News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaPrincipessa Mononoke - Recensione

Principessa Mononoke - Recensione

Capolavoro d’animazione, Principessa Mononoke di Hayao Miyazaki ritorna al cinema in una edizione con un nuovo doppiaggio e adattamento dei dialoghi più vicino all'originale

Fuori categoria. Se non proprio tutti, almeno una parte dei film di Hayao Miyazaki oltre a sfuggire a una semplice classificazione nel cinema d'animazione arriva a tale livello che non ci sono voti numerici o in stellette che bastino a celebrarne la grandezza. Di sicuro Principessa Mononoke è tra questi. Con un po' di ardimento, perché scegliere un solo titolo è doloroso e quasi impossibile, ci si potrebbe spingere a definirlo il vertice assoluto della produzione del maestro giapponese. La Lucky Red, nella sua meritevole opera di riproposta dei lungometraggi realizzati dallo Studio Ghibli, regala la possibilità agli appassionati di rivederlo su grande schermo con un nuovo doppiaggio e adattamento dei dialoghi più vicino all'originale.
La storia è ambientata nel periodo Muramochi, in un Giappone medievale arricchito da elementi fantastici. Il paese è ancora selvaggio, ricoperto da grandi foreste protette da spiriti e animali divini, ma il progresso tecnologico comincia a turbare l’equilibrio naturale. Il film si apre con il principe Ashitaka che si ritrova a combattere contro un gigantesco cinghiale che attacca il suo villaggio e durante lo scontro rimane ferito a un braccio. Una ferita maledetta perché il cinghiale era stato trasformato in demone da un proiettile. Decide quindi di andare nelle terre da cui proveniva l'animale alla ricerca di una cura. Dopo un lungo viaggio arriva nella città del ferro, popolata da una comunità che disbosca la foresta per sfruttare le risorse e produrre armi da fuoco. Per questo motivo è in continua lotta con le divinità animali protettrici della natura che al loro fianco hanno anche San, una ragazza umana soprannominata principessa Mononoke. Ashitaka si ritroverà invischiato in questo conflitto.
La guerra dunque. E se il tema non è nuovo per Miyazaki, bisogna considerare che qui la guerra c'è veramente. Con scene anche non adattissime ai più piccoli. C'è la morte sempre dietro l'angolo. C'è il protagonista buono, Ashitaka, che uccide. Che fa saltare teste con arco e frecce. C'è odio, vendetta. Tante cose per un film straordinario, il più particolare e ambizioso di Miyazaki che ci racconta a modo suo l'eterna lotta tra uomo e natura. Senza schierarsi nitidamente dalla parte dell'ambiente, come si potrebbe pensare conoscendo la sua filmografia. E a rappresentare l'umanità che cerca di piegare per i suoi scopi la natura Miyazaki sceglie, genialmente, una donna. Uno dei personaggi non protagonisti migliori della storia dell'animazione: Eboshi. Lei, la padrona della città del ferro, che potrebbe   apparire semplicemente come la ‘cattivona’ di turno, libera dalla schiavitù le donne e tratta con dignità i lebbrosi. Rappresenta l'uomo moderno che cerca di sfruttare le risorse naturali per il benessere della sua gente. Lei libera, emancipata - non ha marito - che usa armi maschili. Lei che se ne infischia delle credenze, della religione ed è pronta a sfidare un dio.
Principessa Mononoke è un film che ha tra i punti di forza la caratterizzazione dei personaggi, a cominciare da Eboshi appunto, ma deve la sua riuscita anche all'epica grandiosa che si respira nelle oltre due ore di durata del lungometraggio. Un'epica che, messa da parte nelle altre opere di Miyazaki per lasciar spazio a storie più singolari, spesso di formazione, trova alimento nella meravigliosa musica dell'immenso Joe Hisaishi che si sposa benissimo, come sempre, alle immagini.

Immagini che lasciano il segno. Senza fiato lo spettatore. Un'animazione di livello super come dimostrano per esempio le descrizioni particolareggiate della foresta e le scene di azione, di movimento. D'altronde è noto che il lavoro portato avanti dal regista giapponese e dai suoi collaboratori fu talmente impegnativo che lo stesso Miyazaki pensava sarebbe stato il suo ultimo film. Fortunatamente quattro anni dopo realizzò un altro dei suoi gioielli, La città incantata, il lungometraggio premiato a Berlino e poi con l'Oscar che la Lucky Red riproporrà a fine giugno. Prima del lancio a settembre di Si alza il vento (quello sì ultimo film del maestro se non ci saranno ripensamenti dopo l'annuncio ufficiale dato durante la Mostra del Cinema di Venezia 2013) che costituisce proprio insieme a Principessa Mononoke la tappa più adulta e intensa del lungo e meraviglioso viaggio intrapreso da Miyazaki nel mondo dell'animazione.

Vai alla scheda del film




Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.