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La parola a Barbera

Alberto BarberaIl direttore della Mostra del Cinema ha rilasciato le ultime dichiarazioni sulla 69esima edizione. Il suo bilancio è utile per capire cosa migliorare per l'anno prossimo

In esclusiva LinkinMovies.it ha seguito la conferenza stampa di chiusura della 69esima Mostra del Cinema di Venezia presieduta dal presidente della Biennale Paolo Baratta e dal direttore della sezione cinema Alberto Barbera.
I temi affrontati sono stati diversi.
Si è parlato della decisione di Michael Mann, Presidente di Giuria, di non motivare le scelte dei film premiati, che Barbera ha giudicato giusta in quanto il regolamento certifica la non necessità della giuria di spiegare il suo operato.
Poi si è parlato del cinema italiano e della mancanza di premi quando partecipa ai festival internazionale. Barbera, giustamente, ha sottolineato la troppa retorica che accompagna la cinematografia italiana quando si presenta alle vetrine internazionali. Secondo il direttore bisogna puntare più sulla qualità dei film che sul preconcetto che le pellicole nostrane debbano per forza vincere qualcosa. Come esempio ha citato L'intervallo di Leonardo Di Costanzo. Il film, inserito in Orizzonti, è stato benevolmente accettato dalla critica e dalla giurie dei premi collaterali che gli hanno conferito diversi riconoscimenti. L'intervallo rappresenta la qualità cinematografica italiana all'interno della competizione più adeguata. Non poteva essere inserito nel Concorso, a detta di Barbera, perché avrebbe subito la fattura artistica dei film di Anderson, Kim Ki-duk, Mendoza, Bellocchio, Assayas e altri.
Le successive domande hanno riguardato il successo del Venice Film Market che ha soddisfatto direttore e presidente della Biennale. Le aspettative sono state ripagate e l'anno prossimo sarà gestito ancora meglio, dal momento che è un ambito ancora da indagare del tutto.
Interessanti, inoltre, sono risultate le risposte di Barbera in merito alla composizioni delle categorie in gara. Uno dei dubbi maggiori che ha coinvolto la selezione all'inizio era la loro troppa eterogeneità. Il Concorso sembrava strutturato in base alla presenza di grandi registi non accomunati da una tematica comune. Questo presentimento nel corso dei giorni si è smarrito in parte perché dal film di Bellocchio a quello di Mendoza, passando per Paradise: Faith e The Master si è evinto che il fil ruoge tematico è stato la religione. In merito hanno sorpreso le parole di Barbera il quale ha dichiarato di essere rimasto colpito anche lui alla fine della Mostra da questa comunanza tematica che non era stata considerata al momento della composizione del Concorso.
Il Fuori Concorso, inoltre, è risultato troppo sfilacciato concettualmente e artisticamente. Il direttore ha risposto dicendo che questa selezione rappresenta un grande contenitore di generi. Allora perché non inserire maggiori documentari o spostare qui i film di genere della Sarmiento o quello e Kitano o di De Palma, presenti nel Concorso?
Allo stesso modo fa riflettere la sua dichiarazione a riguardo della mancanza delle major americane. Barbera ha dichiarato che nessuna produzione di Hollywood aveva film pronti o comunque in uscita durante il periodo della Mostra. Sarà certamente così, ma le precedenti edizioni della Mostra hanno proposto in anteprima nel Concorso film americani che sarebbero usciti mesi successivi; un esempio su tutti i film di Darren Aronofsky.
Insomma ciò che si evince dalla parole di Barbera, supportate dall'assenso di Baratta, è che la Mostra di quest'anno abbia sorpreso tutti e innanzitutto lui. È rimasto piacevolmente colpito dalla critica italiana e internazionale che ha promosso l'artisticità delle pellicole selezionate. Non c'è dubbio che siano stati proiettati ottimi film di registi di valore che hanno, però, sottolineato la separazione netta, almeno nel Concorso, tra queste pellicole e tutte le altre.
La Mostra del Cinema di Barbera deve certamente crescere. Una buona base di partenza è rappresentano dallo snellimento del Concorso, maggiormente selettivo, dalla programmazione ben distribuita e dalla composizione delle giurie ben calibrata. Deve migliorare nella struttura, deve trovare una maggiore compattezza tematicamente artistica; deve azzardare e rischiare qualcosa in più nella proposta, soprattutto del Concorso. In particolare deve insistere nella presenza delle major perché queste, più di altre, portano vantaggi al Lido e alla Biennale, oltre a una varietà tematica che unisce film d'autore e di intrattenimento. Se è vero, come dice Barbara, che i festival cinematografici funzionano anche come luoghi di aggregazione, è giusto puntare anche su questo aspetto che quest'anno è stato poco considerato, in nome di una sobrietà inaspettata.

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