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Le due vie del destino - The Railway Man - Recensione

La vera storia di Eric Lomax, ingegnere inglese torturato dai giapponesi durante la costruzione della cosiddetta ‘ferrovia della morte’ pone diversi spunti di riflessione sulle inutili violenze compiute in guerra

Ci sono storie talmente crude da non riuscire neppure a ricordarle, esperienze di vita vissuta che lasciano traumi indelebili: Eric Lomax (un ingegnere impiegato nella costruzione della ferrovia tra la Birmania e la Thailandia da parte dei giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale) ha rotto il silenzio e ha raccontato le atrocità patite in prima persona. Colin Firth interpreta il protagonista del film Le due vie del destino - The Railway Man, basato sulla storia di un uomo che ha dovuto affrontare per tutta la sua vita fantasmi legati a quell’esperienza. Accanto a Eric, fino agli ultimi istanti di vita (morì nel 2012, non senza vedere il set del film, diretto da Jonathan Teplitzky) la moglie Patti, della quale veste i panni nel film l’intensa Nicole Kidman.
La pellicola, basata appunto sull’omonimo best seller autobiografico di Lomax, parte dall’inizio della storia d’amore tra i due: un amore maturo, con un matrimonio che avviene quando entrambi sono piuttosto in là con gli anni. Nonostante Eric abbia trovato l’amore, le sue notti sono ancora caratterizzate da incubi, che lo riportano alla memoria di quegli anni terribili. In modo particolare, l’uomo ricorda uno degli ufficiali più spietati e a un certo punto, quasi per compiere una sorta di catarsi, decide di rincontrarlo a distanza di anni per un faccia a faccia finale.

Il continuo viavai di ricordi, che si alterna e si incastra in modo da non far capire subito quando si passa dalla realtà al sogno, è una scelta molto appropriata da parte del regista per far entrare lo spettatore a pieno nella vicenda, ricordando che quell’orrore è sempre dietro l’angolo. La scelta degli attori non è del tutto azzeccata: Colin Firth e Nicole Kidman si calano perfettamente nella parte e ci regalano un’ottima prova di recitazione. Nonostante ciò, pur mettendoci tutta la buona volontà, facciamo fatica a immaginare lui come un ultrasessantenne, specialmente confrontandolo con i coetanei nel film che invece dimostrano (e hanno, anche!) quell’età.

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