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Gangster Squad

La pupa, il gangster e il poliziotto. Se si guarda troppo a James Ellroy o a Brian De Palma, si finisce col 'scottarsi'…

I presupposti per un film di genere ci sono tutti. Anni Quaranta, Los Angeles, sparatorie e belle donne gli ingredienti necessari; una storia di cronaca realmente accaduta il punto di partenza, ma il risultato è uno dei film peggiori, rispetto alle enormi aspettative riposte, visti dall’inizio di questo 2013 cinematografico. Ruben Fleischer, regista di un capolavoro di genere (horror/action in questo caso) come Benvenuti a Zombieland, volge lo sguardo verso l’universo del gangster-movie, uno dei capisaldi dello studio system hollywoodiano, ma appare chiaro sin da subito che il suo tentativo è oppresso sotto il peso di una profonda inesperienza, dove la regia fa, letteralmente, a 'cazzotti' con una sceneggiatura priva del benché minimo barlume di originalità.
Mickey Cohen (Sean Penn), novello Al Capone della Los Angeles del 1949, vede il suo impero compromesso da una task force messa in piedi ad hoc per contrastare il crimine organizzato, capitanata dagli agenti di polizia John O'Mara (Josh Brolin) e Jerry Wooters (Ryan Gosling), costretti a fare i conti non solo con Cohen, ma anche con un sistema giudiziario e politico radicalmente corrotto.
Siamo ben lontani dalle 'magiche' atmosfere del romanzo di James Ellroy L.A. Confidential (così magnificamente trasposto per il cinema da Curtis Hanson nel 1997) o dall’antesignano Scarface del 1932 diretto da Howard Hawks, per non parlare del capolavoro di Brian De Palma Gli intoccabili, ma questi tre capisaldi del genere appena citati sono il terreno sul quale Fleischer costruisce un film assolutamente prevedibile, se non in alcuni casi tendente al plagio. Rendere omaggio a tali illustri predecessori è un’operazione che si può fare solo nel momento stesso in cui si ha in mano una storia originale e che aggiunga qualcosa ad un genere consolidato (vedi l’esempio con il western nel Django di Tarantino). Non bastano attori del calibro di Sean Penn, qui a metà strada tra Jake La Motta e John Dillinger, Josh Brolin o l’onnipresente Ryan Gosling a decretare la riuscita di un film: la verità è che con un materiale umano del genere ci si dimentica completamente della scrittura, base fondamentale senza la quale è di lì ad un passo il fallimento di una pellicola, anche partendo da ottimi presupposti (Alfred Hitchcock docet).

Gangster Squad, infatti, è un film che sembra più una lunga sequela di citazioni messe un po’ alla rinfusa, che si risolvono con una scazzottata, dove il bene e il male lottano per la vittoria.

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