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Il sospetto

Una scena de Il sospettoLa tranquilla vita di un piccolo villaggio danese sconvolta da una orribile accusa, che ricade proprio sulla persona che nessuno si aspetterebbe: Thomas Vinterberg racconta, con tanto pathos e pochissimi colpi di scena, le disgrazie di un uomo innocente che si trova a doversi difendere dalla ferocia dei suoi compaesani

Lucas, maestro d’asilo, si sta riprendendo a fatica da una complicata separazione e dalla perdita del suo lavoro. Ma proprio quando le cose sembrano finalmente andare per il verso giusto - dopo essere ripartito da zero trova un nuovo lavoro e anche una nuova compagna - una piccola bugia si allarga a macchia d’olio e rischia di rovinargli per sempre l’esistenza: la figlia del suo migliore amico, la piccola Clara, racconta di aver subito abusi sessuali da parte sua.
L’idea del regista Thomas Vinterberg (già noto per il film Festen) nasce dall’incontro con uno psicologo infantile, che gli propone di raccontare una storia attraverso alcuni documenti sui bambini e le loro fantasie. Il risultato è una vera e propria caccia al mostro, che avviene in un piccolissimo villaggio sperduto della Danimarca, dove tutti si conoscono e sono amici.
All’inizio quindi assistiamo alla vita allegra e spensierata di un paesino di provincia, in cui gli uomini (giusto per non perdere il cliché dei veri montanari rozzi e bevitori) si riuniscono tra loro e cantano allegramente sorseggiando alcool fino a tarda notte. Appena la piccola Clara pronuncia una frase che insospettisce la direttrice dell’asilo, tutti si mettono contro il maestro, che fino al giorno prima era un anonimo e tranquillo compaesano. Al di là della bravura del protagonista, Mads Mikkelsen, che ha vinto il premio come miglior attore allo scorso Festival di Cannes, il film non ha nulla che colpisca davvero. Solo la morbosità con cui viene trattato il tema dell’abuso è il filo conduttore di tutti i dialoghi e tutte le situazioni, che a volte sembrano persino forzati.
D’accordo che in un paesino è facile che il pettegolezzo si diffonda e crei situazioni imbarazzanti, ma in questo caso il regista calca eccessivamente la mano arrivando a far vedere come per colpa di una calunnia si possa rischiare di impazzire, ma poi, quasi magicamente, col passare del tempo tutto (o quasi) ritorna a posto e si riprende a bere e banchettare tutti insieme in allegria.

Insomma, se non fosse per l’intensa interpretazione di Mikkelsen, la pellicola non sarebbe altro che l’ennesima storia di un uomo mite, accusato ingiustamente. Lo stesso regista non ha cercato un thriller, in cui magari almeno un colpo di scena avrebbe potuto incuriosire sulla vera natura del protagonista: anzi, lo spettatore non deve avere alcun dubbio, sin dall’inizio, sulla sua innocenza e soffrire con lui per quasi due ore (tra dialoghi improbabili e un ritmo lentissimo) fino alla fine.

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