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Diario da Venezia 78: giorno 4

Il nostro diario (quasi) giornaliero dalla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che racconta la nostra vita quotidiana a sfioro del Lido, intrisa di film, opinioni, aneddoti, incontri, spunti e tantissime riflessioni, soprattutto di cinema

Oggi giornata di pausa, almeno dalle sale. Il motivo di questa voluta e cercata distanza (che si ripeterà in un altro giorno) si trova nel cambio di attenzione e posizione che abbiamo intrapreso nei confronti della Mostra del Cinema, come già accennato. La nostra passione, il nostro vedere, vedere, vedere sempre più film, il nostro cercare di carpire ogni dichiarazione di attori e registi, la nostra volontà di recepire indiscrezioni e rumors, nelle scorse edizioni ci ha regalato grandissime gioie e scosse di adrenalina importanti, ma proprio per tutto questo vero e naturale entusiasmo la domenica dopo la cerimonia chiusura, ci siamo ritrovati quasi svuotati, nostalgici di quello che è stato per dodici giorni (andate a rileggere gli editoriali di chiusura delle scorse edizioni e capirete la malinconia e il velo di tristezza che albergava nei nostri animi). Amiamo il cinema e seguiamo con grande interesse la kermesse del Lido e proprio perché non vogliamo ritrovarci un giorno in futuro provati da queste forti emozioni, al momento della preparazione di Venezia 78 abbiamo quindi deciso di staccarci dalla nostra passione, di mettere quasi un diaframma tra noi e i nostri istinti cinefili e goderci di più l’evento che, come avrete notato leggendo i nostri Diari, non è solo cinema. Per questo oggi ci siamo messi in pausa. Siamo sempre stati al Lido, abbiamo sempre girato per la cittadella e consumato la nostra routine descritta nel Diario del terzo giorno, solo che non siamo stati in sala. O almeno, nelle intenzioni di agosto c’era la volontà di vedere oggi Il buco di Michelangelo Frammartino, ma come vi abbiamo già raccontato, il nostro numero non è stato estratto nella “lotteria dei posti” (Cit.). 

In diretta dal Lido. Nella nostra peregrinazione per il Lido, a riflettere sul cinema e su come sta andando la Mostra (quando diciamo così, intendiamo dire esattamente questo. Noi, sul serio, da bravi malati di cinema, discutiamo e ci scervelliamo su ciò che vediamo in sala, su come potrebbe agire la giuria, oltre che ad analizzare in profondità le scelte di Alberto Barbera, sempre in cima ai nostri pensieri), abbiamo notato che in giro, in sala stampa e a volte anche alle proiezioni non stiamo vedendo i giornalisti italiani della stampa. Gli esponenti delle testate web sono sempre presenti, ma non vediamo i critici, gli editorialisti e i giornalisti della carta stampata sia di settore che dei maggiori quotidiani. Soprattutto in sala, la loro presenza ci sfugge. Certo magari non vedono i film nelle proiezioni a cui andiamo noi, fatto plausibile e possibile, però non vederli nemmeno in giro tra l’Hotel Excelsior, la Terrazza Biennale e altri luoghi deputati alle attività stampa, ci ha fatto riflettere. Forse semplicemente preferiscono lavorare nelle case o nelle stanze degli hotel in cui alloggiano e alle proiezioni arrivano in anticipo per cui sono già seduti quando giungiamo noi, o forse c’è un altro motivo, un’altra ipotesi che prima di comunicarvi, vogliamo verificare per bene. 
A parte tutto ciò, oggi abbiamo passato un po’ di tempo all’Excelsior, come dalle foto che abbiamo pubblicato sul nostro profilo Instagram. Anche questo hotel appare cambiato. Sono tutte sensazioni, sia chiaro, nulla è definitivo e tutto può evolversi. Non abbiamo, però, riscontrato nel sontuoso Hotel quell’atmosfera di contaminazione, dialogo, discussione e soprattutto incontro che vivevamo nelle precedenti edizioni. L’Excelsior appare, a oggi, un po’ scarno, svuotato, un po’ ingessato. È pur sempre un hotel, certo, però durante la Mostra è sempre stato un punto di riferimento per i fan che aspettavano i loro divi preferiti e per la stampa curiosa, come noi, che si inoltrava a caccia di qualsiasi spunto in questo labirintico palazzo, pieno di stanze e scale, oltre che di un nascosto giardino tropicale corredato di giochi d’acqua. La piscina, inoltre, è da diversi anni riservata agli ospiti dell’Hotel e questo un po’ ci aveva già rattristato, perché il bordo piscina era diventato, di anno in anno, un luogo di condivisione e dialogo, oltre che di aperitivi e festeggiamenti. In alcune edizioni qui, infatti, si teneva la tanto ambita festa di Ciak, mentre nella spiaggia riservata veniva allestita una struttura che ospitava cene e feste. Insomma all’Excelsior c’era da divertirsi. Ora, soprattutto a causa delle restrizioni sanitarie, la libera circolazione per l’hotel è impedita, i controlli di sicurezza si sono intensificati; ci sembra, inoltre, ma potremmo sbagliarci, che alcuni padiglioni di istituzioni, riviste di settore, case di produzione, non sono presenti e anche l’accesso in generale all’hotel è selezionato. Nei prossimi giorni faremo un altro giro, per verificare questa nostra prima impressione. 

Cambiando argomento, vi rendiamo partecipi del Panel internazionale sull'Afghanistan e sulla situazione dei registi e degli artisti afghani che si è tenuto oggi al termine delle conferenze stampa. Non abbiamo direttamente partecipato, ma l’abbiamo seguito su Rai Play e ci teniamo a darvi conto di questa interessante e attuale iniziativa promossa direttamente dal direttore Barbera e da La Biennale. Sono intervenuti Sahraa Karimi, regista afghana che è stata in concorso alla Mostra nel 2019 nella sezione Orizzonti con il film Hava, Maryam, AyeshaSarah Mani, documentarista afghana; i componenti del board dell’International Coalition for Filmmakers at Risk (ICFR) Vanja Kaludjercic, direttrice artistica dell’International Film Festival di Rotterdam, Orwa Nyrabia, direttore artistico dell’International Documentary Film Festival di Amsterdam, Mike Downey e Matthijs Wouter Knol dell’EFA. Lo scopo di tale incontro era di descrivere la crisi creatasi in Afghanistan con particolare attenzione alla situazione dei registi e in generale degli artisti afghani. Ci preme riportare soprattutto le parole delle due registe che hanno descritto con accuratezza la situazione del loro Paese e rivolto il loro sentito appello. Sahraa Karimi, nel suo intervento, ha affermato che mentre stava postproducendo il suo secondo documentario, ne stava preproducendo un altro e stava lavorando ad altri lavori sempre inerenti al cinema e ad alcuni festival in Afghanistan, ma tutto si è fermato improvvisamente. Ora il controllo degli archivi è nelle mani dei talebani, molti artisti indipendenti hanno visto svanire il loro lavoro, come anche quello delle registe afghane che volevano finalmente raccontare una storia diversa, la bellezza del loro Paese, attraverso diverse forme espressive. Prima del 15 agosto, c’era una forte attività artistica e lei e altri registi avevano convinto molte persone ad avere fiducia nella cinepresa nell’intento di raccontare un Afghanistan diverso. Ha rivolto, quindi, il suo appello a tutti coloro possano dare appoggio a lei e ai molti artisti che si trovano privati, ora, della libertà artistica. Sahraa Karimi ha chiesto chiaramente un appoggio, un sostegno, non finanziario, ma intellettuale, qualcosa che possa dare a lei e altri artisti la possibilità di sapere che non moriranno, perché loro hanno il diritto di realizzare i loro sogni. La regista Sarah Mani ha aggiunto a queste parole, che lavorare in Afghanistan non è stato mai facile a causa di un vasto sistema di corruzione che impediva lo sviluppo di qualsiasi idea. Lei comunque è sempre stata convinta di investire sull’arte e sulla cultura, anche nonostante dopo la distruzione da parte dei talebani di tutti gli strumenti musicali, facendo diventare, probabilmente, così, molti ragazzi non musicisti, ma dei futuri terroristi. Bisogna parlare di questa situazione, afferma con forza la regista. 

Capitolo conferenze stampa. Abbiamo seguito le conferenza stampa di due film in concorso, Il buco e Official competition. Partiamo dal film italiano. La delegazione de Il buco era composta dal regista Michelangelo Frammartino, dalla sceneggiatrice Giovanna Giuliani, da Leonardo Zaccaro speleologo nella vita e interprete del film e i produttori, Marco Serrecchia, Philippe Bober e Paolo Del Brocco. In platea erano seduti i due anziani speleologi, Beppe De Matteis e Giulio Genchele, di cui parla il film, i quali negli anni Sessanta hanno esplorato la grotta più profonda d’Europa nell’abisso del Bifurto, al centro della storia della pellicola. Frammartino ha affermato che Il buco è un film invasivo che penetra la terra grazie all’attrezzatura da speleologi, parte integrante delle immagini; il film, quindi, sono le immagini e i silenzi, il buio, gli 'sguardi' di una vicenda che riguarda intimamente il Sud dell’Italia. Le riprese sono state effettuate a meno 400 metri di profondità, per sei settimane e per non più di un’ora al giorno. Il produttore, come quello internazionale, come Rai Cinema, ha continuato Frammartino, si sono subito dimostrati favorevoli a fare un film senza tutto, senza musica, senza suono, senza luci, che, per tutti questi motivi va visto assolutamente in una sala cinematografica. Il produttore Bober ha sottolineato che Frammartino possiede un linguaggio originale e speciale ed è certo che Il buco sarà un successo internazionale come lo è stato Le quattro volte. La sceneggiatrice Giuliani dal canto suo, ha ripreso il concetto che il film racconta il Sud d’Italia, affermando che quando i due primi speleologi arrivano in Calabria per esplorare la grotta, erano considerati dei perditempo, delle persone che stavano conducendo un’esperienza inutile. Questo è stato messo in evidenza nel film, come anche la ricerca nei giovani di oggi dell’eredità lasciata da loro due. Questi, interpellati dalla moderatrice Alessandra De Luca, hanno raccontato la loro storia e uno di loro, Giulio Genchele, si è domandato che film fosse Il buco che non ha sonoro, non ha attrici, né luce. Frammartino, ridendo, ha ringraziato di questa bella presentazione che sarà utilizzata dal produttore internazionale per promuoverlo.
L’altra conferenza stampa che abbiamo seguito è quella di Official competition. Erano presenti i registi argentini Gastón Duprat e Mariano Cohn e gli attori Penélope Cruz, Antonio Banderas e Oscar Martínez. Il film desidera mostrare il dietro le quinte del cinema e a detta dei registi, per loro è stato divertente mostrare tutto ciò che lo spettatore può solo immaginare; volevano rendere visibili la costruzione emotiva degli attori, le loro incertezze e ansie e la loro complicità che si è davvero creata tra i tre attori del film. Tra loro si sono formate delle connessioni spontanee e vere che hanno divertito loro stessi e i registi. La Cruz ha continuato, dicendo che Official competition è un omaggio alla loro professione; lei, nello specifico, ha interpretativo un personaggio femminile davvero insopportabile che si sente molto sola e l’attrice spera di non diventare così nella sua vita. Anche Antonio, vero mattatore della conferenza che ha condotto con grande entusiasmo, parlando sia in spagnolo che in inglese, pare essersi molto divertito a partecipare a questa pellicola che pone in evidenza l’invidia, le insicurezze, il successo e la competizione tra gli attori e più in generale tra gli essere umani. Con le sue parole, inoltre, l’attore spagnolo ha sottolineato la potenza della risata che quando è scaturita dall’ironia, può fare davvero molto male. Insomma il film argentino può essere riassunto sotto un’unica parola: divertimento. 

Finalmente in sala. A domani. 


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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