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I Spit on Your Grave

  Steven R. Monroe firma un film di violenza e vendetta per stomaci forti a cui manca il coraggio di reinventarsi, remake di un controverso cult del genere exploitation, Non violentate Jennifer di Meir Zarchi, uscito nel 1978

Una ventenne decide di trasferirsi in campagna per scrivere il suo romanzo. Ragazza sola, fisico gracile e statuario, disarmata.
Dico io, ancora quest'immondizia?
Capisco nell'originale Non violentate Jennifer, del 1978, quando si andava a fare la spesa lasciando le finestre aperte ma, oggi, come si fa a proporre una trama del genere? Culto del venerare la reiterazione sistematica di storie oramai assurde e ritrite al punto da diventare pura, colante, essenza trash? Un po' come se esistessero adoratori di un ipotetico puzzolente, lercio, percolato di celluloide?
Sulla strada, per arrivare alla villetta tremendamente isolata, la protagonista viene adocchiata da dei ragazzi che irrompono in casa, la violentano in una sequenza oltremodo lunga e dolorosa e provano ad ucciderla. Ma non ci riescono perché si butta in acqua e, senza riemergere, senza respirare, dissanguata, piena di mucose e sfinteri lacerati a contatto col fango sudicio, si rimette in forze e si trasforma in un killer infallibile, infaticabile, esperto, sadico e forte.
Poi uno si lamenta.
La cosa peggiore del film è la precisione irrealistica con cui la protagonista si vendica: sembra uno di quei fastidiosi utenti dei forum Internet che rispondono 'quotando' riga per riga un intervento che interpretano come offensivo. Ad esempio, il ritardato che la violenta spinto dagli altri, viene ucciso in maniera passiva, lo sceriffo che la fa sanguinare dal culo si ritrova con un fucile infilato fino all'intestino tenue, insomma, a dispetto di immagini truculente per stomaci di piombo (vedi la simultanea brutalizzazione anale ed orale) si contrappone una puntigliosa cervelloticità che rende tutto inverosimile ed erige di fatto una barriera tra lo spettatore e la sua possibilità di immedesimarsi. A questo, per rincarare la dose, si aggiunga la muscolarità possente di una donna in fin di vita uscita dalle fogne nutrendosi di insetti e radici per un mese.
Pessimo il doppiaggio dell'interprete principale: una voce dolce ed infantile che nelle scene di rabbia fa tornare alla mente le recite scolastiche. Il consiglio, come sempre, è quello di godere sempre dell'opera originale, audio compreso. Oppure essere coerenti ed ascoltare l'ultimo album del proprio gruppo inglese preferito doppiato in italiano.

Il film - disponibile in download nella versione integrale su iTunes - è da sconsigliare sotto ogni fronte tranne che per alcune scene di tortura, specie sulla ragazza. Ma anche queste, essendo completamente sbagliati i ritmi di attesa, risultano minuto dopo minuto sempre meno disturbanti: si arriva troppo velocemente al punto in cui si pensa a che pizza ordinare dopo il cinema.

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