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The Unknown Known - Recensione

Errol Morris firma un ritratto accurato di Donald Rumsfeld, la sua attività come uomo politico, la sua filosofia e l’uso delle parole adoperate per manipolare gli altri e forse anche se stesso

Ci sono fatti noti noti, altri noti ignoti, alti ancora ignoti noti. Quando si esce dalla sala dopo aver visto The Unknown Known si continua a pensare alle parole spesso ripetute nel corso del documentario, all’ambiguo 'teorema' di Donald Rumsfeld.
A lungo membro del Congresso, consigliere di diversi presidenti degli Stati Uniti, per due volte segretario della Difesa, è il protagonista del documentario di Errol Morris. Ritratto di un uomo potere, documentario che attraverso la vita di Rumsfeld tocca diversi eventi della storia americana, dal punto di vista privilegiato di chi per il ruolo ricoperto l’ha vissuta da protagonista. Rumsfeld legge e spiega i suoi 'fiocchi di neve', appunti, note, promemoria accumulati durante la sua lunga vita politica. La guerra in Iraq, di cui Rumsfeld è stato uno dei principali architetti, uno dei principali argomenti trattati. Strutturato come una lunga intervista, con la voce di Morris che non compare mai davanti alla camera. Domande quelle del regista che sono giuste, concise, precise, le stesse che vengono in mente a chi guarda il documentario. Ma non così incalzanti da mettere veramente in difficoltà Rumsfeld che ne esce sempre tranquillamente, giustificando anche eventuali errori con qualche battuta, con un sorriso dal sapore beffardo, con una massima. "L'assenza di prove non è una prova della loro assenza", dice sulla guerra in Iraq iniziata dagli Stati Uniti gridando al mondo che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa, poi mai trovate. Esempio pratico del suo cavallo di battaglia, della filosofia del noto ignoto: quelle cose che pensiamo di conoscere ma che poi scopriamo di non conoscere. E se Morris ci fa conoscere qualcosa in più su quest’uomo di potere e sugli Stati Uniti, si esce dalla sala con la consapevolezza dell’esistenza dell’ignoto che resterà tale, delle tante cose che sappiamo di non sapere.

Scandito da un buon ritmo, da filmati storici che spezzano il faccia a faccia dell’intervista, da date, registrazione, dalle musiche di Danny Elfman, The Unknown Known è sicuramente un documentario ben fatto, anche se manca quella forza, quella pregnanza cinematografica che avrebbe giustificato meglio l’inserimento in concorso alla Mostra di Venezia 2013.

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