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Incontro con Nicolas Winding Refn per My Life Directed By Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn ha inaugurato la nuova serie di masterclass organizzata dalla Fondazione Cinema per Roma. Il regista danese, in occasione dell’incontro col pubblico, ha parlato del suo lavoro e dei suoi progetti (tra cui The Neon Demon), presentando il documentario My Life Directed By Nicolas Winding Refn, curato dalla moglie Liv Corfixen

All’interno della sala Auditorium del MAXXI a Roma, il regista Nicholas Winding Refn ha tenuto la prima delle masterclass che la Fondazione Cinema per Roma (presieduta da Piera Detassis) ha organizzato nell’ambito del progetto CineFest. Si tratta di un grande contenitore di eventi e iniziative voluto per rilanciare e sostenere il cinema nel Lazio, attraverso un’attività di durata annuale che si svolgerà su tutto il territorio, e che si andrà ad affiancare alla Festa del Cinema (in programma quest’anno dal 16 al 24 ottobre).
Il cineasta danese è stato quindi l’ospite di apertura del nuovo format di incontri che si svolgeranno con frequenza periodica nell’area della Capitale, e che porteranno all’attenzione del pubblico alcuni grandi autori contemporanei. Moderatore per l’occasione il critico cinematografico Mario Sesti (coordinatore artistico della Commissione di selezione della Festa), che ha anche presentato il documentario My Life Directed By Nicolas Winding Refn, girato da Liv Corfixen (moglie di Refn).

Il documentario. La pellicola offre uno spaccato interessante sulla vita privata del regista, seguendolo durante i mesi trascorsi con la sua famiglia a Bangkok per le riprese di Solo Dio Perdona (2013). La Corfixen riprende il marito dai primi giorni sul set fino alla presentazione ufficiale del film al Festival di Cannes, immortalando tutte le sue manie, ossessioni, aspettative e frustrazioni. C’è ovviamente molta intimità e complicità nel ritratto familiare che ne emerge, ma è proprio questa componente domestica (su cui si indugia spesso) che perde presto valore, finendo col togliere spazio e visibilità all’analisi del processo creativo vero e proprio. La narrazione appare superficiale, carica di dettagli inessenziali e incapace di approfondire le tematiche più importanti, offrendo in definitiva un resoconto poco significativo sull’autore. Forse, come si evince dal titolo, la personalità del regista danese è talmente forte da condizionare non solo la vita della compagna, ma anche il suo modo di documentarla. Ed infatti alcune sequenze soffrono di una mancanza di naturalezza che scade a volte in un’artificiosità inattesa. L’aspetto più appassionante è sicuramente quello relativo all’approccio lavorativo di Refn, specialmente per quanto riguarda la sua volontà di girare in ordine rigorosamente cronologico. La pianificazione delle scene viene presentata come una partita a scacchi in cui l’autore sfida il pubblico, con un risultato costantemente in bilico. Questa tensione è mostrata esplicitamente nella pellicola, raccontando il disagio di Jang (così viene chiamato Refn dai conoscenti più stretti) nel confrontarsi col giudizio della critica e degli spettatori dopo il successo ottenuto con Drive. Solo Dio Perdona è sicuramente un prodotto travagliato, che non convince fino in fondo lo stesso regista. Momenti di sconforto si alternano ad altri di maggiore entusiasmo, in un tragitto complesso attraverso le difficoltà produttive e le crisi di ispirazione. In questa parte emergono alcuni particolari rari e preziosi sulla concezione artistica del grande cineasta: l’attenzione per le musiche, il confronto con gli attori (da Kristin Scott Thomas a Vithaya Pansringarm) e i tecnici, il bisogno di imporre una concezione personale di Cinema. Si rivela poi la fitta rete di legami che l’autore coltiva, dall’amicizia con Ryan Gosling a quella quasi spirituale con Alejandro Jodorowsky. Non mancano i momenti divertenti, come la partecipazione a un evento thailandese al solo scopo di raccogliere fondi per la produzione, o la lettura delle recensioni negative dopo la proiezione del film sulla Croisette.
My Life Directed By Nicolas Winding Refn offre sicuramente uno sguardo singolare su un personaggio eccentrico come Refn, ma non riesce a metterne a nudo la sua natura più intima. Forse proprio l’estrema vicinanza affettiva di Liv Corfixen impedisce al documentario di avere quella incisività necessaria per offrire uno sguardo penetrante sulla vita e l’arte dell’autore danese.

The Neon Demon. Fortunatamente la masterclass ha permesso un confronto più approfondito col regista. Mario Sesti è partito proprio dagli spunti offerti dalla pellicola per cercare di approfondire con continuità quanto visto sullo schermo. Refn ha confermato di sentirsi a disagio nell’essere messo a nudo davanti alla telecamera (“È come spogliarsi e scoprire di non essere affatto sexy”, ha detto scherzando), ma non ha dato un vero giudizio sul lavoro della moglie, limitandosi ad accettare il film così come la compagna lo ha voluto realizzare. Lui stesso ha sottolineato come questo non sia un documentario su di lui, ma piuttosto una confessione su come sia vivere con lui. La componente femminile è infatti preponderante nella sua vita (ha anche due figlie piccole), e ne costituisce un elemento fondamentale: Refn ama le donne e le considera più interessanti della controparte maschile, passione che condivide (ammette ridendo) con Ryan Gosling e che lo ha portato a indagare spesso i rapporti fra i due sessi. L’arte stessa, secondo il regista danese, segue dei meccanismi femminili, così come la violenza che racconta abitualmente nelle sue pellicole. Il suo prossimo lavoro (The Neon Demon) si inserisce proprio in questo contesto: un cast composto principalmente da attrici e una trama incentrata sull’ossessione della bellezza. Tuttavia non sono emersi molti altri dettagli, se non per il fatto che non si tratterà di un semplice horror come molti hanno ipotizzato. Refn ha invitato a non fidarsi delle classiche definizioni dei generi, lasciando quindi intendere che il progetto possa porsi fuori dagli schemi più tradizionali. Ci sono state anche parole d’elogio per la giovane Elle Fanning, fra le protagoniste dell’attesissima pellicola, che presumibilmente affronterà molti dei temi ricorrenti dell’autore.

Il processo creativo. Le poche indiscrezioni trapelate su The Neon Demon confermano come la creatività sia per il cineasta un atto sessualizzato: la fase di produzione di un lungometraggio è assimilabile a quella di un vero e proprio processo erotico, che procede dall’artista verso lo spettatore. Inevitabile, quindi, non pensare in termini psicoanalitici ai risvolti di una simile visione sensuale dell’arte. Ed in effetti Refn stesso ha confidato di vedere il Cinema come un percorso curativo, una sorta di terapia (quella vera non ha funzionato a suo dire) per affrontare le proprie manie e debolezze. Il processo creativo è in sostanza una lotta continua contro se stessi e gli altri: una estenuante e prolungata battaglia fra passioni opposte e fortissime. Il regista è quasi una personalità bipolare che alterna momenti di assoluta esaltazione ad altri di profondo sconforto. Proprio come visto nel documentario della Corfixen, infatti, emerge frequentemente la dualità conflittuale che segna l’attitudine lavorativa dell’autore: nascondere le proprie debolezze e i momenti di crisi è un sacrificio necessario per procedere alla realizzazione di ogni pellicola. Molte persone dipendono dalla tenacia con cui questa fermezza viene portata avanti, ed ecco perché per Refn l’arte è un qualcosa di schierato, di militante: bisogna procedere comunque, avanzare marciando come soldati. Tutti si aspettano risultati e occorre conseguirli anche a costo di mentire, anzi, l’artista mente continuamente pur di raggiungere il suo obiettivo.
Proprio su questo aspetto il regista danese rivela come la sua visione del Cinema sia cambiata rispetto agli esordi di carriera. Le prime pellicole sono state realizzate per soddisfare in una certa misura il proprio ego (scherzando Refn sostiene che da giovane sognava addirittura di vedere un paese portare il suo nome), una forma di narcisismo in cui vanità e ricerca di fama alimentavano costantemente il processo creativo. Tuttavia la creatività segue logiche diverse da quelle che possono decretare il successo: il cineasta lo ha capito a sue spese, constatando come si sia trovato a dipendere in maniera sostanziale dalle opinioni e dal giudizio degli altri. Questo continuo bisogno di riconoscimento segna ancora in parte l’autore (come appare evidente nelle sequenze più intime di My Life Directed By Nicolas Winding Refn), che oggi però ha meno difficoltà a emanciparsi dalle aspettative di critica e fan.

L’ossessione per il tempo. La sola cosa che interessa adesso al regista è avere il totale controllo creativo sui suoi film: ciò implica ovviamente una pianificazione molto serrata delle fasi produttive e dei periodi di riprese. Il tempo è infatti un’altra delle grandi ossessioni di Refn, una costante che ritorna spesso anche nella sua filmografia. Non è un caso che l’autore preferisca sempre girare in ordine strettamente cronologico. Questa scelta gli consente di poter far evolvere il film durante le fasi di realizzazione, conferendogli una plasticità dinamica sia stilistica che narrativa. Difficilmente tutte le idee vengono riportate nella prima versione della sceneggiatura: l’ispirazione estemporanea gioca un ruolo essenziale nella valorizzazione della scrittura iniziale, soprattutto grazie alla stimolazione e alle suggestioni prodotte dal set, dagli attori e dalle maestranze coinvolte. Ad esempio, come ha raccontato lo stesso autore, la famosa scena dell’ascensore in Drive è il risultato di un’idea avuta durante le riprese, e che non era presente nella storia originale.

Il pubblico. Forse è proprio questo approccio contemporaneamente anarchico e rigoroso che conferisce alle opere del cineasta danese un fascino particolare, accrescendone l’attrattiva verso il pubblico. Il suo scopo è quello di provocare costantemente lo spettatore, a volte anche quasi fisicamente, in modo da catturarne l’attenzione e aumentarne la partecipazione emotiva. Si tratta di una sorta di rituale perverso con cui l’autore rende partecipe lo spettatore della sua inquietudine artistica.
Il Cinema diviene quindi in definitiva un esorcismo collettivo con il quale l’autore si libera della sua possessione creativa per donarla al grande pubblico. Questo è forse l’unico modo per riuscire a cogliere i dettagli di una personalità sfaccettata e difficile da decifrare come quella di Refn.

In attesa di vedere nelle sale The Neon Demon, la masterclass ha regalato molti momenti preziosi al pubblico accorso all’incontro. I fan più affezionati non sono rimasti delusi, mentre chi ancora si sta avvicinando con curiosità al cinema del giovane danese ha trovato di sicuro nuovi spunti per approfondire ulteriormente la filmografia.



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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

1 commento

  • Jessy H.
    Jessy H. Lunedì, 13 Luglio 2015 12:20 Link al commento Rapporto

    Grande stima per questo regista che però si sta perdendo un po' per strada, forse le troppe lodi per Drive gli hanno fatto male. Il documentario della moglie non è molto interessante, merita una visione per chi è un maniaco del regista.

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