Extra cinema: speciali, interviste, approfondimenti e rubriche

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniExtra cinemaMichael Haneke: frammenti di specchio

Michael Haneke: frammenti di specchio

una immagine di michael haneke frammenti"I miei film sono una sorta di consapevole omissione del lato bello della vita": così dice Michael Haneke della propria opera e queste poche parole bastano a cogliere il senso ultimo del suo Cinema. Le pillole di sequenze che seguono, tratte dalla sua filmografia, non hanno senso estrapolate dal contesto (e con lui più che mai), ma forse possono incuriosire chi ancora è a digiuno di questo grande regista austriaco, dotato di rara lucidità, e spingerlo verso l'opera intera. Una cosa è certa: al contrario di molti suoi colleghi, Haneke, vivaddio, non fa uso di vaselina, quindi, se vi piace il cinema lubrificato, cercate altrove, non qui

Il cinema sismico di Michael Haneke scuote la terra sotto i piedi – la poltrona di sotto al culo – e costringe a pensare, pensarsi, riflettervisi dentro, quasi ci fosse uno specchio sullo schermo ove scorrono le immagini. Qualsiasi cosa sia in scena, la faccia dello spettatore è sempre lì, riflessa, che vede se stessa guardare. Così ci si interroga su ciò che si sta vedendo e sul proprio ruolo di voyeur e masticatori di celluloide. Nei suoi film, Haneke, lucido, glaciale, chirurgico, gioca una partita con il pubblico, anzi una vera e propria battaglia e, credo, ci si diverta pure. Lui usa trucchi, bara e te lo mostra, poi taglia, interrompe e stacca per obbligarti a rispondere al fuoco.
E’ un cinema, il suo, tutt'altro che consolatorio, senza abbracci rassicuranti, né lusinghe. Però penetrante come pochi.
Ciò che gli sta a cuore (realtà, immagine, rappresentazione della violenza, domande) lo ripete lui stesso nelle varie interviste:
 
 "Se il film vuole essere un’opera d’arte, si deve occupare della realtà e delle sue tante apparenze frammentarie e deve essere impegnato a dare espressione artistica e cinematografica alle esperienze di ogni giorno, che ricordano tanti shots di un film. I tagli improvvisi che uso nei miei film, e che eludono ogni tipo di spiegazione, sono un tentativo di dar forma a questa vicinanza con la vita".

Pressoché tutti i miei film trattano della natura della verità dell’immagine. Dubito si possa avere un’idea di verità quando si guarda un film. Ho affermato più volte che per me un lungometraggio produce menzogne a ventiquattro fotogrammi al secondo. Talvolta sono menzogne a servizio di una verità, ma non sempre".

Michael Haneke sul set di Amour"La capacità di manipolazione dei media e la rappresentazione mediale della violenza sono ormai fenomeni indispensabili della nostra società dei consumi, e come tale trattate e spesso parodiate nei miei film. Proprio come cineasta mi sento obbligato a rendere lo spettatore cosciente del suo rapporto artificiale e finto con una realtà spesso pubblicizzata come vera e unica. Ma ciò non significa che i miei film non debbano sedurre lo spettatore, anzi, lo devono violentare a raggiungere la sua indipendenza da ogni tipo di opinione prestabilita e stereotipata”.

Non c'è niente da spiegare. Il mio principio è sempre stato quello di porre domande, di presentare situazioni ben precise e di raccontare una storia affinché lo spettatore possa cercare da sé le risposte. Secondo me, l'inverso è controproducente, gli spettatori non sono mica colleghi del regista. Mi impegno molto per raggiungere questo risultato. Credo che l'arte debba porre domande e non proporre risposte, le quali sono sempre sospette, a volte persino pericolose”.



Il settimo continente
- 1989 (1° film della Trilogia della Glaciazione)

 



Il settimo continente è il primo fagocitante film che introduce nel tunnel del cinema di Haneke. La reiterazione di atti quotidiani di una famiglia borghese, interrotta da momenti di rasoiate al nero (lo schermo buio), sfocia improvvisamente in un vortice autodistruttivo, una furia cieca senza sangue che lascia interdetti. Quando fu presentato al Festival di Cannes, Haneke scommise con il produttore che questa sarebbe stata una delle due sequenze in cui molti spettatori sarebbero usciti dalla sala. Ebbe ragione. Per qualcuno, lo strazio, l’orrore insostenibile, lo scandalo (!) era questo: i soldi gettati nel cesso.

 

Benny’s Video - 1992 (2° film della Trilogia della Glaciazione)

 

Qui c'è tutto: il voyeurismo dello spettatore, il rapporto con le immagini, la rappresentazione della violenza, il fuori campo e le domande senza risposta. La cosa più agghiacciante del film è che la domanda che chi guarda si pone all'inizio - precisamente in questa sequenza in cui un adolescente uccide una coetanea come poco prima ha fatto con un maiale -, il padre, un impassibile Ulrich Mühe che non esita a fare a pezzi il cadavere per ‘coprire’ il figlio, gliela porrà solo alla fine: ”Perché?”.

 
71 frammenti di una cronologia del caso  - 1994 (3° film della Trilogia della Glaciazione)

 



In scena: frammenti di ordinaria follia omicida. La tv filtra la realtà che diventa pornografia quotidiana.


Il Castello - 1997

 



Kafka si addice ad Haneke, che qui sta dietro all'opera, passo passo, con un rigore quasi fassbinderiano. Come nei migliori fuori campo del regista austriaco il Castello e il Conte, ovviamente, non li vedremo mai. L'altrove, che la macchina da presa non riprende, resterà impenetrabile. La fine, con quel “In questo punto il manoscritto si interrompe”, è in perfetto stile Haneke.


Funny Games - 1997

 



Forse il suo film più famoso. La violenza che ogni giorno ci abbranca feroce non ha possibilità di rewind. Il regista, al pari dei due giovinastri in completino immacolato, gioca al massacro con lo spettatore. Lo co-stringe dentro una storia che comincia come tante già viste sullo schermo, ma che poi prende altre strade. I topoi della consolazione cinematografica non saranno rispettati: non c’è scampo per chi guarda. Haneke tiene il telecomando stretto in mano e ce lo mostra. Rewind!

In Funny Games mi divertivo a ingannare e a confondere lo spettatore applicando gli stessi mezzi dei media che manipolano la realtà spacciando la finzione per verità.” (Michael Haneke)


Storie - 2000

 



Haneke, in questa sequenza, è geniale nel giocare la partita con lo spettatore: innestando finzione nella finzione lo obbliga a dubitare di ciò che vede. Il personaggio interpretato da Juliette Binoche sta provando una scena, e chi guarda sa che lei è un'attrice e che è stata chiamata per un provino, ma, nel giro di pochi istanti, il realismo della recitazione prende il sopravvento e il pubblico non sa più quello che sta guardando. Sembra che lei viva realmente ciò che le sta capitando. Provare per credere!

 
La pianista - 2001

Idealmente potrebbe essere il quarto film della Glaciazione. La parabola atodistruttiva di una pianista perversa e masochista: il sesso al posto di proiettili, accette e mazze da golf. 


Il tempo dei lupi - 2003  

 



Homo homini lupus, aspettando Godot. Ovvero l’apocalisse secondo Haneke. La famiglia borghese si sveglia e il mondo non c’è più. Silenzi, sangue che cola dal naso, falò nelle tenebre e treni alieni cui manca una meta.
Resta un lupo mannaro espanso dentro ogni centimetro quadrato di pellicola. 

 
Niente da nascondere – 2005
 



Chi guarda non sa mai se sta vedendo il film o le immagini girate da qualcuno che spia la famiglia protagonista. In scena: il senso di colpa del singolo e lo scheletro nell'armadio di una nazione.
 
"Penso che l’uso del video, in Niente da nascondere, destabilizzi la fiducia dello spettatore nei confronti di quello che vede. Fin dalla prima inquadratura, ci si illude di avere di fronte la realtà della storia, mentre è un’immagine rubata con una videocamera. Naturalmente mi prendo gioco della pretesa realtà che il mondo dei media affida dogmaticamente all’immagine." (Michael Haneke)

 


Funny Games - 2007

 



Rewind yankee. I due Funny Games sono identici: stesse inquadrature, stesse parole, medesima lucidità. La sola differenza la fanno gli attori. Rifarlo uguale è stato un atto d'amore assoluto verso la propria creatura: clonarla perché altri non ne rovinassero il senso, l'impatto. I paciosi yankee, primi destinatari del remake, pare non abbiano gradito molto. Meglio. Il film ha colpito nel segno ancora una volta.
 
Il nastro bianco -  2009

 

Il demone sotto la pelle. Rurali funny games, senza possibilità di rewind, nascosti sotto la pellicola sovraesposta del finto lindore rassicurante del quotidiano. Il male non ci viene mostrato - tutto è dietro porte chiuse o in un buio cavernoso - ma scorre in fitte ramificazioni di vene appena sotto la tessitura di quella pelle trasparente che qui sono le immagini; e benché Haneke lo tenga in apnea è da brivido come poi riesca a farlo pulsare all'impazzata, come lo co-stringa ad emergere, brulicante e folle, in controluce attraverso la sola cosa ben in vista: la semenza. Non si salva nessuno: tutti sono colpevoli.

 Amour - 2012


Paolo Villa per LinkinMovies.it:  "[...] Amour non è più un film di attesa dell’ignoto, di contorno all’ignoto, di cavie sottoposte a esperimenti socio-cinematografici loro malgrado (e il bello di Haneke è pure che queste cavie possono essere sia gli spettatori che i suoi protagonisti, perché chi recita nei suoi soggetti non sta solo davanti alla macchina da presa, ma anche seduto in poltrona di fronte lo schermo), ma un film su quel che avviene nella zona di transizione umana tra l’esserci nel pieno delle proprie facoltà e il non esserci più. Il punto di vista è quello di una coppia anziana e pariginamente borghese, e la sostanza di questo intermezzo tra la vita piena e la morte è il loro legame; quello che nel dizionario è rintracciato alla voce 'amore': l’insieme di convenzioni, sensi di colpa, moti dell’animo, impulsi cerebro-epidermici, impegni di condivisione famigliare ed economica, paralleli intellettuali che compongono le relazioni tra le persone. [...]" 

Vai alla scheda del personaggio



Altro in questa categoria: « Napoli esoterica Ben Stiller in 5 scene »

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.