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The Humbling (Venezia 71 - Fuori concorso)

Il regista di Rain Man, Barry Levinson, arruola il divino Al Pacino per narrare la vita vuota di un attore di teatro. Comicità, scene buffe e flash improvvisi costruiscono una pellicola che convince poco

Da Shakespeare a Shakespeare passando per Al Pacino. Su questa relazione si articola The Humbling. In mezzo ci sono l'immaginazione in cui si rifugia Simon Axler, Pacino appunto, che dopo una vita di attore di teatro, tra repliche e personaggi differenti, decide di porre fine alla sua carriera per trincerarsi nella sua casa. Nell'isolamento l'uomo galoppa con la fantasia fino a prefigurarsi che la figlia omosessuale di alcuni suoi vecchi amici, Pegeen, interpretata da Greta Gerwig, bussi alla sua porta portando una ventata di novità e giovinezza nella sua affaticata esistenza. Seppur divisi dall'età e dalle preferenze sessuali, la vita insieme dei due protagonisti cominicia. A costellarla si affacciano i genitori furibondi della ragazza, l'anziana governante di Simon che sistema accuratamente i vibratori della ragazza, il passaggio in casa delle amanti di Peggen e le sue vecchie fiamme, ora divenute uomini. Simon rimane sconvolto da tutta questa vita e dopo innumerevoli conversazioni fiume con il suo psichiatra su Skype, decide di tornare in scena con Re Lear, nella speranza di affascinare e ammaliare ancora il pubblico.
Immaginazione e realtà. Cosa realmente raffigura la mente del protagonista e cosa accade davvero? In che modo e perché Simon utilizza il sogno per materializzare i suoi desideri e ricostruire la sua vita da uomo a cui non si è mai realmente interessato?
Barry Levinson gioca su questi piani, incollandosi al protagonista che prende vita nella convincente interpretazione di Al Pacino. L'attore è un istrione capace e intenso che camminando dinoccolato, con occhi vitrei, sbarrati e allucinanti, si sottomette alla fatica di vivere fuori dal teatro, creando situazioni divertenti. The Humbling è tutto questo, ossia la volontà del regista di proporre il talento di Pacino, a discapito della storia, della riflessione e dell'analisi del binomio realtà-fantasia che dovrebbe dominare la pellicola. Il volto sconvolto dai flash dell'immaginazione di Simon e i suoi dialoghi con la giovane amante sul suo presente e futuro che in realtà sono dei monologhi perché la ragazza sembra non esistere, non sono sufficenti a soddisfare cosa divide il vero dal sogno, ma anzi creano maggiore confusione.

Il pubblico, dunque, si abbaglia dell'intramontabile stella di Pacino e porta fuori dalla sala dubbi davvero amletici soprattutto in merito al modo in cui la vita di un attore può svuotarsi e apparirre senza alcuno scopo dopo anni passati a interpretare soggetti differenti. Per fortuna che a questo dilemma risponde efficacimente Shakesperare con le sue opere.

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