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Il passato - Recensione

Il regista iraniano Premio Oscar Asghar Farhadi in concorso al 66esimo Festival di Cannes, con un film tutto francese sul passato che ritorna e la difficoltà di crearsi un futuro senza contraddizioni

Dopo il successo mondiale con Una separazione, confluito nel trionfo come miglior film straniero agli Oscar 2011, Asghar Farhadi arriva al 66esimo Festival di Cannes con un carico di aspettative unilaterali da parte sia della critica che del pubblico.
Il suo Il passato, dal punto di vista produttivo, è un film assolutamente francese, frutto di un investimento notevole. Non a caso tra gli interpreti protagonisti ci sono due fra gli attori più quotati del cinema d'Oltralpe, la diva 'muta' di The Artist Bérénice Bejo e il 'profeta solitario' e senza scrupoli Tahar Rahim. Girato a Parigi e recitato in lingua francese, il film porta sullo schermo una storia che ha intrinsechi tutti i dettami del cinema di Farhadi, dove il sospetto e la ricerca di una verità, anche se solo aleatoria, sono il filo conduttore di una trama avvincente e ricca di pathos.
Ahmad torna a Parigi dopo quattro anni di separazione dalla ex moglie Marie, con la quale deve espletare le ultime necessità per ufficializzare il divorzio. La donna vive insieme alle sue figlie, avute da una precedente relazione, e con il suo nuovo compagno e suo figlio. Il rapporto con la figlia più grande Lucie non è dei migliori ed è a quel punto che Marie decide di farsi aiutare dal suo ex marito per tentare di risolverlo. Ma in questa breve convivenza Ahmad viene a scoprire un doloroso segreto che cambierà la vita di tutti.
Un passato ingombrante dal quale ci si vuole svincolare definitivamente e la necessità di ripartire dopo il fallimento dell'ennesimo rapporto, sono alla base di un film nel quale più che la attenzione per gli avvenimenti che si susseguono, tragici e inaspettati, nel dipanarsi della storia sono i dialoghi fra i personaggi, scritti in maniera impeccabile, a colpire per la loro efficacia.

Il cinema di Farhadi è una esplosione di perfezione, dalla messa in scena alla direzione degli interpreti, ma anche uno sgardo originale sulle contraddizioni della vita, osservata in maniera ravvicinata attraverso una lente d'ingrandimento che ne evidenzia tutte le sfumature.

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