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La storia del cinema di Mark Cousins

Il libro di Mark Cousins La storia del cinema, da cui lo stesso autore ha tratto un monumentale documentario, finalmente disponibile in italiano. Un avvincente viaggio nei film che hanno segnato le più importanti innovazioni della settima arte

Pubblicato nel Regno Unito nel 2004, è arrivato solo di recente in Italia grazie a Utet Università. Un libro, La storia del cinema di Mark Cousins (517 pagine - 31 euro), dal quale nel frattempo il critico e regista irlandese ha tratto un apprezzato documentario articolato in quindici episodi, The Story of Film, uscito nel 2011 e distribuito anche in Italia. Per chi lo ha visto, è stato trasmesso più volte in tv ed esiste un cofanetto con i DVD, la lettura del volume costituisce un completamento ideale. E il discorso vale, ovviamente, anche al contrario: chi ha letto o leggerà il racconto di Cousins, senza aver visto prima il film, non può perdersi la versione cinematografica del suo viaggio tra le opere che hanno segnato la storia della settima arte.

Una storia di innovazione. In che modo affronta la storia del cinema Mark Cousins? L’approccio usato, come scrive Alberto Barbera nella prefazione, è "Mille miglia lontano dalle prospettive sistematizzanti, ma anche di quelle di genere, sociali e industriali". A guidare il racconto è una concezione autoriale che si concentra sui registi-artisti, la loro originalità, il contributo dato all’evoluzione cinematografica al di là dei dettagli economici e di mercato: "L’industria del cinema è una merda, è il medium che è grandioso". La frase di Lauren Bacall inserita nell’introduzione, e ripresa da un’intervista rilasciata dall’attrice allo stesso Cousins, mette in evidenza come l’obiettivo sia stato "scrivere un libro più puro" che si concentrasse su questo straordinario mezzo che dalla fine dell’Ottocento continua a incantare l’essere umano. Il critico irlandese ne celebra "la storia di grandezza e improvvisi cambi di rotta", attraverso i film più significativi di questo percorso e i loro creatori (il regista visto come figura centrale della produzione cinematografica) che possono essere inseriti nella lista dei principali innovatori. Da Griffith a Welles (al quale ha anche dedicato il documentario The Eyes of Orson Welles presentato all’ultimo festival di Cannes), da Bergman a Bresson, sino al cineasta il cui nome è forse quello che compare più volte nel libro: Ozu, con il suo "corpo filmico di straordinario equilibrio e classicità" la cui analisi permette a Cousins di dare una nuova definizione del termine classico, molto diversa da quella abbinata normalmente al cinema americano del passato che a ben vedere risulta improntato più all’eccesso che all’equilibrio.

Giro del mondo. Per spiegare la scelta, il suo metodo, Cousins dichiara di essersi ispirato al grande storico dell’arte Gombrich e al suo modello di evoluzione di linguaggi: in sintesi il risultato di influenze reciproche tra gli autori riconducibili a uno schema che procede per correzioni o variazioni come preferisce chiamarle l’autore irlandese. Anche per questo motivo sono tanti gli sbalzi avanti e indietro nel tempo, con l’accostamento di scene di film di periodi diversi. Ma ovviamente il discorso non è portato avanti in modo meccanico. Avendo il grande merito di occuparsi del cinema di tutto il mondo e non solo di quello occidentale, il libro restituisce dignità a film e cinematografie che non direttamente hanno potuto avere influenze generali, nonostante la loro originalità, perché ai margini per ragioni geografiche o di mercato. Ecco così, per esempio, lo spazio al cinema africano, a registi come il senegalese Djibril Diop Mambéty. Un giro per il mondo diviso in tre epoche: quella del muto (dagli esordi al 1928), del sonoro (dalla fine degli anni Venti al 1990) e del digitale che caratterizza il cinema contemporaneo. Per molti in crisi, per Cousins invece ancora con tanto da dire. "La storia di questo medium è solo all’inizio".

Il cinema delle donne. Alla domanda sul personaggio del passato che avrebbe voluto conoscere, Cousins rispondeva a LinkinMovies.it (clicca qui per leggere l’intervista realizzata un anno fa) Alice Guy-Blaché: regista e produttrice francese, già attiva alla fine del XIX secolo. Un’autentica pioniera. Per questo motivo nome di partenza quando si parla di donne nel cinema, tema centrale del nuovo lavoro documentario dell’autore irlandese, Women Make Film: A New Road Movie Through Cinema, presentato in anteprima alla 75esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia (le prime parti, visto che il progetto si articola in sedici ore). Un film che vuole mettere in risalto, nonostante la sottorappresentanza delle registe di cui si discute tanto oggi, il contributo dato al cinema da importanti autrici. Come già fatto in parte in questo libro da Cousins, con il suo sguardo che va oltre l’industria cinematografica occidentale. Ecco così che trovano spazio nelle pagine del volume l’ucraina Kira Muratova in particolare con Lunghi addii definita "un’opera straordinaria e originale", la ceca Vera Chytilová che in Le margheritine utilizza "un montaggio sperimentale ricco di distorsioni e sovrapposizioni", la belga Chantal Akerman con il suo capolavoro Jeanne Dielman, 23, quai du commerce, 1080 Bruxelles caratterizzato da "una frontalità delle scene radicale e inquietante". Ma nel percorso tracciato da Cousins ci sono anche Lois Weber, la più importante donna cineasta del cinema muto americano, la grande regista tedesca Leni Riefenstahl che al di là dell’adesione al nazismo ha realizzato film tecnicamente sorprendenti, e Agnès Varda che con La pointe courte "aveva contribuito a formare la nouvelle vague". Un percorso che arriva sino a registe emerse negli anni Novanta come la neozelandese Jane Campion e l’iraniana Samira Makhmalbaf.

I grandi italiani. Nel racconto di Cousins non poteva mancare anche una parte importante del cinema italiano. Non solo l’immancabile riferimento al Neorealismo che viene subito in mente quando si pensa al contributo dato alla storia della settima arte dai nostri registi. Prima di soffermarsi sui nomi più influenti del movimento, da Roberto Rossellini a Luchino Visconti e Vittorio De Sica (senza dimenticare il grande sceneggiatore Cesare Zavattini), l’autore irlandese ricorda nella prima parte l’importanza di due film che agli inizi del Novecento portarono significative innovazioni simboliche, La mala pianta di Mario Caserini, e tecniche, Cabiria di Giovanni Pastrano che mostrò al mondo le potenzialità del dolly. Ampio spazio è poi dedicato a Pier Paolo Pasolini, Bernardo Bertolucci, Sergio Leone, Michelangelo Antonioni e ovviamente Federico Fellini: "I registi italiani che cambiarono l’arte del cinema".

Esclusi eccellenti. Ogni libro di questo tipo comporta delle esclusioni che possono far storcere il naso al lettore quando non trova tra le pagine alcuni dei suoi titoli preferiti. Scelte dell’autore, legittime, che nel volume analizzato sono anche conseguenza dell’approccio metodologico. "Mi sono concentrato su quelli che ritengo essere lavori più innovativi di ogni nazione o periodo" specifica Cousins riguardo la selezione dei film citati, circa novecento, nel libro. E confessa ne mancano molti anche di quelli che ama di più. Come L’appartamento di Billy Wilder perché nonostante il suo registro raffinato si tratta di un film meno innovativo di altri prodotti americani coevi e si rifà per diversi suoi aspetti a una miscela di cose già viste in lavori di Lubitsch, Vidor e Chaplin. Tra gli esclusioni eccellenti, sorprendono – per fare due nomi –  le assenze di Frederick Wiseman, maestro del documentario, e di Takeshi Kitano, con il suo personalissimo modo di fare cinema.

"Un libro scritto per un pubblico generalista, ma intelligente". La definizione, dello stesso autore, inquadra in modo semplice e perfetto quest’opera dove si respira prima di tutto un grande amore per il cinema. Cousins con la sua passione riesce a trasmetterlo al lettore, grazie a una prosa accessibile e avvincente ben lontana da fumosità accademiche. Un volume ideale per chi si sta avvicinando allo studio del cinema, "questo è il libro che avrei voluto leggere a sedici anni", ma ricco di spunti interessanti anche per chi ha già buone basi. Un emozionante viaggio che celebra il cinema di tutte le latitudini.


con Mark Cousins



Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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