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Il tocco del peccato - Recensione

Quattro storie, quattro vite che si intrecciano sullo sfondo di una Cina contemporanea: questo è Il tocco del peccato - A Touch of Sin di Jia Zhang-ke, in concorso al Festival di Cannes 2013

Con Still Life vinse il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 2006 e da allora il regista cinese Jia Zhang-ke è stato un autore instancabile, nonostante sin dal 1997, anno del suo esordio con il primo lungometraggio dal titolo Xiao Wu, la sua vita cinematografica, e non solo, sia stata caratterizzata da non pochi problemi con il governo del suo Paese. Il film fu premiato al Festival di Berlino e nonostante il successo venne censurato; questo pero’ fu allo stesso tempo l’inizio per un importante sodalizio con Takeshi Kitano.
Un regista scomodo Jia Zhang-ke, che non ha mai tralasciato nei suoi lavori di parlare con sincerità della Cina contemporanea, non nascondendosi dietro posizioni di comodo e trattando temi 'fastidiosi'.
A Touch of Sin (in italiano Il tocco del peccato) racconta quattro storie differenti, legate essenzialmente da un filo rosso che si chiama sopravvivenza, non solo economica, ma anche smaccatamente individualista, atta a cercare con ogni mezzo, lecito ed illecito, di non soccombere alla realtà e alla furia degli eventi. La Cina che ci racconta il regista è vessata sotto il peso di una ondata di violenza incontrollabile, conseguenza della crisi economica che trascina gli esserei umani in un meccanismo di autolesionismo e punizioni sommarie. Il grido di "Questa è ingiustizia", urlato dal protagonista della prima storia è una protesta disperata contro lo stato delle cose, monito conciso ed inesorabilmente reale.
Quattro vite che si incrociano per pochi istanti al 'crocevia' di comuni e quotidiane situazioni. E’ forse questo il fascino preponderante del film, ovvero quello di saper legare le vite dei protagonisti senza che si conoscano mai, esattamente come accade nella vita di tutti i giorni, nella quale 'marciamo' inconsapevoli di chi ci sta intorno.

Le storie dal punto di vista narrativo seguono il proprio corso separatamente, ma non vi è la macchinosità di una suddivisione in capitoli: il movimento di macchina da presa, che introduce la storia successiva, è morbido ed affascinante.

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