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Un enfant de toi (Festival di Roma 2012 - Concorso)

Una immagine tratta da Un enfant de toiI bambini salveranno il mondo. Ce lo auguriamo tutti, sicuramente però, non ne basterà una a salvare il film di Jacques Doillon

Aya (Lou Doillon) e Louis (Samuel Benchetrit) hanno una figlia di sette anni, Lina (Olga Milshtein), ma la loro relazione è finita da molto tempo. Entrambi si sono costruiti una vita, la madre della piccola convive con Victor (Malik Zidi) che vorrebbe avere un figlio da lei, mentre Louis è fidanzato con Gaëlle (Marilyne Fontaine) ma nessuno dei due vede nell’altro la sua anima gemella. Gli ex si frequentano da amanti con il beneplacito, più o meno convinto, dei compagni attuali, e provano a recuperare una passione eclissata dal tempo.
Ancora i cugini d’Oltralpe non si sono rassegnati all’idea della monogamia. Proprio non riescono a digerire il fatto di tenere le proprie pulsioni in un solo letto, ma ancora di più, nel lavoro presentato in concorso alla settima edizione del Festival del Film di Roma, i due protagonisti sentono un irrefrenabile bisogno di parlare e parlare e, ancora parlare di se stessi e del loro rapporto.
Un enfant de toi è un dialogo di centoquaranta minuti tra due persone che non desiderano altro che tornare insieme e starci finché, come il pubblico, non avranno la mente satura del loro infinito flusso di coscienza.
La presenza del personaggio femminile, Aya, è ingombrante, non soltanto per la parte affidata all’attrice ma per lo stesso modo in cui viene presentata nello schermo. Un sorriso costantemente esibito, il tentativo di stimolare una seduzione che proprio non convince. Lou Doillon restituisce una donna isterica e lunatica, di quelle che se le conosci le eviti, mentre qui è incredibilmente contesa tra due uomini che non potrebbero essere più diversi. 
L’unica nota  a favore è Olga Milshtein che, grazie alla spontaneità infantile, sdrammatizza le annose questioni poste dai genitori e si chiede, più volte, se non siano tutti impazziti. Applausi quindi per l’interpretazione dell’enfant prodige, nei panni di Lina. Il resto del cast che mette in scena un’onda di discorsi sfiancanti da evitare in caso di sonnolenza, induce soltanto a iniettarsi una tripla dose di caffè espresso. 
 
Jacques Doillon firma dunque un film evitabile che non ha niente di introspettivo e si presenta solo come il capriccio irritante di tre adulti che si comportano come dei ragazzini maleducati.  
 
 
 
 
 

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