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L'uomo d'acciaio - Recensione

A sette anni da Superman Returns, la saga dell'Uomo d'Acciaio riparte da capo, con un nuovo cast e un universo completamente rinnovato da Zack Snyder e Christopher Nolan che però lasciano l'amaro in bocca...

 


Zack Snyder si è fatto largo nel cinema quasi da subito con pellicole tratte da graphic novel, come 300 o Watchmen, facendosi quindi strada nel mondo del cinecomic, e nel 2010 ha firmato per dirigere un reboot per la saga di Superman. A distanza quindi di sette anni da Superman Returns, la saga riparte da capo, con un nuovo cast e un universo completamente rinnovato. Più vicino agli ultimi film di Batman che al Superman di Bryan Singer, si nota da subito il tocco di Christopher Nolan nel soggetto. Ma al contrario della trilogia di Nolan, questo film non riesce a partire bene.
Dopo un prologo ambientato sul pianeta Krypton in cui ci vengono presentati Jor-El, Lara Lor-Van, il neonato Kal-El e il cattivo del film, il generale Zod, l’azione si sposta sul pianeta Terra, concentrandosi su Clark, ormai cresciuto, che si è imposto un esilio forzato da Smallville in quanto la gente inizia a vederlo con sospetto per aver usato più volte i suoi poteri in pubblico. Ed è qui che partono i problemi. Il film alterna infatti la vita di Clark nel presente con dei flashback, volti a mostrare il rapporto con il padre adottivo Jonathan Kent, interpretato da Kevin Costner. Ma questi momenti, anche parecchio lunghi, spezzano il ritmo del film, lo rendono monotono, dando quell’idea di già visto da blockbuster di successo. Sembra quindi che dopo le speranze che il prologo dà, con un’introduzione d’effetto dei personaggi principali e una narrazione efficace, il film si perda, non riuscendo a riprendersi al massimo.
I personaggi sono altalenanti. Lo spazio dato a Jor-El è enorme nonostante non se ne senta il bisogno, ma per fortuna Russell Crowe gli dà il giusto spessore. Anche il generale Zod, nel suo tentativo di ricreare Krypton, convince nel complesso. Il problema principale è però proprio l’Uomo d’Acciaio. Perché Superman, anche se è oramai un’icona riconosciuta a livello mondiale, non riesce ad ottenere una buona caratterizzazione cinematografica: non colpisce, e anzi molte delle azioni che compie durante la pellicola non approfondiscono la psicologia del personaggio e sembrano animate da dinamiche senza un preciso filo logico. Il film riesce così a divertire decisamente di più chi non conosce molto o niente della storia di Superman, ma risulta indigesto ai fan di vecchia data.

L’uomo d’acciaio
è quindi un film che parte da un’ottima premessa per poi risolvere tutto a suon di pugni, trasformando Superman, un personaggio che meriterebbe una caratterizzazione profonda e ben più definita, in un Hulk che risolve i problemi menando le mani in continuazione. C’è da dire però che le scene d’azione sono girate molto bene, e riescono comunque ad intrattenere. Un discorso a parte va fatto per il 3D, completamente trascurabile e che, tranne in 2 o 3 scene, non si fa notare per niente, facendo quasi dimenticare di indossare quei fastidiosi occhialini per vedere le immagini sul grande schermo. Vanno segnalati un paio di easter eggs che indicano quale potrebbe essere un eventuale villain del seguito, già commissionato dalla Warner Bros: ci riferiamo alle immagini del palazzo della LuthorCorp e a un indizio che potrebbe far pensare ad un eventuale universo condiviso tra i film DC, come già fatto dalla Marvel da molto tempo, e che mostra il logo della Wayne Enterprises su un satellite distrutto durante uno scontro.

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