Main dans la main (Festival di Roma 2012 - Concorso)
- Scritto da Francesco Siciliano
- Pubblicato in Film fuori sala
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Valérie Donzelli è la giovane regista francese reduce dal successo di critica e pubblico in Francia con La guerra è dichiarata, un piccolo e delicato dramma familiare. Non nascondiamo che il film ci era piaciuto per la densa vitalità che lo pervadeva, e pertanto aspettavamo con una certa impazienza il suo nuovo lavoro, Main dans la main, selezionato per il Concorso della settima edizione del Festival del Film di Roma. Aspettative - purtroppo - deluse da una commedia sentimental-burlesca che si dimentica dopo poco l'uscita dalla sala.
La storia è incentrata su un uomo e una donna agli antipodi per carattere ed estrazione sociale: Joaquim ed Hélène. Lui è il gioviale fattorino di una ditta di specchi con la passione per lo skateboard, lei è la scostante direttrice della prestigiosa scuola di danza dell'Opéra di Parigi. Un bel giorno i due si incontrano per caso e quasi inconsapevolmente si scambiano un bacio. Da quel momento non si separano più: una strana forza si impadronisce dei loro corpi costringendoli a muoversi quasi in sincrono, anche contro la loro volontà. Se Joaquim si sposta, Hélène lo segue. Se lui muove un braccio, lei fa altrettanto. Uno strano fenomeno di cui non riescono a capire le origini.
Cosa li spinge a comportarsi così? Una misteriosa ed inconsapevole attrazione che provano l'uno per l'altra senza rendersene conto? La Donzelli non dà una risposta (se non alle battute finali) ma anzi sfrutta l'ambiguità dell'assunto per dare vita ad una serie di buffe situazioni, che in un primo momento divertono ma che poi si risolvono nel nulla. All'inizio seguiamo con un certo interesse le strane dinamiche della coppia, ma quando il gioco si trascina avanti senza particolari variazioni si fa presto largo il sospetto che la regista sfrutti l'inconsueta intuizione di partenza (l'idea dell'amore come un valzer a due, un riferimento messo fin troppo in evidenza dalle movenze dei due protagonisti) come un espediente per sperimentare le sue doti di regista abile nel creare momenti di straniante poesia.
Quello che manca è quindi uno sviluppo dei contenuti che possa stare al passo degli slanci registici. Peccato: la solita, invidiabile disinvoltura con cui il cinema francese racconta le sue storie si traduce in un esercizio di stile freddo e innocuo.
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