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Gian Maria Volonté: la vita dell'attore in una biografia tra pubblico e privato

Tutto su Gian Maria Volonté: in un libro il percorso pubblico e privato di uno dei più grandi attori italiani, e non solo, di sempre. Una vita straordinaria raccontata con ricchezza di dettagli e in modo avvincente da Mirko Capozzoli

"Non ho scelto di fare lo stesso mestiere perché per quanto attraente e meraviglioso conosco bene anche la sofferenza, il dolore che accompagna quella strada" scrive Giovanna Gravina Volonté nella lettera che chiude il libro. Forse la considerazione non vale per tutti gli attori, di certo era così per il padre. Un gigante della recitazione che vedeva il suo lavoro come una missione, che metteva davvero se stesso nei personaggi lasciando in ognuno di loro un pezzo di vita. Vita raccontata in modo dettagliato e avvincente in Gian Maria Volonté  (add editore, 330 pagine, 19 euro) da Mirko Capozzoli. Anni dopo una tesi di laurea sul grande attore, e la collaborazione al documentario Indagine su un cittadino di nome Volonté, Capozzoli è tornato ad approfondire la figura del più straordinario autore di personaggi del cinema italiano. Perché Volonté non è stato semplicemente un interprete dotato di talento e versatilità, ma come lo hanno definito anche molti registi con i quali ha lavorato un esempio assoluto di attore-autore. Capozzoli ne ripercorre la filmografia, ma il racconto della carriera va di pari passo con quello della sua vita privata: il padre fascista, l’infanzia non facile, il fratello Claudio, l’impegno politico diretto, la passione per la vela, le donne della sua vita.

Sul palcoscenico. Uno degli aspetti più interessanti del libro è l’ampio spazio dato al percorso teatrale di Volonté, iniziato a sedici anni con la frequentazione a Torino della scuola di recitazione Studio Drammatico Internazionale. Dall’esordio sul palco con la compagnia I Nomadi all’esperienza itinerante con I Carri di Tespi, dalle rappresentazioni con il vecchio Alfredo De Sanctis all’ingresso all’Accademia d’Arte Drammatica a Roma. E poi l’impegno con il Teatro Stabile di Trieste, il Teatro Scelta. Un lungo percorso che comincia nel 1951 ("L’Antigone di Anouilh, rappresentata il 20 aprile 1951, fu la prima esperienza di Volonté") e prosegue con continuità sino alla metà degli anni Sessanta. Dopo Il Vicario, un caso per la censura dell’adattamento dell’opera che denunciava il silenzio del Vaticano di fronte alle atrocità naziste contro gli ebrei, l’attenzione dell’attore sarà rivolta quasi completamente al cinema. A parte le originali e provocatorie iniziative del Teatro di Strada nel periodo più sessantottino, il ritorno sul palco nei primi anni Ottanta con la tournée per Girotondo e, poco prima della morte, lo spettacolo Tra le rovine di Velletri.

La televisione. Con il teatro il Volonté degli esordi porta avanti anche il lavoro in produzioni televisive. Importanti, come sottolinea l’autore del libro, per lo sviluppo della carriera dell’attore. Inizia infatti a essere famoso nel 1959 con lo sceneggiato L’idiota dove "Gian Maria interpretò un Parfen Rogozin moderno, aggressivo, nervoso, lontanissimo dalla recitazione accademica". Modernità che colpisce anche in altri ruoli televisivi di rilievo come quelli in Vita di Michelangelo e Caravaggio. Dopo quest’ultimo sceneggiato, andato in onda nel 1967, non lavorerà più in televisione per quindici anni, quando prenderà parte alla miniserie La certosa di Parma con la regia di Mauro Bolognini.

Gli esordi al cinema. La prima apparizione sul grande schermo è nel 1960 con Sotto dieci bandiere di Duilio Coletti. Un ingresso nel mondo del cinema visto allora più come opportunità economica che come scelta artistica, "anche perché (in quel momento) non considerava il cinema lo strumento adatto per esprimere le proprie idee". Sul set conosce Carlo Lizzani, responsabile della seconda unità, e il suo aiuto, Giuliano Montaldo, che poi saranno registi importanti per la sua carriera. In particolare con il secondo girerà Sacco e Vanzetti e Giordano Bruno. Il primo ruolo da protagonista arriva con Un uomo da bruciare, diretto dai fratelli Taviani e Valentino Orsini, che però - sottolinea l’autore della biografia - ebbe una scarsa e tardiva distribuzione, motivo per cui Volonté non ne ricevette un beneficio immediato come invece fu con un altro film dello stesso 1962: Le quattro giornate di Napoli di Nanni Loy. Per il grande successo bisogna però aspettare la metà degli anni Sessanta e i western di Sergio Leone che gli regalano i primi ruoli destinati a entrare nell’immaginario collettivo. Quelli di Ramón Rojo di Per un pugno di dollari e di El Indio di Per qualche dollaro in più.

Il cinema politico italiano. Da lì in poi inizia una nuova fase della carriera dell’attore che diventa il volto del cinema di impegno civile in Italia. "Gian Maria Volonté aveva dimostrato di essere un attore insolito, incline alla sperimentazione e ideologicamente schierato, quindi fu inevitabile l’incontro con alcuni registi della nuova generazione del dopo-neorealismo, desiderosi di raccontare i mutamenti in atto nella società". Per citarne soltanto due: Elio Petri e Francesco Rosi. Con entrambi stringerà sodalizi fondamentali. Nel 1967 incontra Petri per A ciascuno il suo che inaugura la stagione di questo cinema politico - definizione non amata da Volonté perché per lui tutto il cinema era politico - e per il quale riceve il Nastro d’argento come miglior attore. Primo premio della sua carriera. Ne seguiranno tanti altri di riconoscimenti, a cominciare da quelli per i due film più famosi di Petri e forse dello stesso Volonté: Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La classe operaia va in paradiso. Con Rosi dopo Uomini contro, primo film insieme, si trasformerà incredibilmente in personaggi illustri per Il caso Mattei, Lucky Luciano e sul finire degli anni Settanta in Carlo Levi per l’adattamento cinematografico di Cristo si è fermato a Eboli.

Gli ultimi anni. Con Rosi tornerà a lavorare per Cronaca di una morte annunciata. Sono gli anni Ottanta ed è un Volonté diverso, che ha superato un tumore ai polmoni. Un periodo della sua carriera spesso sottovalutato, anche se come ricorda Capozzoli è proprio in quest’ultima fase della vita dell’attore che arrivano i premi più importanti oltre a quelli alla carriera, qualche anno prima della morte, a Locarno e Venezia. Con La morte di Mario Ricci di Claude Goretta il riconoscimento per la miglior interpretazione maschile a Cannes (dove aveva già ricevuto una menzione speciale nel 1972) e con Il caso Moro di Giuseppe Ferrara l’Orso d’oro come miglior attore a Berlino. È il 1986 quando veste i panni del leader democristiano, come aveva fatto con una straordinaria interpretazione caricaturale dieci prima nel profetico Todo modo di Petri. Da ricordare poi Porte aperte di Gianni Amelio che gli valse un premio speciale agli European Film Awards, su iniziativa di Ingmar Bergman presidente della giuria.
 
Film all’estero. Gli ultimissimi film di Volonté sono due lungometraggi, poco fortunati, girati in America Latina: Funes, un gran amor di Raoul de la Torre e Il tiranno Banderas di José Luis García Sánchez. Aveva già lavorato più a volte all’estero, partecipando tra le varie pellicole a un capolavoro del genere noir come I senza nome di Jean-Pierre Melville con il quale il rapporto fu però burrascoso. "Si crearono numerosi contrasti, in parte dovuti a differenti posizioni politiche". Nel 1994 un altro grande regista, il greco Theo Angelopoulos, lo sceglie per una parte importante del suo film Lo sguardo di Ulisse. Volonté morirà durante le riprese, per un infarto. A 61 anni.

Le donne della sua vita. Il racconto del Volonté pubblico e privato è scandito dalle relazioni con le donne più importanti della sua vita: Tiziana Mischi, Carla Gravina, Armenia Balducci, Angelica Ippolito (nel libro sono presenti interessanti interviste dell’autore e di Alejando de la Fuente alle prime tre). Storie d’amore che coincidono con periodi artistici diversi dell’attore: gli inizi, il passaggio dal teatro al cinema, la grande stagione del cinema politico, l’ultimo Volonté più riflessivo. Insieme a queste compagne di vita c’è la figlia Giovanna Gravina Volonté che chiude il volume con una lettera all’autore della biografia. Figlia che ha scelto di vivere alla Maddalena, l’isola della Sardegna che Volonté amava (nel suo mare sviluppò la passione per la vela) e dove è stato sepolto. Qui organizza, ogni estate, il festival La valigia dell’attore dedicato al padre. Un genio della recitazione che ha portato ai massimi livelli il mestiere dell’attore.

Un libro prezioso quello scritto da Mirko Capozzoli, frutto di un lungo lavoro di ricerca e arricchito da documenti e testimonianze inedite. Il racconto di una vita straordinaria che non si conclude con l’ultima pagina della biografia. Ci sono i film dell’attore che la lettura stimola a vedere e rivedere.





 

 

 

 

Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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