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La tomba delle lucciole - Recensione

Arriva al cinema in Italia per la prima volta, il 10 e l'11 novembre, l’indimenticabile film di Isao Takahata. Un capolavoro assoluto del cinema d'animazione, struggente racconto sugli orrori della guerra, l'infanzia spezzata, l'insensibilità dell'essere umano

L'audace operazione si sarebbe dovuta ripetere nel 2013. L'idea dell'uscita contemporanea di Si alza il ventoLa storia della principessa splendente (poi invece distribuiti a distanza di qualche mese l'uno dall'altro) recuperava un progetto di molti anni prima, quando lo Studio Ghibli aveva portato al cinema lo stesso giorno un film di Hayao Miyazaki e uno di Isao Takahata. Era il 16 aprile del 1988. Una data storica per l'animazione. Perché quei due film, così diversi, rappresentano due capolavori assoluti. Da una parte la magia che scalda il cuore portata sullo schermo da Miyazaki con Il mio vicino Totoro. Dall'altra lo struggente racconto neorealista che spezza il cuore di TakahataLa tomba delle lucciole che arriva adesso per la prima volta nelle sale italiane.
"La sera del 21 settembre 1945 io morii". Comincia così il film. Dalla fine. Chiarendo immediatamente allo spettatore che non si troverà davanti un'opera consolatoria. La frase è pronunciata dallo spirito di Seita, un ragazzo morto di stenti all'interno della stazione di Kobe, tra l'indifferenza dei passanti. Tra le mani ha una scatola di latta, quelle delle famose caramelle Sakuma Drops, con all'interno dei frammenti di ossa. Quando un inserviente le getta via, appare il fantasma di una bambina, della sorellina Setsuko. Subito raggiunto da quello dello stesso Seita. È l'introduzione del racconto della loro storia, che parte qualche mese prima con il bombardamento della città da parte degli americani e la morte della madre. Il trasferimento a casa di una zia diventa solo un breve passaggio. Quando il cibo inizia a scarseggiare sempre più, la donna si dimostra molto dura nei loro confronti e Seita si sente costretto a lasciare l'abitazione. Con la sorellina va a vivere in un rifugio abbandonato, ma con il passare dei giorni trovare del cibo si fa sempre più difficile. Si sa già come andrà finire, si pensa di essere preparati, ma il percorso è così straziante come un pugno che si fa sempre più spazio nello stomaco.
Partendo da un racconto di Akiyuki Nosaka, il regista costruisce uno dei film più dolorosi della storia del cinema. L'unico esempio paragonabile, sempre restando nel campo dell'animazione, è probabilmente quello di Barefoot Gen, uscito qualche anno prima, che si concentra sulla distruzione di Hiroshima. Eppure, pur in tutta la sua crudezza (terribili le scene degli effetti dell'atomica, e non solo) l'ottimo lungometraggio tratto dal manga di Keiji Nakazawa risulta in qualche modo meno devastante. Perché Takahata mostra allo spettatore qualcosa che fa ancora più male delle immagini della guerra in sé. La sconfitta dell'essere umano. L'indifferenza nella quale scivola una società che non fa caso nemmeno a dei bambini orfani. Pronta alla fine a cancellare il passato sotto colate di cemento come mostra l'ultima, fortissima scena con i fantasmi di Seita e Setsuko che guardano la città con i suoi grattacieli. È la grande maestria di un narratore unico, capace di essere universale, di toccare nel profondo il cuore. Senza ricorrere a stratagemmi forzati. Come farà anche con i suoi film successivi, così diversi tra loro ma tutti riconoscibili dal tocco speciale di un grandissimo dell'animazione, troppo spesso messo ingiustamente in secondo piano rispetto a Miyazaki.

La tomba delle lucciole è un film che non è facile avere il coraggio di rivedere. Anime unico, rimane impresso negli occhi e frantuma in mille pezzi il cuore dello spettatore. Accompagna ogni appassionato con il ricordo sempre vivo di una delle visioni più struggenti, necessarie e incredibili della storia del cinema.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 5

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Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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