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Il giardino delle parole - Recensione

La Nexo Digital porta nelle sale per un solo giorno Il giardino delle parole, mediometraggio animato incentrato su due anime incomprese, un adolescente e una donna che sembra alla deriva: l'opera migliore di Makoto Shinkai

Citando Clint Eastwood nei panni dell'ispettore Callaghan: "Ogni uomo dovrebbe riconoscere i propri limiti". Quasi come si fosse accorto dei suoi fin qui mostrati nello sviluppo convincente della sceneggiatura, specie sulle lunghe distanze, Makoto Shinkai dopo il polpettone avventuroso e un po' confusionario di Viaggio verso Agartha torna nel suo campo preferito fatto di storie più semplici e brevi, con questo mediometraggio che la Nexo Digital porta al cinema abbinato al corto Someone’s Gaze che racconta in pochi minuti il rapporto tra una giovane donna e suo padre. Il giardino delle parole (titolo originale Kotonoha no niwa) si concentra sulla storia di Takao, uno studente di 15 anni con un sogno particolare: diventare un disegnatore di scarpe, un calzolaio. Un giorno di pioggia decide di saltare la scuola per andare a disegnare in un bellissimo giardino pubblico di Tokyo. Sotto un gazebo incontra la misteriosa Yukino che passa le mattine là in compagnia di birra e cioccolato. Nonostante la differenza d’età, il rapporto tra i due si sviluppa pian piano grazie ai continui incontri in quello stesso giardino ad ogni giornata di pioggia. Mentre si avvicina la fine della stagione delle piogge, Takao scopre la vera identità della donna.
Un giardino incantato, oasi di pace nel cuore della città con la sua frenesia rappresentata dalle linee della metropolitana sempre affollata. Rifugio sicuro per due anime incomprese, un adolescente e una donna che sembra alla deriva. Solitudini che si incontrano. In questa ambientazione si sviluppa la delicata storia e Shinkai fa sfoggio di tutta la sua perizia tecnica nella creazione del mondo in cui si muovono i personaggi. Grafica sensazionale che lo ha reso famoso già una decina di anni fa dopo la realizzazione di 5 centimetri al secondo. Sfondi mozzafiato e dettagli curatissimi a cominciare, in questo film, dalla pioggia, coprotagonista della storia. L'indugiare su gocce che finiscono in una pozzanghera o che scivolano su dei vetri porta dei momenti di sospensione, di poesia all'interno della narrazione che man mano ci fa scoprire la vita dei due personaggi. Una storia d'amore improbabile, impossibile che restituisce una delicatezza platonica nel cuore dello spettatore.
Al di là della tematica sentimentale, il film che per certi versi si sviluppa come racconto di formazione (per entrambi i personaggi principali), mostra poi in filigrana altri argomenti: disagio adolescenziale, difficoltà familiari e problematiche scolastiche che oltre i ragazzi possono toccare anche gli insegnanti. Condensando tutto in meno di cinquanta minuti, Shinkai riesce a evitare una prolissità stucchevole e a gestire bene la sceneggiatura nel suo complesso.

Il giardino delle parole si rivela dunque l'opera migliore di Makoto Shinkai, qua in grado di emozionare lo spettatore non solo con i disegni e le sue doti tecniche ma anche con una storia ben narrata. Certo per capire se può essere almeno in parte l'erede di Miyazaki, come molti lo hanno già considerato, troppo frettolosamente, serviranno prove più lunghe, impegnative e diverse.

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