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Transcendence - Recensione

Il premio Oscar per la fotografia Willy Pfister delude con il suo primo film dietro la macchina da presa: Transcendence è un susseguirsi di luoghi comuni e di dialoghi lenti e noiosi, anche se nel finale regala qualche emozione

Il dottor Will Caster (Johnny Depp) è il più importante ricercatore nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale. Insieme a Evelyn (Rebecca Hall), compagna di vita e di lavoro, è impegnato a creare una macchina senziente, in grado di combinare il sapere universale con le emozioni umane. La sua è un’opera che si preannuncia come rivoluzionaria e che, inevitabilmente, oltre ai seguaci vede anche dall’altra parte la reazione violenta di un gruppo di estremisti anti-tecnologia, pronti a fare qualsiasi cosa pur di fermarlo.
Se nella scelta del film da vedere al cinema può influenzare il genere (in questo caso sulla carta si tratta di un thriller fantascientifico), non bisogna farsi ingannare. La noia dei dialoghi, il flemmatico svolgimento della vicenda e - perché no? - anche il pistolotto sulla natura incontaminata che gli uomini stanno distruggendo, non aiuta la buona riuscita di Transcendence, diretto da Wally Pfister (premio Oscar per la fotografia con Inception). Persino il personaggio di Morgan Freeman, un vecchio studioso che sostiene il lavoro di Will ed Evelyn ma allo stesso tempo intuisce subito i disastri che la tecnologia può portare, è alquanto scialbo.
Gli estremisti tentano di distruggere il lavoro di Will, ma in realtà sono inconsapevolmente anche loro gli artefici del suo successo: dopo essere stato colpito da un proiettile al polonio il protagonista, con l’aiuto della moglie, diventa direttamente partecipe della sua ‘trascendenza’. Il contrasto tra gli scienziati che credono nel progresso scientifico come cura di tutti i mali e coloro che invece hanno paura si perdano i sentimenti con l’eccessivo progredire della tecnologia, è forte, ma non del tutto scontato: non esistono buoni e cattivi in netta contrapposizione tra loro, piuttosto si cerca di mostrare le ragioni degli uni e degli altri, in modo da fornire allo spettatore le due facce della stessa medaglia. Il tentativo, certo, è quello; nella pratica, purtroppo, la sceneggiatura si perde in dialoghi interminabili e lenti e sembra che la storia non decolli mai davvero.

Probabilmente nella fase conclusiva il film regala una certa dose di sorpresa, ma la lentezza che lo caratterizza dall’inizio non si può certo cancellare con un colpo di scena finale.

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