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Far East Film Festival 2015: intervista a Thomas Bertacche

I film da non perdere, l’evento Joe Hisaishi, il lavoro di selezione: uno degli artefici del festival friulano ci parla della 17esima edizione di quella che può essere considerata la più importante rassegna dedicata al cinema popolare asiatico in Occidente

Mancano pochi giorni alla 17esima edizione del Far East Film Festival di Udine (23 aprile-2 maggio 2015), la rassegna che ormai è entrata nel cuore di cinefili e appassionati del cinema orientale. Una sorta di oasi cinemaniaca nel deserto della proposta culturale italiana in cui abbeverarsi di una vasta produzione asiatica. Quest'anno chi andrà ad Udine avrà la fortuna di poter visionare 70 titoli da 11 cinematografie diverse (Giappone, Hong Kong, Corea del Sud, Cina, Singapore, Filippine, Taiwan, Thailandia, Indonesia, Vietnam e Cambogia). In attesa che la più importante vetrina occidentale dedicata al cinema popolare dell’Estremo Oriente prenda il via con l’attesissimo evento di apertura affidato alle note del grande compositore Joe Hisaishi, abbiamo pensato di farci raccontare il FEFF 17 da Thomas Bertacche che, insieme a Sabrina Baracetti, dirige il festival e porta avanti la missione della Tucker Film, casa di distribuzione impegnata nella diffusione di film indipendenti (in particolare orientali).

Ogni anno visionate molti film per la selezione del festival: in che stato versa il cinema dell’Estremo Oriente?
In uno stato ottimo direi, basti pensare che gli incassi della Cina superano quelli, da sempre leader, degli Stati Uniti. In febbraio 2015 la Cina ha superato di gran lunga i numeri USA sul conteggio dell'incasso mensile. Transformer 4 ha incassato più in Cina che negli Stati Uniti e Fast & Furious 7 in un solo giorno ha fatto 60 milioni di dollari in biglietti venduti. E ormai gli stessi Stati Uniti guardano ai cinesi come potenziale target e le grandi major americane si documentano sul prodotto cinematografico da proporre e da confezionare per loro. La Corea del Sud è reduce da un 2014 florido per il mercato cinematografico, gli incassi dei cinema hanno raggiunto vette mai viste prima nel Paese. Insomma in generale gli Asiatici sono affamati di film, il video on demand in tutti i paesi che noi seguiamo è molto sviluppato e in generale posso dire che, rispetto ai vari settori del mercato, quello asiatico è certamente tra i più avanzati e orientati al futuro.

Il festival avrà un prologo d’eccezione, il concerto di Joe Hisaishi, insignito del premio alla carriera, uno dei maggiori musicisti viventi che passerà alla storia come uno degli eventi culturali dell’anno in Italia. Come hai avuto l’idea di proporlo e quali problemi avete incontrato per portare a termine l’impresa?
Volevamo consegnargli il Gelso d'Oro alla Carriera, perché è un Premio che abbiamo ideato e pensato per tutti i vari ruoli della produzione, visto che non sono solo registi e attori ad essere figure chiave nella realizzazione di un film. Di Hisaishi abbiamo avuto modo di ascoltare tante musiche, a parte le pellicole di Hayao Miyazaki, anche altre pellicole presentate recentemente al festival come The Villan, o Departures che abbiamo poi distribuito in sala con la Tucker. Poi abbiamo pensato che era assurdo far venire Hisaishi in Italia senza farlo suonare e ci siamo messi a cercare le varie opzioni possibili per creare un evento degno di lui. E così dalle prime idee di un anno e mezzo fa quando abbiamo iniziato a sentire i suoi manager, siamo arrivati al 23 aprile 2015 con 80 elementi dell'Orchestra Sinfonica Slovena che verranno diretti da lui e lo accompagneranno in alcuni brani eseguiti al piano da Hisaishi stesso.

La rassegna di film d’arti marziali hongkonghesi, sei autentici capolavori del genere, oltre che un omaggio al genere che più di ogni altro si identifica con Hong Kong, vuole esser anche un omaggio alla ex colonia britannica in un periodo piuttosto travagliato della sua storia come quello che sta vivendo?
Hong Kong è e sarà sempre il cuore del festival, l'edizione ‘zero’ nel lontano 1998, da cui tutto è partito, era dedicata esclusivamente a Hong Kong. L'anno scorso abbiamo dedicato grande spazio alla situazione attuale della ex colonia britannica, abbiamo avuto diverse testimonianze e visto molti film che in maniera più o meno diretta richiamavano l'attenzione all'identità hongkonghese rispetto alla Cina.

Il festival ormai ha raggiunto una sua identità dopo anni di lavoro, viene considerato il più importante in Occidente relativamente al cinema asiatico, le cinematografie dell’Estremo Oriente guardano ad esso come ad un evento fondamentale, eppure in Italia ancora esistono delle resistenze che vi portano a dover combattere ogni anno col budget e con la ricerca dei partner. Credi che sia un problema culturale o semplicemente è la solita bega di bassa politica?
I problemi di finanziamento sono inevitabili come in ogni paese povero. È necessario ammettere che l'Italia è un paese povero e come tale non riesce a far fronte alle decentralizzazioni, così chi organizza eventi lontano dai centri ‘politici’ ha ancora più difficoltà…

Mark Schilling, uno dei collaboratori del FEFF, ha parlato delle difficoltà crescenti ma anche delle nuove opportunità che incontra un festival come il vostro, in un articolo apparso su The Japan Times (leggi qui). Dal tuo punto di vista, cosa è cambiato per il FEFF dalla sua nascita ad oggi?
Beh, abbiamo cercato di sviluppare una serie di attività e iniziative rivolte agli addetti ai lavori, vedi il workshop internazionale Ties That Bind che ospitiamo da 7 anni e che dà grandissime opportunità a coproduzioni asiatico-europee. Caldeggiamo momenti di incontro pubblici e privati tra produttori, venditori e distributori. Inoltre abbiamo creato la Tucker Film per dare visibilità in Italia ad alcuni titoli che altrimenti il grande pubblico non avrebbe mai visto. Piccoli capolavori come Departures, Poetry, A Simple Life, In Another Country aiutano a far conoscere queste cinematografie, ad incuriosire e la risposta è infatti sempre più positiva. Oggi in Italia finalmente un film asiatico incuriosisce!

Come è cambiata secondo te l’attenzione del pubblico italiano verso il cinema orientale negli ultimi anni a fronte di una sempre scarsa distribuzione nei circuiti cinematografici nel nostro paese di opere asiatiche?
Continuando il discorso iniziato nella risposta precedente, il gusto sta cambiando… Stili e modi di raccontare si stanno già contaminando, accenni all'Oriente sono già presenti nelle produzioni occidentali, vedi i film di Michael Mann o blockbuster come Kung Fu Panda, senza dimenticare le grandi major che vanno a girare sempre più spesso nei paesi asiatici...

Quando 17 anni orsono iniziaste questa avventura dove pensavi di poter arrivare? Ti aspettavi che il Far East Film Festival sarebbe diventato quello che è?
Lo abbiamo sperato fin dal primo anno, l'intento è stato quello da subito. Ci abbiamo lavorato sodo per anni.

Il FEFF sta diventando sempre più un vero e proprio ponte culturale, non solo cinematografico, tra l’Occidente e l’Oriente come dimostrano le numerose iniziative, alcune delle quali nuove, presentate quest’anno. Pensi che il Cinema possa essere la forma di comunicazione più efficace per far sì che in Occidente si comprenda veramente la cultura Orientale?
Io penso che il cinema sia la sintesi, il punto di unione di questi due mondi. Ecco, pensa a Big Hero 6 ambientato a San Franstokyo… Un nuovo cinema globale.

Come avete lavorato quest’anno nella composizione della selezione dei film?  Rispetto alla scorsa edizione, hai notato cambiamenti nella produzione cinematografica asiatica?
Come stiamo facendo già da qualche anno, abbiamo cercato di mettere insieme un programma che presenti i grandi blockbuster asiatici per mostrare quelli che sono i prodotti maggiormente visti nei loro paesi d'origine, ma cercando anche registi nuovi, giovani, talentuosi che danno vita a opere sperimentali, mescolano nuovi linguaggi e si evidenziano come promesse del loro cinema. E non abbiamo tralasciato neanche quest'anno uno sguardo al passato che avrà per protagonista le arti marziali con titoli che, come dicevi anche tu, hanno fatto la storia come The Way of the Dragon di Bruce Lee, The Young Master Jackie Chan, Spooky Encounters di Sammo Hung e altri titoli che arricchiscono la sezione dedicata.

Quest’anno desta grande curiosità il film cambogiano, il primo se non erro ad essere presentato al FEFF. Potresti confidarci un paio di titoli, non necessariamente i più belli, che a tuo avviso ci sorprenderanno tra tutti quelli che vedremo?
Sì, The Last Reel è il primo titolo cambogiano che presentiamo, un film sul cinema e sulla storia della Cambogia firmato da una giovane regista donna.
Altri titoli da non perdere, oltre a Dragon Blade con protagonisti Jackie Chan, Adrien Brody e John Cusack che sarà l'evento di apertura e di cui si vedrà a Udine in anteprima mondiale la versione internazionale, e The Taking Of Tiger Mountain, ultima fatica di Tsui Hark che chiuderà il festival il 2 maggio, possiamo citare il cinese The Continent, scritto e diretto dallo scrittore Han Han, autore anche di un blog che annovera 450 milioni di accessi all'anno! E ancora i giapponesi 0,5 MM e il fantasy Forget Me Not, il sudcoreano Gangnam Blues e il noir hongkonghese Port of Call.

L’impressione è che siete riusciti a regalarci anche quest’anno un programma ricco di grandi nomi e di film molto interessanti sulla carta. Hai però qualche rimpianto riguardo qualche titolo che avreste voluto portare a Udine? E invece c’è un film, un ospite o un evento che ha rappresentato una scommessa vinta?
No, bando ai rimpianti! E poi quest'anno sono più le scommesse vinte che quelle perse: un grosso action di Hong Kong diretto da Soi Cheang che stavamo seguendo da mesi purtroppo non sarà completato in tempo per il festival, ma in compenso potremo offrire al pubblico le anteprime mondiali di Dragon Blade e poi dell'hongkonghese Helios e del nipponico Parasyte: Part 2, che saranno proiettati a Udine in contemporanea alla loro uscita in patria!
Con il programma che siamo riusciti ad assemblare quest'anno non possiamo davvero rimpiangere nulla!


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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

1 commento

  • Lucius78
    Lucius78 Venerdì, 17 Aprile 2015 15:39 Link al commento Rapporto

    Complimenti agli organizzatori, ho visto da vicino l'edizione del 2010 e devo dire che è uno di quei festival che vale la pena di seguire perchè ti offre film interessanti e diversi da quelli che siamo soliti vedere e soprattutto difficilmente reperibili in sala o in home video. Peccato sia lontano da dove vivo (Bari).

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