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Gf*Bf (Asian Film Festival 2013 - In concorso)

Vent’anni di storia taiwanese fanno da sbiadito sfondo alla storia di un’amicizia a tre, condita da illusioni che si stemperano e digerita, in parte, dai banali vizi della vita adulta

Mabel, Liam e Aaron sono tre amici per la pelle. Lei ama lui che ama lui che ama (superficialmente) lei. La loro storia è raccontata inquadrando la loro relazione nei diversi contesti sociali che li hanno ospitati: il liceo, l’università, la carriera. Nel primo, con sfondo gli anni della legge marziale, si racconta l’innocenza dei primi sentimenti e delle ribellioni all’interno del sistema scolastico retrogrado. Nel secondo, in un clima da sessantotto taiwanese con le università occupate, vediamo i ragazzi alle prese con pulsioni erotiche più espresse e complesse (il torbido siparietto tra il poliziotto e Liam ne è l’apice). Il terzo periodo, a fine millennio, vede Liam immerso in una relazione omosessuale con un uomo sposato e gli altri due amanti clandestini (Aaron è sposato con un’altra e ha un figlio), tutti più o meno ben inseriti nella società che tanto volevano cambiare e che, come sempre accade, ha invece cambiato loro.
I protagonisti di questa commedia dal titolo Gf*Bf (in concorso all'Asian Film Festival 2013) sono simpatici e in parte. La fotografia e la colonna sonora, curate e accattivanti. La regia è ‘puntuale’, come si dice per gli spettacoli teatrali quando non se ne vuole dire né male né bene.
Manca il mordente, il senso di nostalgia per qualcosa che non è mai stato.
La storia non coinvolge mai fino in fondo. Non diverte, né appassiona. Colpa della sceneggiatura che, stemperando la vicenda in momenti così distanti, non riesce mai a presentare come si deve i personaggi e a farci affezionare alle loro vicende (chissà se Yang Ya-che ha mai visto Jules e Jim di François Truffaut). L’intenzione di narrare in parallelo le vicende storiche e quelle personali, poi, fallisce miseramente. Gli avvenimenti storico-sociali di Taiwan sono solo uno sfocato scenario. Nessuna critica o riflessione politica è adombrata.

Non resta altro, alla fine, che una certa amarezza per gli ideali perduti della gioventù, svaporati nella vita quasi come evento naturale, quando invece, in altri contesti storici, furono alimento di rivoluzioni e cambiamento. E anche questo effetto, in fondo riuscito, lo si è voluto mitigare con la storia cornice delle due figlie di Liam. Perché? Per non disturbare nessuno, forse.

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