The Horde
- Scritto da Anna Barison
- Pubblicato in Film in sala
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In una periferia parigina desolata e cupa, quattro poliziotti corrotti decidono di vendicare un collega ucciso da alcuni criminali senza scrupoli. Una notte entrano nel palazzo fatiscente dove si nascondono i delinquenti e inizia una sparatoria in cui i poliziotti sembrano sopraffatti dai colpi di arma da fuoco. Ma nei piani inferiori un’altra carneficina è in corso: i morti viventi stanno trasformando tutti quelli che incontrano in esseri simili a loro. Le creature sanguinarie cercano di raggiungere anche il covo dei malviventi che si alleano ai poliziotti per uscire indenni da quella ferocia senza limiti. Entrambi i gruppi, nonostante la loro iniziale riluttanza e spinti dall’istinto di sopravvivenza, uniscono le forze e soli e feriti, tentano di scendere i tredici piani infestati dalle orde di zombie. La loro tuttavia non è una solidarietà genuina e proprio per questo motivo le cose si complicheranno. Intanto lo scenario esterno è inquietante: le strade sono infestate dalle creature assassine, la città e la banlieue sono messe sotto assedio e una guerra è in corso…
Al di là delle atmosfere inquietanti e degli enormi spargimenti di sangue, The Horde è una pellicola intimamente politica che si rifà palesemente al precursore del genere horror-zombie George Romero, attraverso un sentimento di denuncia sociale, che in sé non racchiude solo gli schematismi più truculenti del genere splatter. Se come insegnava il grande maestro Romero ne La notte dei morti viventi, gli zombie siamo tutti noi votati al consumismo e all’amoralità del capitalismo, per i due registi esordienti Dahan e Rocher, gli zombie sono tutti coloro che affollano le banlieue francesi, rinchiusi, come morti viventi appunto, ai margini della società, in quel microcosmo spettrale che nel film è metaforicamente descritto attraverso l’avanzata degli zombie.

The Horde, rifacendosi alle filmografie del passato, attualizza il discorso, apportando un valore aggiunto alla tematica e per questo risulta molto apprezzabile, sia per una sceneggiatura che non lascia nulla al caso, sia per degli effetti visivi molto efficaci, che restituiscono un’atmosfera da incubo, claustrofobica e malsana. La presa di posizione dei registi è molto forte, tuttavia non potrebbe reggere se accanto non ci fosse il supporto di una storia forte – con spinte nel grottesco e nella farsa – e di una suggestione visiva coinvolgente. Per fortuna questi elementi ci sono e permettono così di dar vita ad un film adatto non solo agli amanti del genere, ma anche a chi vuole scorgere piani di lettura più profondi nella visione d’insieme. Non solo sangue dunque, la denuncia politica passa anche attraverso l’estetica della violenza, simbolo evidente del degrado sociale dei nostri tempi.
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