura, capace di rimanere fedele al suo stile e al contempo di raccontare una storia piena di tematiche interessanti, con la quale finalmente si confronta con aspetti sociali e con drammi personali.
L'undicenne Tomo ha una madre che è un disastro, una di quelle donne perse nel loro tormento e inclini alla fuga. Dopo l'ennesima sparizione della madre, la ragazzina si rifugia dallo zio materno, un tipo ordinario e tranquillo che vive con una trans, Rinko, ormai donna a tutti gli effetti tranne che per l'anagrafe. Nonostante con molto tatto lo zio metta al corrente della particolarità del suo rapporto amoroso Tomo, all'inizio, rimane colpita nel trovarsi di fronte questa donna che "per un errore di Dio" è nata uomo. Rinko però, è una persona sensibile e si prende subito cura della ragazzina, cercando di supplire all'assenza materna. Ben presto la titubanza di Tomo si trasforma in affetto verso questa donna che faticosamente tenta di affermare definitivamente la sua identità. Le rigide convenzioni sociali giapponesi però, nonostante un'apparente tolleranza verso i transessuali, creano difficoltà nella ragazzina che a scuola è schernita per la peculiarità della sua nuova famiglia. Ad accentuare il disagio di Tomo c'è anche la presenza di un compagno di classe che sembra Rinko in fase adolescenziale, tormentato dalla sua identità sessuale, la cui madre vede di cattivo occhio la frequentazione con la ragazzina alla luce della presenza di quella zia "strana".
Attraverso questo gioco di tormenti interiori e di ipocrisie, il racconto di Close-Knit si dipana però in maniera molto lineare, incentrandosi da un lato sulla figura di Rinko che vede nel suo rapporto con Tomo la possibilità di testare il suo senso di maternità e dall'altro sulla presa di coscienza che forse la società non è ancora pronta ad accettare a pieno titolo la figura dei transgender, ma soprattutto è il ritratto che fa Ogigami di Rinko che dà al film spessore e profondità.
Lungi dalle rappresentazioni pittoresche, caricaturali e a volte anche volgari, infatti Rinko appare come una persona dai tratti sfumati, con le sue certezze e le sue paure, con il desiderio di sentirsi donna a tutto tondo attraverso la grande prova della maternità seppure surrogata. La tematica LGBT insomma è affrontata guardando più dentro al personaggio che alla sua fenomenologia, evitando il melodramma spinto e anzi spesso volgendo lo sguardo a toni ed atmosfere da commedia. Soprattutto nel rapporto tra Rinko e Tomo spesso si verificano situazioni che strappano il sorriso: la donna, che per dare l'addio definitivo alla sua virilità sbagliata confeziona 108 (numero magico per la filosofia buddhista) falli cuciti a maglia e imbottiti di ovatta da sacrificare come rito finale, insegna alla ragazzina come sfogare la rabbia lavorando a maglia; il frequente richiamo alla grandezza delle tette in un titanico confronto tra una undicenne e una trans; l'apparizione dei genitori di Rinko, prototipo di personaggi dalle vedute ampie e che hanno sempre affiancato la figlia nel suo percorso di trasformazione.

Insomma Close-Knit, pur trattando una tematica non certo leggera, riesce sempre a mantenersi equilibrato, coagulando in maniera apprezzabile il dramma personale con la commedia, riuscendo a creare personaggi nitidi e, stavolta per fortuna, ben più aderenti alla realtà, contrariamente a come ci aveva abituato la regista nei suoi lavori precedenti. Il film lascia intravvedere alcune caratteristiche del cinema di Naoko Ogigami (la tendenza comunque al minimalismo, i toni pacati, una regia pulita) che stavolta, però, si integrano armoniosamente in una storia che ha la sua profondità e che, seppure nella sua semplicità, a tratti emoziona. Eccellente la prova di Toma Ikuta nella parte di Rinko, capace di dare grande forza al suo personaggio sia nella sua debolezza che nelle sue aspirazioni, risultando indubbiamente il pilastro portante di tutto il film, cui fanno da convincenti spalle sia la giovanissima Rinka Kakihara che Kenta Kiritani.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.