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Intervista a Jia Zhang-ke per Il tocco del peccato - A Touch of Sin

In un'intervista il maestro cinese Jia Zhang-ke, Leone d'oro alla Mostra di Venezia con Still Life, ci parla del suo nuovo lavoro, Il tocco del peccato, del suo legame con il cinema wuxia e del suo primo film in costume con Johnnie To

In occasione dell’uscita nelle sale italiane del suo ultimo lavoro, Il tocco del peccato - A Touch of Sin, il regista Jia Zhang-ke ci ha concesso con grande disponibilità questa intervista: scopriamo un aspetto nuovo nel panorama cinematografico del grande autore cinese, il suo grande interesse per il wuxia (genere paragonabile al 'cappa e spada') che funge da cardine sia per Il tocco del peccato che per il suo nuovo ambizioso lavoro con Johnnie To in cantiere ormai da quattro anni. Ancora una volta Jia si dimostra persona di altissima sensibilità, mai ovvia, che sa regalare spunti di riflessione.
Piccola nota: abbiamo cercato di mantenere quanto più letteralmente simili all’originale in cinese le parole di Jia, il che forse renderà l’italiano non perfetto e non scorrevolissimo, ma era l’unico modo per non stravolgere le parole del regista con traduzioni troppo libere.

Read interview in chinese version here.

Quando a Cannes fu presentato il tuo film, la prima impressione che avemmo tutti fu quella di un lavoro completamente diverso da quelli precedenti confermando la sorpresa che ci aveva colpito quando furono rese disponibili le prime immagini nei giorni precedenti alla sua presentazione.
Tu credi che Il tocco del peccato sia veramente un lavoro in qualche modo nuovo per te e che segna una nuova fase della tua carriera? Se sì, perchè hai voluto dirigere un film e raccontare una storia così diversa rispetto al passato?

Jia Zhang-ke: Negli ultimi 2-3 anni in Cina sono accaduti molti episodi di violenza che mi hanno scosso molto e ho cercato di capirne la causa attraverso il cinema. Mi sono chiesto: come possono nascere questi atti di violenza nella vita quotidiana? Ho analizzato almeno una decina di questi episodi, ma non avevo mai trovato una maniera valida per esprimerle attraverso il cinema. In seguito ho iniziato a capire che queste storie hanno qualcosa in comune con i film wuxia: i personaggi sembrano avere lo stesso destino. Se ad esempio noi andiamo a vedere i wuxia degli anni 60-70 di King Hu e Chang Cheh, possiamo notare come all’interno di un periodo di grande cambiamento sociale esistono storie in cui c’è un forte senso di sopravvivenza nelle persone. Nel wuxia si usa la violenza per rispondere alla pressione subita, nelle storie di oggi ugualmente le cose avvengono in un periodo di grande trasformazione del Paese, la gente utilizza la violenza per rispondere alla forte pressione che subisce. In questo modo ho scoperto un legame tra le storie contemporanee e quelle dei film wuxia e la cosa mi ha colpito molto e allora ho iniziato a pensare di utilizzare lo stesso schema presente in quel genere di film per trattare le storie moderne della Cina. Il wuxia riflette la storia antica, la mia speranza è di portare le stesse tematiche wuxia nell’epoca moderna.
Inoltre storie simili esistono da molto nella cultura popolare tradizionale cinese: ad esempio nel romanzo I Briganti dell’epoca Ming (uno dei Quattro Classici della letteratura cinese, ndr), in molte opere teatrali e successivamente letterarie, quindi nei film wuxia. Ho voluto inserire il film all’interno di questa continuità storico-tradizionale perché credo che questo tipo di cultura popolare debba avere un seguito. Per me utilizzare queste tematiche tipiche dei wuxia è stata una cosa nuova, è un modo di fare un film totalmente sconosciuto: ho provato ad utilizzarle cercando di introdurre nuove tematiche nel mio cinema.

Il film, bellissimo e durissimo, regala l'impressione che sia un racconto molto meno 'cinese' rispetto agli altri, nel senso che tratta di tematiche universali meno legate alla tradizione e alla storia del tuo Paese. In fin dei conti i protagonisti della storia, ricca di violenza e malvagia profonde, potrebbero tranquillamente essere collocati in Europa come in America. Credi che questa impressione si giusta e che la tua sia una profonda e ampia quasi filosofica riflessione sull'animo umano?
Grazie della osservazione. Mi ricordo  che questo film qualche mese fa è stato proiettato nell’estremo oriente della Russia, precisamente a Sachalin. Il pubblico russo alla fine della proiezione ha così commentato: “Jia Zhang-ke ha girato un vero film russo, perché nel nostro Paese esistono le stesse condizioni di vita difficili”. E' vero, per me l’origine della violenza ha una causa sociale molto profonda, ma al tempo stesso esiste anche il fattore umano. La Storia dell’uomo è fatta di violenza da migliaia di anni e la società non sembra riesca mai a superare questo problema. In tutti i paesi del mondo esistono problematiche legate alla violenza, io vorrei scuotere la gente attraverso il film perché forse ognuno di noi nel suo profondo ha nascosta la possibilità che la violenza esploda e questo fatto dovrebbe metterci in guardia e stimolarci ad affrontare il problema.

Ne Il tocco del peccato hai scelto di ambientare le tue storie in zone geografiche diverse: dal natio Shanxi a Chongqing al Guangdong: c' è un motivo particolare che ti ha spinto a scegliere queste ambientazioni?
All’inizio ero titubante sul voler girare quattro storie all’interno di un unico film, anche perché ognuna delle quattro da sola potrebbe essere tranquillamente un film a sé stante. In seguito ho scelto di raccontarle tutte in un unico lavoro perché così è più evidente che quello che accade non è frutto della casualità, bensì c’è una preoccupante continuità negli accadimenti e ciò si configura come un importante caso sociale e umano che dobbiamo comprendere. E' stato questo il motivo che mi ha spinto a dare continuità alle quattro storie tra di loro. Nella pittura tradizionale cinese esiste l’esigenza di volere raccogliere in un unico disegno tutte la varie facce della Cina: anche io attraverso questo collage di storie di quattro personaggi ho volute creare uno spazio che attraversa la Cina da Nord a Sud.
La prima storia è ambientata nello Shanxi, nel nord, una zona di ampi spazi ed isolata dove l’economia è principalmente legata alla miniera. La seconda a Chongqing sullo Yangtze, vicino alle Tre Gole: è il posto più popoloso della Cina e fornisce manodopera a tutto il Paese. La terza storia è ambientata nello Hubei, nella Cina centrale, che è una zona che ha mantenuto il paesaggio naturale antico come nella pittura Shangshui. La quarta avviene nel sud della Cina nel Guangdong che è una delle regioni più aperte della Cina, dove si concentrano le fabbriche delle multinazionali. Costruendo questo spazio ho soddisfatto il mio desiderio di disegnare un panorama cinese il più completo possibile.
Altra struttura che lega le quattro storie è il Capodanno cinese, periodo dell’anno in cui all’interno della Cina si verificano grossi spostamenti di persone: si torna verso il paese natale per poi ripartirne alla fine della Festa di Primavera per tornare al lavoro lontano da casa o per cercare nuove opportunità. La prima parte del film si svolge prima della Festa in cui tutti vogliono tornare a casa, la seconda è durante la Festa di Primavera, la terza è subito dopo, quando le persone tornano al lavoro, l’ultima parte invece è lontana dal Capodanno: cerco quindi di utilizzare la Festa di Primavera come struttura portante del racconto. Ho voluto quindi creare uno scenario in movimento che cambia e che cerca di cambiare il destino.

Dopo Still Life per 7 anni ti sei dedicato esclusivamente a lavori documentaristici, seppur particolari e atipici rispetto al genere. Quale motivo ti spinge a scegliere il film di fiction o il documentario per raccontare le tue storie e in quale di queste due forme cinematografiche ti senti più a tuo agio?
Io ho provato a non metter limite tra documentario e finzione perché quando affronto la realtà cinese così complessa e movimentata sento di avere bisogno sia di documentare che di creare: solo così riesco a esprimere questa complessità. Il documentario ha una descrizione diretta, esistono personaggi veri e fatti veri, possiede la forza della testimonianza diretta, invece con il film di finzione possiamo descrivere cose e verità che non possiamo materialmente porre davanti alla macchina da presa. Per tale motivo mentre giravo Dong lavoravo anche a Still Life, poi in 24 City e in Cry Me a River ho usato sia il documentario che la fiction.

A te che sei probabilmente il più grande rappresentante del cinema cinese vorrei chiedere: in Occidente il mondo del cinema del tuo Paese è visto con grande interesse perché sa proporre ormai prodotti di ogni tipo, qual è la realtà del panorama cinematografico cinese oggi, anche alla luce dell'ormai quasi completa integrazione con il cinema di Hong Kong?
Attualmente in Cina sembrano esistere due modi di fare cinema. Da una parte un modo che produce film commerciali, che sono la maggioranza dei 500 film che ogni anno vengono prodotti in Cina, sono per lo più commedie o pellicole che tendono a riprodurre modelli hollywoodiani. Dall'altra parte esistono poi fuori dal circuito commerciale molti lavori indipendenti, tra i quali i più interessanti sono quelli di genere documentaristico. Questi ultimi tentano di mantenere uno stretto legame tra cinema e società utilizzando anche nuovi metodi per fare cinema.

Per finire, senza che ci debba svelare alcun 'segreto', sappiamo che da un po' di tempo è in cantiere un lavoro con Johnnie To, cui dedichi una citazione cinematografica ne Il tocco del peccato: un film storico, forse un wuxiapian ambientato nella Dinastia Qing. Puoi dirci qualcosa riguardo la lavorazione e la sua possibile data di uscita?
Io e Johnnie To stiamo lavorando insieme da quattro anni, lui in veste di produttore mi sta aiutando a preparare il mio primo film in costume, un wuxia. E’ un film ambientato tra il 1895 e il 1905, durante la Dinastia Qing, a Fenyang nello Shanxi, un'epoca storica che mi affascina molto perché rappresenta l’inizio della trasformazione della Cina in una società moderna: vorrei attraverso le arti marziali cercare di capire le profonde trasformazioni che avvennero in quel periodo storico.

(Traduzione a cura di Gao Liang)

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