Recensioni film in sala

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniIn salaIl giovane favoloso (Venezia 71 - In concorso)

Il giovane favoloso (Venezia 71 - In concorso)

Mario Martone prosegue nella sua analisi del presente, recuperando il passato. Dopo l'Italia nascente di Noi credevamo, il regista napoletano sceglie il profilo e il potere senza tempo del pensiero e delle parole di Giacomo Leopardi

 


Il giovane favoloso non narra di Giacomo Leopardi. La nuova pellicola di Mario Martone si concretizza nei versi, nel pensiero, nelle idee, nella visione del mondo, nel corpo e nel tempo di Giacomo Leopardi.La pellicola prende avvio da Recanati e arriva fino al Vesuvio. Attraversa la clausura di studio e riflessione all'interno della biblioteca di Monaldo Leopardi (Massimo Popolizio) in cui Giacomo contempla i limiti ideologici della sua città. Da qui il giovane si muove verso Firenze, dove vive immerso tra le scorribande amorose del fraterno amico Antonio Ranieri (Michele Riondino) e il suo amore per Fanny (Anna Mouglalis). Nella capitale toscana, inoltre, può confrontarsi con gli intelettuali e i critici del tempo. Il problemi di soldi, però, attanagliano i due giovani, ma soprattutto Giacomo non sente il suo lavoro completamente compreso. I due, quindi, si spostano fino a Napoli, città natale di Ranieri, dove li aspetta il colera e quello sprazzo di vita reale che Leopardi ha sempre ricercato. Il Vesuvio, infine, è l'approdo finale in cui l'uomo e la natura possono accordarsi armoniosamente.
Il viaggio del grande poetca descritto da Martone è, dunque, un peregrinare alla ricerca di verità, di vita, di passione e istinto, lontano dall'ipocrisia, dalle convenzioni, dai formalismi, dall'aristocrazia, dai critici illuminati, ad esclusione fatta del suo mentore Pietro Giordani (Valerio Binasco), e dalla religione, condensati in particolare in Monaldo, e da quella natura umana da lui mai accettata.Il film, dunque, pone in luce il Leopardi letterato e uomo di pensiero, laico, illuminato, lucido pensatore in un'Italia che, divisa nei suoi stati, non vuole crescere. Il mondo cambia, l'Italia è ferma, mentre la filosofia leopardiana prende corpo nel procedere del suo viaggio. Elio Germano, a conferma di ciò, nei panni del protagonista costruisce un personaggio leopardiano che si piega sempre più su stesso, come a voler trovare lui stesso come unico interlocutore adeguato, passando dalla timidezza e dalla voglia di esplodere di Recanati, all'ironia perfida e pungente di Firenze, fino alla naturale pace di Napoli.
Ciò che rende efficiacie e affascinante la pellicola è il mezzo con cui Martone dimostra tutto questo, ossia lasciando che i versi di Giacomo, interpretati con la giusta enfasi e riflessione dalla voce di Germano, spieghino la sua idea di vita, intrisi di quella verità che lui per primo ha sperimentato su stesso e sulla propria condizione di uomo.
Il Leopardi di Martone è, dunque, un sottile combattente che desidera scalfire uno stato di cose molto simile ad oggi. Il film narra, infatti, di giovani senza soldi e pieni di idee, ruoli di potere assoggetati ai soliti nomi e a personaggi poco lungimiranti, luoghi comuni, come quando Ranieri afferma che molti pensano che è la povertà di Napoli ad aver sviluppato il colera, e di una forte ristrettezza mentale che accusa Leopardi di essere retorico e troppo malinconico a causa del suo aspetto fisico.

Il giovane favoloso appare, in conclusione, come un film senza un'apparente trama, per invece identificarsi come una lunga analisi di ciò che è stato e ciò che è il pensiero leopardiano, trattato con un potere concettuale e una fattura artistica degna di pochi autori.

Vai alla scheda del film

 

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.