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Diario da Venezia 78: giorno 6

Il nostro diario (quasi) giornaliero dalla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che racconta la nostra vita quotidiana a sfioro del Lido, intrisa di film, opinioni, aneddoti, incontri, spunti e tantissime riflessioni, soprattutto di cinema

Come già anticipato nel Diario del giorno 5, siamo a metà della Mostra del Cinema 2021. Sono stati presentati circa metà dei film in concorso e più o meno anche le altre sezioni sono al giro di boa. Oggi, quindi, ci siamo presi il tempo necessario per capire come la stampa nazionale e internazionale sta vivendo questa Mostra. Non ci siamo dimenticati del cinema: a metà pomeriggio siamo andati in sala a vedere il film del regista taiwanese Chung Mong-Hong che seguiamo da tempo. 

In diretta dal Lido. Innanzitutto oggi il direttore Barbera e il presidente de La Biennale Roberto Cicutto hanno parlato un po’ con la stampa (noi non siamo stati invitati!!) sull’andamento di Venezia 78. Per quanto riguarda il cinema, il direttore ha certificato che il livello medio alto della selezione ufficiale pronosticato nella conferenza stampa di presentazione, si sta confermando nella visione, come attestato anche dalla stampa. Poi presidente e direttore hanno toccato alcuni argomenti a noi molto cari. Il sistema di prenotazione, primo punto. Il presidente non si aspettava una partecipazione così alta, nettamente superiore all’anno scorso che ha quasi rischiato di far crollare Boxol.it. Pare che il direttore sia sia preso un bel po’ di insulti sui social, per le prenotazioni mancante. Noi non siamo stati! Anche sul muro che blinda visivamente il red carpet, secondo punto, il presidente Cicutto ha manifestato il suo rammarico, mentre sul rispetto delle regole di distanziamento in sala e nella cittadella, entrambi hanno evidenziato l’ottimo comportamento di tutti. Terzo punto, il più sentito. Il presidente Cicutto ha affermato che per Venezia 79 saranno rifatte la Sala Perla e Sala Perla 2 al Palazzo del Casinò, al cui interno verrà allestita una nuova sala conferenze stampa e, con ogni probabilità, all’esterno sarà realizzata una nuova struttura temporanea sul modello della Sala Giardino. Sugli ascensori nessuna menzione! Sapete cosa vuol dire tutto ciò?! Qualcuno lassù ci ascolta! 

Perché è necessario capire come i giornali stanno valutando la Mostra? Il motivo è sempre quello, ossia che la stampa, oltre a influenzare le scelte dello spettatore, può anche, attraverso l’editoriale di un noto critico, il parere di un redattore, il pensiero di un giornalista che scrive per una testata di una certa rilevanza, mettere alcune pulci nelle orecchie del comitato di selezioni della Mostra. Chiariamo: il direttore Barbera e il suo comitato di selezione hanno senza ombra di dubbio la loro integrità e professionalità che travalica i giudizi, le opinioni e le scelte della stampa; si può affermare, però, che è una lamentela in più o un apprezzamento caloroso inatteso, sui film e sull’organizzazione, possono far riflettere chi deve decidere. Premesso ciò, fino ad ora la stampa italiana, in maniera molto generale, ha manifestato il suo entusiasmo per la vitalità del cinema italiano alla Mostra. Non solo i film in concorso, ma anche, ad esempio, i film di Leonardo Di Costanzo, Ariaferma (Fuori Concorso), Wilma Labate, La ragazza ha volato (Orizzonti Extra), Laura Bispuri, Il paradiso del pavone e Yuri Ancarani, Atlantide (entrambi in Orizzonti) hanno dimostrato come il cinema italiano del quasi dopo pandemia, dei cinema riaperti, ha storie da raccontare e le sa raccontare. Oggi, inoltre, è stato presentato La scuola cattolica di Stefano Mordini tratto dal romanzo omonimo di Edoardo Albinati, vincitore del Premio Strega, inserito nel Fuori Concorso, uno dei film italiani più attesi, mentre domani è il giorno del film di Mario Martone e giovedì tocca ai fratelli D’Innocenzo. Insomma il cinema nostrano alla Mostra 2021 si presenta in forze e bisognoso di raccontare sentimenti, rapporti umani e tessiture di emozioni, stando a quanto dice la stampa italiana (noi confermiamo). 
Quella internazionale dagli Stati Uniti alla Spagna, passando per la Francia, ha osannato il film di Paolo Sorrentino, È stata la mano di Dio, definendolo: il suo migliore lavoro; il suo romanzo di formazione; addirittura c’è chi ha affermato che non si aspettava un film così bello. Allo stesso modo, ma con parole meno clamorose, la stampa ha apprezzato il film di Jane Campion, The Power of Dog, e quello di Almodóvar, Madres paralelas. Giudizi globali o semi globali non ne abbiamo trovato. Solo in generale tutta la stampa è concorde nel gridare a gran voce che questa Mostra del Cinema sta dimostrando la vitalità del cinema e che sua fiamma della settima arta, nonostante il biennio 2020-2021 a livello mondiale, è ancora accesa e pulsante.

Capitolo conferenze stampa. Non ne abbiamo seguite.

Finalmente in sala. Come detto, oggi ci siamo seduti al Palabiennale, da cui mancavamo da diversi anni, per guardare il film del regista taiwanese Chung Mong-hong, The Falls (Pubu), nome che ha già stregato con il suo cinema il pubblico di diversi festival europei. Per la prima volta alla Mostra, questo suo ultimo lungometraggio è stato inserito nel programma di Orizzonti. La storia è molto semplice e si concentra sul rapporto tra Xiao Jing (Gingle Wang), studente adolescente e scontrosa e sua madre Pin-Wen (Alyssa Chia), manager di una multinazionale. La prima è in netto opposizione nei confronti della seconda, fino a quando alla donna è diagnosticato un disturbo mentale. Xiao Jing, pertanto, deve prendersi cura della madre e di tutti i problemi che scaturiscono da questa situazione. La storia di Chung è molto più strutturata rispetto a questa breve definizione; il film, infatti, propone continui incastri narrativi che tengono viva l’attenzione e permettono alla tensione di crescere, soprattutto nella prima parte. La parabola costruita dal regista, infatti, si evolve abbassando la tensione iniziale e lasciando il film all’interpretazione delle due attrici, alla loro relazione e al loro naturale e veritiero legame, provato in primo persona. La sceneggiatura si presenta, pertanto, solida ed è sorretta dalle scelte linguistiche del regista. La fotografia, infatti, come la musica, sono determinati nella definizione e nell’evoluzione narrativa, mentre la macchina da presa si accosta con movimenti lenti e sempre misurati al rapporto burrascoso tra le due donne, per poi, con delicatezza e curiosità, inserirsi nel nuovo modo di relazionarsi tra Xiao Jing e Pin-Wei. È la fiducia ritrovata tra le due donne che conquista lo spettatore ed è questo, anche, il messaggio del regista che va valutato nella sua precisa scelta di raccontare questa storia in un'ambientazione storicamente tragica e drammatica per l’intero mondo: marzo 2020.


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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