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Il gioiellino

La locandinaAndrea Molaioli dirige un film sulla ascesa e la rovina di una grande azienda alimentare, ispirandosi al crack Parmalat e alle sue inchieste giudiziarie. Tra i protagonisti Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum e Fausto Maria Sciarappa

Amanzio Rastelli è il capo fondatore di Leda, un'azienda alimentare a gestione familiare che è diventata una multinazionale quotata in Borsa e in continua espansione verso nuovi mercati, quello che lo stesso manager definisce "un gioiellino". Rastelli, padre padrone dell’azienda, ha messo ai posti di comando i suoi parenti più stretti: il figlio, la nipote, più alcuni manager di provata fiducia ma scorretti e inadeguati a gestire le opportunità che pone il mercato. E infatti il gruppo s’indebita fin quasi alla rovina. Non basta falsificare i bilanci, gonfiare le vendite, chiedere appoggio ai politici, accollare il rischio sui risparmiatori attraverso operazioni illecite. Il crack sembra inevitabile e la fine non può essere più scongiurata.

A quattro anni dal suo primo lungometraggio, La ragazza del lago, thriller di grande successo con cui si è guadagnato molti premi, Andrea Molaioli torna dietro la macchina da presa con una pellicola che affronta le vicessitudini del caso Parmalat. Tra i protagonisti, Toni Servillo, ancora una volta in un ruolo a lui molto caro: l'uomo truffaldino, arido nella sua affettività, laconico nelle parole e dedito solo al lavoro; Remo Girone, il fondatore dell'azienda, autorevole e benevolo che tuttavia nasconde più di qualche segreto oscuro e Sarah Felberbaum nel ruolo della nipote carrierista e avida di denaro.
Girone e ServilloIl gioiellino, sceneggiato dallo stesso Molaioli, coprodotto da Indigo Film e Babe Films, in collaborazione con Rai Cinema, è una storia ispirata al più grande scandalo per bancarotta fraudolenta che ha coinvolto un’azienda privata, il più spaventoso crack finanziario europeo del dopoguerra, con 14 miliardi di euro spariti nel nulla a danno di quasi 100 mila risparmiatori, frutto di bilanci inventati e conti correnti fasulli.  Molaioli, però, mette le mani avanti affemando che non si tratta di un film d'inchiesta o di impegno civile, infatti la forza che scaturisce da quest'opera sta nelle dinamiche relazionali dei protagonisti, in quella costante ricerca che vuole sondare le loro personalità distorte e avide, abbagliate da un'amoralità che stupisce per la spregiudicatezza. Il regista descrive tutto questo senza dare giudizi morali o facili spiegazioni di circostanza. Molaioli sonda l'animo umano dei suoi protagonisti esplorando luci e ombre, pedinandoli e scrutandoli da lontano, senza farsi notare, delineando delle vicende umane e non giuridiche, per rappresentare l'incapacità delle persone di agire secondo coscienza.
Un film crudo, esasperato nelle dinamiche relazionali e tuttavia molto distaccato, quasi freddo nel racconto di una discesa rovinosa, non solo nei numeri e quindi nel business ma soprattutto nella condizione umana. Una sceneggiatura forte e ben strutturata che dà slancio ad una vicenda calibrata nei minimi dettagli, senza per questo diventare troppo ampollosa e difficile da capire. Un bell'esempio di cinema sociale, aperto alla discussione e alla volontà di comprendere le discrepanze dell'animo umano, dove i soldi e il potere sono i protagonisti assoluti.

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