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Viva la cultura

Il regista Roberto Andò e gli interpreti Toni Servillo e Valerio Mastandrea ci presentano Viva la libertà. Un film politico che però parla di cultura, in cui Servillo è impegnato in un doppio ruolo da gemello

Cast al completo e sala gremita dalla stampa. Fra applausi e molto entusiasmo, Viva la libertà di Roberto Andò uscirà nelle sale italiane in circa cento copie il 14 febbraio, con protagonista Toni Servillo alla prese con un doppio ruolo da gemello. Un film onesto, lucido e poetico, tre pilastri che hanno plasmato anche il tono della conferenza stampa tenutasi presso la Casa del Cinema a Villa Borghese a Roma.

Il film ha destato un sincero entusiasmo: volete parlarcene?
Roberto Andò
: Sono molto emozionato, soprattutto dalla reazione della stampa che mi dà molto incoraggiamento. E' un film che corrisponde al desiderio che avevo, già nel romanzo, di immaginare qualcosa che sulla scena attualmente non c'è, però non avevo nessuna voglia di 'lamentele', ne abbiamo fatte tante. Avevo voglia di una storia che avesse un personaggio che portasse un vento: il vento del cambiamento, che quando arriva e ti accorgi che c'è cambia qualcosa. Il personaggio di Ernani mi è venuto incontro pensando a personaggi che vivono nell'angolo, che sono clandestini, ma che quando arrivano in scena portano un pensiero e un sapere che è in grado di dare delle rifrazioni. L'idea del doppio e dello scambio si è imposta da sola. Quando ho deciso di fare questo film, ho pensato molto al volto che potesse dare l'immagine giusta, e ho pensato subito a Toni Servillo.

Toni Servillo: E' naturale, come ha accennato Roberto Andò, che per un attore che fa teatro come me in maniera militante e non occasionale ci sia un serbatoio affascinante legata ai 'doppi'. Non mi era mai capitato, però, di fare due gemelli a teatro, e quindi l'occasione per un attore di interpretarli è ghiotta. Il meccanismo drammaturgico fa moltiplicare le sorprese e il fascino della sceneggiatura, ed è come se in questo film il politico sentisse la necessità di raccontare quella politica che torni a fare riferimento alla cultura. La cultura del personaggio di Ernani non è solo serbatoio intellettuale, ma anche di slancio morale: non è una politica astratta ma concretamente legata alla vita.

Valerio Mastandrea:
Non so cosa aggiungere. Io ho visto il film pochi giorni fa, sono stato l'ultimo a vederlo e sono rimasto molto sorpreso della mia 'sorpresa', del mio entusiasmo. E' stato un lavoro molto sottile con Toni, non avevamo mai lavorato insieme prima, e mi incuriosiva e mi affascinava lavorare con lui. Esistono un po' quei 'secondi ruoli' che a me da spettatore piacciono da morire, e li vedo molto spesso nei film americani. Lavorare con Toni è un'esperienza che per ogni attore è importantissima. Lui conosce tutto, è come lavorare con la DIGOS... Lui sa tutto!

Le citazioni cinematografiche sono molte, ma ciò che rende originale il film è quello che voi fate dire rispetto alla politica. L'attualità del film vi sorprende in questo momento?

R.A:
Credo che il clima di questo paese sia rimasto lo stesso di anni fa. Il personaggio di Ernani - che non ha riferimenti con la realtà - si è nutrito di tutto quello che è passato in questi anni politici. Spesso la politica è romanzesca e porta degli appigli romanzeschi, a volte è un romanzesco piuttosto triviale, a volte invece può essere shakeaspeariano e interessante. Sicuramente lo scenario italiano non è cambiato, c'è molta stanchezza, e la speranza è soffocata da tante altre cose. Questo paese è ancora luogo di predatori. Ti chiedi se in Europa possa davvero accadere qualcosa di simile, e questo è molto lontano dalla speranza. Ma quando la speranza non c'è, bisogna inventarla. E' il senso di questo film.

Dopo Il divo e Bella addormentata, crede che questo sia il film più politico che abbia interpretato?
T.S.:
Non farei distinzione tra i film più politici o meno. Mi auguro un giorno di fare un conte settecentesco innamorato e non fare ancora un politico, ma è naturale che la natura di questo politico in particolare mette d'accordo davvero tutti. L'importante è che io faccia il mio mestiere e non mi metta a seguire delle ideologie, con l'idea di 'suggerire' senza lanciare messaggi o fare delle ruffianerie. I film che si sono citati non hanno niente in comune se non lo stesso territorio in cui si muovono.

Il film arriva nelle sale a soli dieci giorni dal voto, in un momento in cui la sinistra sembra arrancare. Roberto Andò, secondo lei questa situazione in qualche modo danneggerà o agevolerà l'uscita del film?
R.A.:
Ci siamo posti rispetto all'uscita del film in un modo molto semplice. Ci sembrava giusto che il film essendo pronto potesse uscire in un momento come questo per offrire qualcosa. Non c'è possibilità di strumentalizzare la pellicola: è evidente da che tipo di anima viene e si colloca, c'è solo il desiderio di metterlo a disposizione di chi vuole appropriarsene, soprattutto gli spettatori.

In questo film vengono chiamati in causa spesso i mass media, che non riconoscono il cambio di persona in questo 'gioco di doppio'. Dietro questo c'è un'osservazione critica sul fatto che troppi talk show televisivi si limitano a registrare il pensiero politico senza assolvere al ruolo di 'cane da guardia'?
R.A.:
Effettivamente spesso i media si limitano a fare da amplificatore di quello che viene dalla televisione. La televisione ha occupato i giornali, senza che loro riescano a porgli un filtro. Quindi sì, in un certo senso sono d'accordo.

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