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Diario dal festival: sesto giorno

Sylvester Stallone al Festival del Film di RomaGiornata di polemiche ieri al Festival del Film di Roma. Il film in concorso E la chiamano estate ha fatto inferocire la critica. In serata, invece, la tensione viene smorzata dall’arrivo di Sylvester Stallone

Dalle stalle alle stelle, percorso inverso per l’evento dedicato al cinema che parte male e chiude bene. Dentro le sale è linciaggio, mentre il red carpet prende vita con una promessa mantenuta nel ventaglio di star annunciate e perse lungo il cammino: Sly c’è, e si sente!
 
IN SALA
 
Ad accogliere il ‘sex-stival’ è stato il thriller d’azione fuori concorso diretto da Walter Hill, Bullet to the Head. Il sapore è quello degli Anni '80, colorato dal viso segnato da rughe al cortisone dello storico interprete di Rambo-Rocky
Il film racconta di un’alleanza particolare tra un sicario (Stallone) e un poliziotto (Sung Kang), per colpire gli assassini dei rispettivi partner. Tratto dalla graphic novel Du plomb dans la tête di Alexis Nolent aka Matz, anche questo non è un film destinato a restare nella storia ma, certamente, non desta le polemiche della pellicola di Paolo Franchi
Risate, fischi, gente che urla “fuocooo” - che sta per “messa a fuoco”. Un film comico non apprezzato? No, si tratta di una storia drammatica riuscita malissimo, e, come se non bastasse, anche in Concorso. Il lavoro, lavoraccio, del regista bergamasco ha fatto parecchio arrabbiare la stampa durante l’anteprima di ieri. Laconico uno dei primi interventi ‘strombazzati’ che sentenzia: “E lo chiamano film?”. E la chiamano estate racconta di una storia d’amore intensa ma in cui il sesso resta escluso e circoscritto a rapporti con prostitute e scambisti. 
Una storia drammatica sull’inadeguatezza nel vivere la carnalità un sentimento. Invece no. Si tratta solo di un’intenzione assolutamente incapace ad esprimersi. Il disagio suscita l’ilarità generale. Lo sforzo di comunicare la sofferenza in una temporalità non lineare si risolve nella ripetizione di certe battute in più scene dei 90 minuti. Come se bastasse questo a trasmettere un’ossessione, uno stato d’animo. Il metodo Sgarbi che il regista ha voluto spacciare per un insegnamento bergsoniano, è un autentico fallimento. Rimandato. Bocciato. Espulso!
 

isabella-ferrari-red-carpetNEL FOYER
 
Ieri la compenetrazione tra sala e corridoio si è manifestata grazie al film, fino a questo momento, più criticato dell’edizione. Non è facile trovare la critica tutta d’accordo al momento dell’uscita dalla proiezione. È una missione che solo due tipi di pellicole possono avere, i capolavori o le porcate pazzesche. E questo, signore/i, non è un capolavoro, quindi il campo si restringe - come direbbe un certo sergente di un certo film con certe giacche di metallo. 
Le eccelse poltrone si sono trasformate in seggiolini da stadio, per fortuna solo relativamente all’aria che si respirava, altrimenti ci sarebbe stato il rischio di vederli volare e bucare lo schermo. 
Certo, non è stato dignitoso ma, pare, meritato. Ad ognuno la sua croce. 
Folkloristico, invece il red carpet del documentario fuori concorso S.B. io lo conoscevo bene, diretto da Giacomo Durzi e Giovanni Fasanella, dove le iniziali stanno per Silvio Berlusconi. Per l’anniversario della sua caduta, ehm, delle sue dimissioni dalla presidenza del Consiglio, il cast ha pensato di commemorare la festività dal vermiglio luccicante dell’Auditorium, indossando delle maschere con il volto del Presidente operaio, ex. 
Ma il vero spettacolo inizia con l’arrivo di Sly, Stallone per i non appassionati. Il fustacchione sessantaseienne ha sfilato avvicinandosi a malapena ai fan con i crampi alle gambe per l’attesa in piedi. Rambo, Rocky ecc. è stato il re indiscusso della scena e da tale si è comportato, ‘avvicinandosi da lontano’ ai suoi adepti, inclusa una di loro che qualche momento prima aveva dichiarato di volersi fare l’autografo sui due ‘santini’ incorniciati e sul seno per poterci poi imprimere un tatuaggio da fare invecchiare con lei (già attempata per la verità). Ma il divo dell’action-movie hollywoodiano si è avvicinato alle transenne quasi divelte abbastanza da scoprire un viso al botulino che neanche Nina Moric. Beh, almeno lui ha un’età.  
Tocca al cast dell’'acclamatissimo' E la chiamano estate il compito di chiudere il sesto dì. Con un pubblico in delirio per la bellezza del già visto (ma mai abbastanza) Luca Argentero, il film di Paolo Franchi redime il peccato attribuito dalla critica che ha fatto a pezzi i 90 minuti di porno d’autore condannato al cestino. 
La disponibilità che l’attrice Isabella Ferrari dimostra con la calca dei foto-vip dipendenti sembra - malignamente ammetteremo - cercare di ingraziarsi quantomeno loro, che stanno lì per qualche viso celebre (ah, sapessero quanto oltre possono guardare nella pellicola…). Che onore vedere la donna vestita, almeno nella vita reale. 
 
Una scena tratta da E la chiamano estateCollage del giorno
 
Un anno e un giorno fa Berlusconi, per amore dell’Italia, cedeva l’incarico ai tecnici che promettevano lacrime e sangue. Ieri, al festival, avranno forse deciso di ricordare l’anniversario con la proiezione non solo del documentario che dà voce a chi S.B. lo conosceva bene, ma anche con le ‘sacre’ cavità e fellatio plurime messe in scena da Paolo Franchi. L’Italia, si sa, con il ventennio del Cavaliere si è specializzata in una drammaticità che fa ridere, proprio come quella espressa dal personaggio casto in casa e pervertito in strada. 
Almeno il buon vecchio Sylvester Stallone, a fine giornata, ha mandato in delirio una platea all’aperto desiderosa di cazzotti e botulini. Una giornata che si è aperta con una banalità da migliaia di euro e una star da milioni di dollari. Coerenti. Sipario sul giorno sei.
 
 

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