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Lo Hobbit: La desolazione di Smaug - Recensione

Proseguono le avventure di Bilbo Baggins e Gandalf, qui alle prese con il terribile drago Smaug: nel secondo capitolo de Lo Hobbit la tanta cura per la realizzazione tecnica fa del film un buon blockbuster, ma siamo ancora lontani dall'epicità de Il signore degli anelli...

Di sicuro la saga de Il signore degli anelli non ha bisogno di presentazioni. Sin dal 2001, data di uscita del primo film, La compagnia dell’anello, diretto egregiamente da Peter Jackson, la saga è entrata nell’immaginario collettivo, portando nuovi lettori nel magico mondo dei romanzi di Tolkien. Con Lo Hobbit: Un viaggio inaspettato siamo tornati nella Terra di Mezzo con le avventure di Bilbo Baggins insieme ai 13 nani guidati da Thorin Scudodiquercia e Gandalf, nel loro viaggio verso Erebor.
La desolazione di Smaug, secondo capitolo de Lo Hobbit, riprende dove il precedente film ci aveva lasciati. Il comparto visivo del film, come ormai ci ha abituato Jackson, è impeccabile. I costumi, il trucco, ma soprattutto la fotografia danno vita in modo eccezzionale alle pagine di Tolkien: per l'occhio dello spettatore è terribilmente facile perdersi negli sconfinati scenari in cui è ambientato il film. Non sono da meno gli interni, che sono trattati con estrema cura, rendendoli in ugual modo affascinanti. Le scene d’azione, come era lecito aspettarsi, sono il fiore all'ochiello del lavoro di Jackson: i combattimenti e le rocambolesche fughe di Bilbo e co. sono curati magistralmente, intrattenendo chi guarda come poche volte capita al cinema.
Per quanto riguarda lo sviluppo narrativo, invece, c’è qualche pecca. Indubbiamente il film, come il primo Lo Hobbit, non raggiunge il respiro epico della trilogia de Il signore degli anelli, complice il fatto che il libro da cui sono tratti è inteso originariamente come una favola, con atmosfere ben diverse dai campi di battaglia che popolavano le gesta di Frodo e della Compagnia dell'anello. Nonostante manchi un po' di pathos, ci sono momenti che riescono comunque ad emozionare.
I personaggi sono, tutto sommato, ben caratterizzati (peraltro non si registrano molte new entry nel cast originale). Piccolo appunto va fatto per Tauriel, l’elfa creata appositamente da Jackson per questo film, totalmente inesistente negli scritti di Tolkien. Il personaggio risulta forse troppo derivativo, non raggiungendo le caratterizzazioni degli altri elfi.
Sul fronte prettamente tecnico, segnaliamo che il film è girato in 48 frame per secondo (una scelta già adottata per Un viaggio inaspettato) che possono risultare indubbiamente fastidiosi, anche se bisogna ammettere che danno maggiore fluidità alle scene più movimentate. Il 3D d’altro canto è una buona aggiunta per gli scenari immensi in cui sono immersi i personaggi, in quanto riesce ad ampliare le scene e a rendere gli sfondi un po’ più 'realistici', tuttavia la tridimensionalità non aggiunge molto al film in sé, che può tranquillamente essere apprezzato anche nel classico 2D.

Lo Hobbit: La desolazione di Smaug è decisamene un buon blockbuster: non raggiunge livelli altissimi, ma non si può certo definirlo mediocre. Un film che sa indubbiamente intrattenere e mantenere lo spettatore incollato alla poltrona per le 2 ore e 40 minuti di pellicola senza mai annoiarlo. Consigliato per chi vuole vivere un’avventura che emoziona, a patto che si sia visto il primo film.

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