News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaIntervista a Wang Bing

Intervista a Wang Bing

Wang Bing premio Orizzonti a Venezia 2012 Intervista a Wang Bing, documentarista cinese tra i cineasti più originali del nuovo millennio, vincitore del Premio Orizzonti per il Miglior Film all'appena conclusa 69a Mostra di Venezia. Quattro chiacchiere in libertà sul suo ultimo film e sul suo modo di approcciarsi al cinema

Durante la 69a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia abbiamo avuto l'occasione di intervistare Wang Bing, che portava al Lido il suo ultimo Three Sisters, a cui la giuria di Orizzonti avrebbe consegnato il premio come miglior film della sezione. Seduto a un tavolino sotto il pergolato dell'Albergo 4 Fontane, tra una sigaretta e l'altra, ecco cosa ci ha detto il regista cinese già autore di opere monumentali come Il Distretto di Tiexi e Crude Oil, e che già era passato dalla Mostra nel 2010 per presentare, a sorpresa e in concorso, il duro e intenso The Ditch.

LIM: Cominciamo dalle sue ispirazioni diciamo cinematografiche: quali sono, se ci sono, i suoi riferimenti nel campo del documentario, dentro e fuori il cinema cinese?
WB: In realtà, non ho riferimenti precisi e particolari. Quel che cerco di fare col mio lavoro è di essere il più libero possibile nello sviluppare le mie idee in maniera originale; e questo vale sia per Three Sisters che per i miei film precedenti.

Direi che ci è riuscito...

(sorride un po' timido, quasi imbarazzato) L'unica cosa che mi interessava, nel caso del mio ultimo film, era di raccontare la storia delle tre bambine protagoniste, di farla arrivare a toccare il pubblico come è arrivata a toccare me.

A proposito delle tre sorelline protagoniste di Three Sisters... come le ha conosciute?

Quasi per caso, direi. Nel 2009 passavo da quelle parti (le alture dello Yunnan, nel sud della Cina, ndr) per visitare i parenti di un mio caro amico. Ero sulla via per il loro villaggio quando ho incontrato la famiglia delle tre bambine, durante una sosta in auto. Loro tre e la loro storia mi hanno colpito da subito, ma devo ammettere che l'ispirazione per realizzare il film m'è venuta anche leggendo un libro, non ancora pubblicato, che un amico ha scritto. Il libro racconta la storia delle durezze attraverso cui deve passare una famiglia che vive nella campagna cinese, e diciamo che in un certo senso quel che ho voluto fare con Three Sisters è stato tradurlo in documentario, attraverso la storia delle tre sorelline protagoniste.

Il film visto qui a Venezia rende una impressione di grande spontaneità nei comportamenti dei protagonisti, quasi che davanti a loro non ci fosse una telecamera. Come ha preparato gli 'attori' per raggiungere questo risultato?
Si tratta di qualcosa che è stato costruito nel tempo: una comunanza tra noi, un'amicizia. E' vero che le ho conosciute nel 2009, come dicevo, per caso, ma è anche vero che in seguito a quel primo incontro mi sono fermato per qualche tempo a vivere con loro, nel loro villaggio. Quando nel 2010, tornato in Cina (dopo essere stato a Venezia per presentare The Ditch, ndr), ho incominciato le riprese nello Yunnan, tra di noi s'era già formato un rapporto. In parole semplici, ci siamo trovati bene gli uni con gli altri, a nostro agio, e dopo poco tempo la telecamera è come scomparsa; nessuno ci faceva quasi più caso. E' stato facile appunto perché per loro ero un amico, quasi uno di famiglia, e la spontaneità nasce da questo. Anche il fatto di diluire al principio i tempi di ripresa ha aiutato: ho cominciato riprendendo per 2-3 ore al giorno, e ho aumentato man mano i tempi fino ad arrivare a 8 ore consecutive, quando ormai erano tutti abituati alla mia presenza e a quella della telecamera.

Quanto ha girato in tutto per Three Sisters?
Non molto dire: più o meno 180 ore (sorride, come fosse la cosa più comune del mondo).

Effettivamente lei è abituato a girare per centinaia di ore, nei suoi documentari, come per Il Distretto di Tiexi, ad esempio...
E' vero, nel caso de Il Distretto di Tiexi girai tra 270 e 280 ore di video, anche se ora non ricordo più esattamente.

Se mi permette un'intrusione personale, vorrei ringraziarla per quel film (Il Distretto di Tiexi). Lo vidi a Milano, in occasione di una retrospettiva dedicata al suo cinema alla fine del 2010, e per me fu un'esperienza culturale e storica emozionante. Ci ho pensato per settimane dopo la visione... Grazie.

(un filo di imbarazzo si vede comparirgli in volto, forse perché non è abituato a certe cose) Grazie a lei, è un bel complimento. Mi ricordo la retrospettiva di Milano e ancora mi dispiace non poter essere venuto a presenziare (l'appuntamento col regista, in occasione di quella rassegna, fu annullato per motivi di salute di Wang, ndr).

Tornando al suo cinema, con così tante ore di girato a disposizione, il montaggio diventa giocoforza una parte fondamentale del suo lavoro di regista. Ci può dire qualcosa del suo approccio?

Sì, certamente il montaggio è una fase importantissima. In realtà non monto tutto alla fine, riducendo il girato in un premontato quasi finale, ma faccio una selezione delle scene che giro ogni giorno, a fine riprese. Mi faccio guidare da ciò che durante le riprese mi ha toccato di più, e a fine giornata tengo solo le scene a cui è legata una reazione emotiva, quelle che mi hanno comunicato qualcosa a livello appunto emotivo. Il primo pubblico dei miei film sono io stesso. Una scena deve colpire me per primo per avere speranza di colpire interiormente altre persone. Questo è ciò che penso. In questo modo, quando arrivo a fine riprese, ho a disposizione una collezione di scene a cui sono emotivamente legato, che hanno provocato in me una reazione, ed è solo tra queste che scelgo quelle che finiranno nella versione finale.

Abbiamo tempo solo per un'ultima domanda. Non le chiederò qualcosa che le hanno già chiesto sicuramente in molti, come di parlare dei suoi prossimi progetti o dei rapporti con la censura cinese, cose che forse si sarà stancato di ripetere... Allora torno un passo indietro al film che ha portato qui a Venezia, Three Sisters, e le chiedo se e quanto dentro alla storia di queste tre bambine ci sono segni che si possono generalizzare alla situazione delle zone rurali cinesi?
Credo che in Three Sisters queste due correnti, queste due strade, quella delle tre protagoniste e quella della rappresentazione della campagna cinese anche attuale, convivano e convergano. Voglio dire che la storia delle tre protagoniste è sì la loro personale, in quel villaggio, in quel momento, in quella situazione contingente, ma allo stesso tempo è anche una specie di sintesi dei ritmi e delle condizioni comuni alla vita contadina di molte zone rurali della Cina più povera (che dopotutto ancora oggi sono abitate da circa la metà della popolazione della Cina Popolare tutta, ndr). In particolare, le regioni del centro-sud del paese, come il Sichuan, il Guizhou, lo Hunan e appunto lo Yunnan (dove si svolge Three Sisters), sono quelle più povere e agricole; zone in cui molti villaggi come quello descritto in Three Sisters esistono anche oggi.

Il tempo è tiranno e dobbiamo lasciare il posto all'intervista successiva, così concludiamo ringraziando ancora Wang Bing per la sua gentile schiettezza e congratulandoci per il film visto a Venezia. Il giorno dopo l'intervista riceverà il premio come miglio film di Orizzonti, e i complimenti per il premio li aggiungiamo in calce a questa intervista, con un augurio finale: “Bravo Wang Bing, continua per la tua strada a testimoniare ciò che ti emoziona. Il tempo, e forse anche qualche giuria, ti premieranno!”.

Vai alla scheda del film




Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.