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Cave of Forgotten Dreams

Una scena tratta da Cave of Forgotten DreamsLa bellezza e la straordinarietà della grotta Chauvet travolgono la lucida poetica allucinata di Werner Herzog. Uno dei documentari più importanti e necessari di tutti i tempi. Il 3D per accedere con pienezza a un documento destinato, altrimenti, ai soli addetti ai lavori

Sia benedetta la scarsa programmazione estiva che fa riesumare questo autentico miracolo cinematografico, uscito per pochi giorni e in poche sale un mese fa ed ora riproposto in alcuni cinema del circuito The Space Cinema.
Werner Herzog, grazie al patrocinio del Ministero francese della Cultura, ottiene il permesso di filmare per una settimana l’interno della grotta Chauvet, lungo il fiume Ardèche, in Francia.
Diciamo subito che il risultato, dal punto di vista squisitamente registico, non colloca quest’opera tra le migliori del regista.
La grotta è lunga 400 metri e il film 95 minuti. Troppi anche valutando la fascinazione e l’effetto ipnotico delle reiterate inquadrature forzatamente obbligate dalle rigide passatoie.
Ma il film non è certo privo di pregi.
La scelta felicissima del 3D, anzitutto, che, per riprendere pitture su rocce sporgenti si rivela fondamentale. Poi ci sono le musiche, neo Popol Vuh, del solito Ernst Reijseger che, ormai, è quasi simbiotico, come poetica, col suo committente. E infine, ma questa non è una novità per il Nostro, la totale assenza d’intenti didattici stile National Geographic.
Grandi assenti, quegli interstizi di assurdo, così algidamente ma con precisa poetica esposti in molte opere di Herzog, sia documentaristiche, sia di fiction.
Forse a causa dei limiti e dei tempi di ripresa ristretti, il film manca dell’idea o della visionarietà che ci si sarebbe aspettati da un autore come lui, magari proprio perché abbacinato da quanto andava documentando,
Perché sì, quello che viene mostrato è una delle cose più belle, potenti, stupefacenti mai viste prima.
Se le pitture rupestri non sono opera di qualche studente buontempone delle Belle Arti, allora, quello che c’è in quella grotta, getta una luce completamente nuova sul mio, almeno, modo di pensare i nostri antenati e il loro rapporto col mondo e gli animali.
Le figure sono disegnate con una tale plasticità ed espressività che non si possono fare risalire a un semplice intento decorativo.
Gli animali parlavano e forse erano tramite, come per i nativi americani, dei messaggeri del Grande Spirito.
O magari, più semplicemente, gli uomini di 30.00 anni fa erano in quell’Eden dove non c’erano separazioni fra le creature, dove la caccia, se presente, non poteva che essere naturale (o sacra), dove c’era la sapienza per dipingere, testimoniare il proprio modo di vivere e la propria civiltà.
Questo film va divulgato e visto ad ogni costo. E’ obbligatorio.
Al cinema.
In 3D.

Vai alla scheda del film




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