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Intervista a Roger Lee

A tu per tu con una delle figure più importanti del cinema hongkonghese, collaboratore di registi del calibro di Tsui Hark, John Woo e Ann Hui, con la quale ha esordito anche come sceneggiatore del film A Simple Life, basato sulla sua vita

In una bella giornata invernale abbiamo incontrato a Londra, nel salotto dell'Hong Kong Economic and Trade Office, il produttore Roger Lee, poco prima che volasse a Varsavia per presentare il film di Ann Hui, Our Time Will Come, che ha aperto la undicesima edizione del Five Flavours Film Festival e la retrospettiva sulla regista.
Roger Lee è una figura prominente del cinema storico di Hong Kong, avendo collaborato con registi del calibro di Tsui Hark, John Woo e Ann Hui, con la quale ha esordito anche come sceneggiatore del film A Simple Life, basato sulla sua vita.
Cordiale ed allegro, la sua risata contagiosa interrompe spesso i suoi racconti. Abbiamo parlato della sua carriera, del suo film più personale, A Simple Life, del nuovo Our Time Will Come e delle speranze e promesse del cinema di Hong Kong.

Cominciamo dai suoi inizi. Cosa l’ha avvicinata al cinema? Se non sbaglio i suoi studi non avevano nulla a che vedere con quel settore…
Sì, veramente non sono mai andato alla scuola di cinema. Ho studiato per diventare commercialista, a New York e San Francisco, ma ho sempre voluto essere coinvolto nell'industria cinematografica. Facevo dei Super8 e con quelli nel mio portfolio sono andato in cerca di lavoro finché un mio amico mi disse che una stazione TV del governo cercava un assistente di produzione e fui assunto lì. Quando in seguito il mio capo andò a lavorare agli Show Brothers Studios mi portò con lui. Dopo un po’ che ero lì, Tsui Hark iniziò a cercare un commercialista per la sua Film Workshop e così sono finito a fare il General Manager per lui per tre anni. Era il picco della produzione della Film Workshop, quando venivano prodotti film come Once Upon a Tima in China, Chinese Ghost Story, A Better Tomorrow III. Dopo tre anni sono andato alla Golden Harvest dove ho lavorato per Final Option, Summer Snow di Ann Hui, ecc... Sono stato lì per 10 anni. Quindi per rispondere alla sua domanda, sono partito dalla parte finanziaria della produzione e mi sono fatto le ossa così.

Come è passato dalla produzione allo scrivere il soggetto di A Simple Life?
È stato strano, a quel tempo lavoravo con John Woo sul film Red Cliff, ci lavoravamo da ben 4 anni, 1 anno pre-production, 1 anno production, 1 anno post-production, 1 anno distribuzione, un film enorme! Durante quel periodo la mia tata Tao Jie morì e avevo voglia di commemorarla visto che era stata con la mia famiglia per oltre 50 anni, e ho pensato che sarebbe stato anche un modo di liberare la mente da quel colosso di Red Cliff. Inizialmente doveva essere una cosa per la televisione, ma lo mostrai ad Ann (Hui) e lei disse che era interessata a farne un film, così scrissi un po’ di più con l’aiuto di uno sceneggiatore professionista ed ecco come A Simple Life è venuto alla luce.

E da quel punto in poi è stato difficile trovare gli attori e mettere insieme il film?
Oh, assolutamente no! Deve essere stata la mia tata che dall’alto ci benediva (ride). Ann mostrò la sceneggiatura a Deanie Ip e Andy Lau ed entrambi dissero di sì immediatamente, loro erano la nostra prima scelta e addirittura Andy (Lau) disse che lo avrebbe prodotto, anche da quel punto in poi non abbiamo incontrato nessun problema, tutto incredibilmente facile.

E il film poi è stato un grosso successo!
Sì, è una cosa che non avrei mai immaginato!

Un film che mi ha toccata molto perché avevo anch’io una tata come Tao Jie, e che è stata con la mia famiglia per quasi 50 anni.
Oh, davvero? Cinesi e italiani hanno molte cose in comune (ride), amiamo il buon cibo e la famiglia. Nel film si vedono molte scene a tavola, cosa che in molti mi hanno fatto notare, ma questo è normale, è quello che facciamo e di cui abbiamo bisogno, è il legame con il cibo e la sua preparazione con cui esprimiamo l’affetto. La madre prepara il cibo per i figli e Tao Jie mi preparava dei buoni manicaretti e questo era il suo modo di comunicare il suo affetto per me. Penso che sia molto simile in Italia, il concetto di cibo strettamente legato alla famiglia. Sono stato piacevolmente sorpreso di vedere come il film fosse ben ricevuto in Italia. Al Festival di Venezia, mi è sembrato che avesse abbattuto le barriere di linguaggio e che il pubblico avesse veramente capito il film. Un linguaggio universale, ma anche piuttosto originale perché non credo ci siano molti film in giro basati su una domestica.

Anche un bell’omaggio a queste donne che hanno completamente dedicato la loro vita al lavoro.
Sì, infatti dopo il film ho scritto anche un testo per il teatro con il titolo Le Amah (il nome cinese delle tate), sulla vita di 3 amah che rimangono nubili e diventano molto amiche fra loro. Era infatti tradizione che queste donne non si sposassero e rimanessero nelle famiglie, e la piece era basata su personaggi reali, ho fatto molte interviste, a circa 40 o 50 di queste donne. Tutte queste donne erano arrivate in Hong Kong negli Anni ’50 e ’60 dalla Cina, spesso analfabete e con poche carte da giocarsi. Negli anni seguenti le donne hanno avuto più possibilità di trovare lavoro, magari in fabbrica, e di decidere di non andare a servizio. Ora le donne possono scegliere ma in quegli anni no, era molto dura la vita per loro, soprattutto se analfabete come Tao Jie. La piece teatrale è stata accolta molto bene.

Immagino che la produzione di Our Time Will Come sia stata molto più impegnativa di A Simple Life dal punto di vista logistico, ma per quanto riguarda il suo coinvolgimento emozionale?
Beh, prima di tutto A Simple Life è stato girato nella mia casa, quindi il mio coinvolgimento era totale. Durante tutto il giorno si girava e solo quando finalmente tutti se ne andavano potevo rilassarmi e dormire nel mio letto. È un piccolo appartamento e circa 40 persone andavano in giro dentro e fuori tutto il giorno. Vedere il mio spazio preso d’assalto così è stato molto duro.

C’è qualche altro ruolo nell’industria cinematografiche che vorrebbe provare? Forse la regia?
In realtà ho già diretto un documentario, sempre sul soggetto delle amah e ho anche scritto un’autobiografia che è stata tra i 10 libri più venduti. Quindi dopo A Simple Life ho fatto un po’ di tutto!

E qual è quindi il ruolo che le è piaciuto di più?
Lo scrittore teatrale è quello che mi ha divertito di più e ora sono molto interessato nella produzione teatrale più che cinematografica. Sto scrivendo un musical al momento, sarà pronto nel 2019 e il soggetto sono dei giovani studenti di Hong Kong che hanno problemi con gli studi. Sto imparando anche questo, non è mai troppo tardi!

Come è stato coinvolto in Our Time Will Come?
Beh, io ho un rapporto professionale a lungo termine con Ann Hui. Non mi ha chiamato per The Golden Era (il film tra A Simple Life e Our Time Will Come) perché era un lungo progetto e girato tutto in Cina e Ann sa che non volevo lasciare Hong Kong per lungo tempo. Ma siamo sempre stati in contatto e anche se non ero direttamente coinvolto, l’ho visitata spesso sul set di The Golden Era e ho dato tutto il mio appoggio. Ma Our Time Will Come era più adatto a me perché girato in parte a Hong Kong e in parte nel Sud della Cina, a sole poche ore di macchina, quindi molto facile per me. Sono stato molto coinvolto nella ricerca e ho intervistato moltissimi veterani della Seconda Guerra Mondiale.

A proposito della ricerca ci può dire come il film (Our Time Will Come) è stato concepito?
Ann aveva letto delle storie sui partigiani di quella che veniva chiamata la East River Brigade ed era stata molto intrigata da queste persone, che in realtà non erano mai state apertamente riconosciute, nonostante il loro contributo, né in Cina né a Hong Kong. Per varie ragioni il lavoro della East River è stato insabbiato. Da una parte i britannici non volevano metterli in luce perché erano comunisti, e li hanno tenuti nell’oscurità fino all’Handover del 1997, e dall’altra parte la Cina non voleva riconoscere i meriti di nessun honkonghese che avesse fatto il lavoro per loro. Così nessuno aveva dato alcun riconoscimento a questi uomini coraggiosi e nessuno ne sapeva nulla, solo dopo il 1997 si è cominciato a parlarne, ma non c’era nessun film su di loro e Anna ha pensato che fosse una buona idea e anche una parte importante della storia di Hong Kong che andava raccontata.

Era stato pianificato il fatto che il film fosse pronto proprio in contemporanea con i festeggiamenti per i 20 anni dall’handover?
In realtà non era stato concepito come un film celebrativo, è una coincidenza, ma molti, vedendo il film hanno pensato che fosse particolarmente rappresentativo di Hong Kong e quindi è diventato parte delle celebrazioni.

Come è stato coinvolto il cast?
La prima ad essere coinvolta è stata Deanie Ip. Ann disse che non avrebbe fatto il film senza di lei, era una condizione imprescindibile, poi Zhou Xun, lei era interessata a lavorare con Ann da molto tempo, quindi ha accettato immediatamente. Per la parte che è di Eddie Peng la nostra prima scelta era stata Wu Jing e lui avrebbe voluto, ma al tempo stava girando Wolf Worrior 2. Peccato che il tempismo non abbia funzionato, ma Eddie Peng è molto popolare con il pubblico femminile (ride). Poi è venuto Wallace Huo che è un bravo attore taiwanese. Con Tony Leung Ka-fai non è stato difficile, le sue scene sono state girate tutte in un giorno e lui era molto contento di collaborare. Alla fine è stato addirittura nominato Best Supporting Actor per quel piccolo ruolo!

E ci sono anche molte altre piccole parti o cameo di attori famosi.
Oh sì, Ann è diventata come una specie di grande nonna e quando nonna chiede nessuno può rifiutare (ride). In realtà tutti fanno carte false per far parte dei film di Ann!

Ci può dire come è stata ottenuta la bellissima Hong Kong deserta degli Anni ‘40? Una ricostruzione in studio?
Niente è stato girato in studio, quasi tutto è stato ricostruito nel Sud della Cina, in un villaggio, mentre gli edifici coloniali che nel film sono il quartier generale giapponese, quelli sono a Hong Kong, degli autentici edifici britannici usati durante la Guerra e ora edifici governativi. La parte della campagna è a Nord della città, nei New Territories. Ma la casa dei Fong e le strade intorno, quella è una cittadina cinese a tre ore di pullman da Hong Kong. Quelle case sono tuttora abitate, abbiamo spostato le persone in albergo durante le riprese.
Per quanto ben fatte, le ricostruzioni in studio si vedono sempre, la luce è diversa e manca la sensazione che qualcuno ci viva veramente e poi anche per gli attori è diverso e più coinvolgente se recitano in luoghi reali. Anche in A Simple Life era tutto vero, la mia casa, la casa di riposo con tanto di reali residenti.

Ricordo che lessi della meticolosa ricostruzione di Danang in Cina, basata su testimonianze e foto, per il film Boat People.
Certo, Ann opta sempre per il realismo totale.

Our Time Will Come è stata una produzione molto più impegnativa di A Simple Life, ma come la paragona alle sue passate esperienze di grosse produzioni, tipo Red Cliff?
Oh! Red Cliff è stato 10 volte più grande e costoso, Ann è molto precisa nel modo in cui lavora e niente tempo o denaro vanno sprecati. Lei è sempre in tempo, se non in anticipo, con il programma. Fa sempre un ciak o due solamente.

Il sogno di ogni produzione, insomma!
Sì, ma questo ha dei lati positivi e negativi al tempo stesso. Mette molta pressione sugli attori e sui tecnici perché sanno di non avere molte possibilità di ripetere. Ann pensa che gli attori diano il meglio nei primissimi ciak e quindi mette molta attenzione nella preparazione, tutti devono essere pronti e sapere cosa fare. E Ann non cambia mai la sceneggiatura, al contrario di John Woo! Lui cambia ogni giorno, è un pazzo, ma è molto divertente lavorare con lui.

Lei e Ann avete lavorato insieme per quasi 20 anni, come è cambiata in questi anni?
Ann è rimasta uguale secondo me, anche il suo modo di lavorare è rimasto uguale. Ora che è più matura (Ann Hui ha 70 anni) potreste pensare che abbia rallentato il ritmo, invece neanche un po’, è un treno a vapore, è fantastica per la sua età, gira tranquillamente di notte per intere settimane senza problemi! Fisicamente è tale e quale a 20 anni fa. Inoltre io la trovo sempre molto sicura di quello che fa e di conseguenza è molto facile lavorarci assieme.

In che modo Ann Hui è diversa da altri grandi registi della stessa generazione con cui lei ha lavorato, come Tsui Hark e John Woo?
Tsui Hark e John Woo sono della stessa razza. Sono due registi molto spontanei ed estemporanei nel modo in cui lavorano. Tsui Hark è abituato a cambiare costantemente la sceneggiatura, fare l’editing nello stesso giorno e in caso rigirare scene che non funzionano. Lavora così giorno per giorno guardando il materiale. Mentre Ann sa esattamente come vuole le scene e come sono composte e non ha bisogno di questo costante riguardare e cambiare. Mentre John (Woo) ha delle visioni grandiose, una volta c’erano 40 telecamere in contemporanea, quindi non può fare quel gioco di editing che fa Tsui Hark, ma il montaggio finale di tutte queste riprese è fondamentale.

Qual è il suo consiglio per chi vuole intraprendere la carriera di produttore e crede che come lavoro sia cambiato in questi anni recenti?
Bisogna avere molte connessioni e contatti nell’industria cinematografica e poi bisogna essere disposti a non avere una vita privata ed essere svegliati sempre a notte fonda per qualsiasi problema (ride). Ultimamente a Hong Kong siamo più coinvolti con la Cina e grossa parte del nostro lavoro è diventata il saper cercare e riconoscere investitori in Cina. C’è molto denaro in circolazione, molti che vengono a dirti che hanno un milione di dollari da investire in un film e poi magari il giorno dopo sono in prigione (ride). Bisogna saper riconoscere la sincerità degli intenti. Molti, pur non avendo alcuna esperienza nel settore, vogliono investire nei film.

E infine qualcosa sul panorama attuale per i giovani registi hongkonghesi. Non trova che ci siano dei segnali di miglioramento, come il successo di film fatti e girati ad Hong Kong e dal 'sapore' locale, come Mad World, Paradox, Chasing the Dragon?
Decisamente! Prima di tutto Fresh Wave Festival e il First Film Fund del governo offrono una piattaforma ai giovani registi e poi c’è un significativo spostamento di registi della vecchia generazione verso la produzione. Per esempio Peter Chan ha prodotto This Is Not What I Expected e Soul Mate, Derek Yee sta producendo Somewhere Beyond The Mist, Wong Kar Wai ha prodotto See You Tomorrow e Johnnie To, oltre a produrre Trivisa, è il chairman del Fresh Wave Festival. Ce n’è un gran bisogno, tutto questo non fa altro che aiutare il cambio generazionale e aiuta i giovani registi emergenti a coinvolgere grossi attori (vedi Mad World) e con grossi nomi è più facile finanziare progetti nuovi. Tutto è correlato in un circolo virtuoso. E questo è quello che sta accadendo ora a Hong Kong.

I miei ringraziamenti a Roger Lee per la disponibilità ed allegria, a Emilia Skiba del Five Flavours Film Festival per aver facilitato l’incontro, agli uffici e staff dell'Hong Kong Trade Office per l’ospitalità e ad Andrew Heskins di easternkicks.com per aver condiviso parte dell’intervista.



Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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