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Trapped, una serie tv tra noir islandese e Agatha Christie da tenere d'occhio

Trapped - Serie TVL'ultimo arrivo dal Nord Europa in ambito seriale, Trapped, è un thriller amaro, dal passo serrato e atmosfera algida. Ancora inedita in Italia, è una serie che non ha nulla da invidiare ai prodotti scandinavi più affermati. Scopriamo perché 

Il grande 'outdoor' che fa da sfondo alla nostra fantasia è spesso definito dagli umori e dagli andamenti del periodo storico a cui si applica. Gli Anni '80 con il loro rampantismo e il loro ideale di facile benessere economico avevano ancorato l’immaginazione a paesi caldi, preferibilmente popolati da palme, come Florida, California, Sud America e tropici in genere. Televisione, moda, cinema ci proponevano un’umanità con camice hawaiane e cocktail colorati in Miami Vice, Indiana Jones, Beverly Hills Cop, All’inseguimento della Pietra Verde, Dallas, Magnum P.I., Love Boat, Dynasty. Anni festosi, destinati ad un epilogo inaspettatamente fosco.
Questo inizio di millennio per varie ragioni è decisamente più austero e pessimistico e i freddi paesaggi nordici immersi nell’oscurità sembrano aver sostituito gli sfondi solari in molti film e serial TV, specialmente se gialli o polizieschi. Da Fargo (il film e le serie) ai recenti Revenant e The Hateful Eight, passando per Winter’s Bone, Lasciami entrare, Snowpiercer, il serial Fortitude, persino i cartoon Frozen e la saga di Ice Age. I maglioni norvegesi sono tornati di moda grazie a The Killing, gli arredi scandinavi sono su tutte le riviste, il ristorante danese Noma è coronato migliore del mondo e le teste d’alce impagliate sono diventate hipster. Il Nord Europa (in particolare la Scandinavia) è decisamente l’indiscussa regina del pop di questi anni. Nell’ultimo paio di decenni i romanzieri scandinavi e le loro storie sono andati via via riempiendo scaffali e palinsesti tv, per citarne alcuni tra i più popolari, Kurt Wallander di Henning Mankell, la trilogia Millennium di Stieg Larsson, Harry Hole di Jo Nesbo. Le loro trame sono cupe e claustrofobiche, i loro personaggi violenti, profondamente danneggiati e vendicativi, inseguiti da poliziotti e investigatori determinati, ossessivi e con poca voglia di ridere. Recentemente abbiamo visto il successo delle ottime tre stagioni di The Killing e le tre di The Bridge, entrambe riprese e riadattate in USA e UK/Francia.

Ultima arrivata in questo filone, ma non per questo fanalino di coda, è l’islandese Trapped (Ófærð), scritta e diretta da Baltasar Kormákur, non nuovo a produzioni legate alla sua terra, che aveva diretto Everest e prodotto il delizioso Virgin Mountain.
La serie Trapped è entrata nella programmazione della BBC in UK a poca distanza dall’uscita in casa ed è stata un gran successo di pubblico.      
La storia è ambientata a Seyðisfjörður, una piccola cittadina in fondo ad un fiordo sulla costa orientale dell’Islanda, molto lontana dalla capitale Reykjavik, e che si affaccia su quel triangolo di Atlantico in comune con Scozia e Norvegia dominato dalle Isole Faroe.
Andri (Ólafur Darri Ólafsson) è il quieto e diligente capo della Polizia locale con un passato più mondano nella Polizia di Reykjavik e qualche scheletro nell’armadio. Andri dirige una piccola squadra composta da Hinrika (Ilmur Kristjánsdottir) e Ásgeir (Ingvar Eggert Sigurðsson) che in genere non ha molto da fare a parte occuparsi di qualche problema di parcheggio. Ma improvvisamente un fatto macabro sconvolge la vita della sonnolenta cittadina. Un torso umano mutilato viene ripescato nel fiordo, contemporaneamente all’arrivo del traghetto dalla Danimarca. Testa, gambe e braccia sono state segate via e la conclusione più ovvia è che qualcuno sul traghetto si sia sbarazzato di un cadavere eliminando ogni possibilità di riconoscimento della vittima. Andri e la squadra non possono far altro che cercare di bloccare in città tutti i passeggeri e l’equipaggio della nave per stringere il cerchio intorno all’assassino. Ma come se un omicidio non bastasse, la tempesta si sta avvicinando rendendo impossibile l’intervento dei rinforzi da Reykjavik. Andri, Hinrika e Ásgeir dovranno barcamenarsi in questo improvviso caos, bloccati dalla neve e il cattivo tempo e con un assassino a piede libero nella loro comunità sconvolta e incredula. Ma quello che scopriranno va ben oltre ciò che le premesse lasciavano immaginare.

Trapped, sebbene abbia una struttura narrativa simile a quelle di The Killing e The Bridge, al contrario delle storie prettamente urbane di queste ultime, ha dalla sua parte la grande atmosfera maestosa e al tempo stesso claustrofobica creata dagli spazi aperti e ostili del paesaggio che fa da perfetto sfondo per una caccia all’uomo. Le premesse ricordano la confusionaria serie Fortitude, ma Trapped riesce a rimanere su binari credibili e coerenti, il passo non perde ritmo e le rivelazioni e colpi di scena lasciano sconcertati fino al penultimo episodio. Un finale amaro conclude totalmente la storia, ma qualche filo lasciato aperto nelle vite dei protagonisti fa intuire (o sperare!) che ci possa essere una seconda stagione, anche se è difficile immaginare che addirittura due efferati crimini possano essere commessi in un paesino di poche anime come Seyðisfjörður!
Kormákur dichiara di aver voluto creare un misto tra un noir islandese e Agatha Christie e in pratica questo è Trapped, una storia di suspense in un luogo isolato con molte pedine coinvolte e un tono cupo e introspettivo. I personaggi sono tutti ben delineati e ben interpretati, ma le due star sono senza dubbio Ólafur Darri Ólafsson, in patria un rispettato attore di teatro, che ci regala un Andri umano e tormentato dalle storie personali, e Ilmur Kristjánsdottir (Hinrika), già apprezzata in Virgin Mountain, che convoglia un costante sbigottimento per una comunità che stenta a riconoscere, misto ad un gran senso pratico ed una concretezza molto femminili. Le dinamiche tra i due sono effettive ed empatiche anche se di poche parole.

Questa serie è stata una mossa ardita per l’Islanda, essendo la produzione più costosa nella storia dell’intrattenimento e spettacolo islandese, ma Trapped non ha nulla da invidiare alle serie scandinave più affermate e mi auguro che abbia la visibilità che merita e che sia una spinta a produrre altri prodotti di qualità in futuro.





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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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