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Philomena - Recensione

Stephen Frears dirige la toccante storia vera di una maternità negata con un approccio registico pungente ed ironico esaltato dalle interpretazioni di Judi Dench e Steve Coogan. Cinema per tutti i gusti che non scontenta nessuno, ben fatto, capace di trasmettere le emozioni giuste al momento giusto, eppure...

Ci sono registi che sanno parlare alla testa e al cuore del grande pubblico anche quando affrontano temi scottanti ed ostici. E' il caso di Stephen Frears che con Philomena, in concorso alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia, affronta il lato oscuro della Chiesa attraverso un argomento delicato come la maternità negata, riuscendo a dargli una forma e una sostanza fruibili da un pubblico eterogeneo (dallo 'spettatore della domenica' a quello più cinefilo) in un perfetto equilibrio tra il cinema d'intrattenimento e il cinema di pensiero.
Al centro dell'attenzione la storia vera di un giornalista della borghesia inglese, Martin, e di un'anziana signora originaria dell'Irlanda, Philomena. Lui deve reinventarsi la sua vita in seguito ad un licenziamento, lei vuole fare i conti con il suo passato segnato da una maternità inaspettata che la costrinse da ragazza a rinunciare alla sua giovinezza spensierata e a finire rinchiusa in un convento gestito dalle suore perché considerata una 'donna caduta nel peccato'. Philomena ha un desiderio: ritrovare il figlio che, durante la sua permanenza in convento, fu portato via dalle suore per darlo in adozione ad una famiglia americana. Ad aiutarla ci pensa Martin, che crede di poter sfruttare la ricerca della donna per trarne un profitto professionale. I due partono per gli Stati Uniti alla ricerca del figlio della donna: il loro viaggio avrà sviluppi inaspettati, si scontrerà con le opacità della Chiesa e sarà anche un'occasione per stringere un'amicizia speciale.
Cinema per tutti i gusti che non scontenta nessuno, capace di trasmettere le emozioni giuste al momento giusto: Philomena è un film diretto bene, con una sceneggiatura calibrata a puntino per come alterna drammaticità e ironia e un cast con cui si entra subito in empatia (superlativa Judi Dench, non da meno Steve Coogan).
Si ride dei siparietti comici tra i protagonisti, si riflette sull'ottusità di una Chiesa pronta a sacrificare vite e a reprimere sentimenti sull'altare del proprio dogma religioso, e ci si potrebbe anche commuovere per la tenacia con cui Philomena porta avanti la sua 'lotta', tanto è bravo il regista Frears a maneggiare i vari registri (drammatico, umoristico, introspettivo). Dunque, cosa volere di più? Bastano una regia attenta, una sceneggiatura che non sbaglia una battuta, un cast affiatato? Secondo noi no, se poi un film come Philomena non è in grado di sviluppare un proprio punto di vista, di dare delle risposte di fronte agli interrogativi disseminati lungo il cammino. Frears preferisce non 'graffiare', anzi si nasconde dietro un personaggio che ha una forte presa sul pubblico (Philomena) guardandosi bene dal fornire una visione personale. Alla fine tutti felici e contenti: la religione non ha poi tante colpe perché inconsapevole del male perpetuato e Philomena può dirsi soddisfatta della sua 'caccia' al figlio. 

Philomena finisce quindi per essere un bel compitino, portato a termine con successo ma tutto sommato innocuo. Troppo poco da un regista come Stephen Frears.

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