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Song of Silence - Recensione

Storia di disagi sociali e di solitudini, di difficili rapporti umani e di silenzi: Song of Silence del giovane e promettente regista cinese Chen Zhuo ha la forza del cinema che scava ed indaga senza usare filtri e compromessi

Quando Song of Silence fu presentato al Far East Film Festival di Udine nel 2012, nessuno avrebbe mai scommesso un soldo sulla possibilità che, pur con due anni di ritardo, sarebbe arrivato sugli schermi italiani: una volta tanto mettiamo i ringraziamenti e i complimenti per chi ha avuto il coraggio di distribuirlo (ovvero Distribuzione Indipendente), in lingua originale con sottotitoli italiani, come introduzione alle note di recensione.
Il giovane regista cinese Chen Zhuo, alla sua opera prima sebbene già attivo da tempo nell'ambiente cinematografico, sceglie la sua regione di origine (lo Hunan) per raccontare una storia ben strutturata, coinvolgente, che suscita sane emozioni non truffaldine, calandola in un contesto ambientale che molto si assimila ai registi della Sesta Generazione, creando la giusta miscela di realismo, dramma e derive onirico-surreali.
E' la storia di una giovane sordomuta, figlia di genitori separati, che vive con la madre e con la famiglia di questa: ragazza difficile, introversa, chiusa nel suo mondo privo di suoni, attratta solo dal disegno e dalla barca con la quale percorre in lungo e in largo il fiume limaccioso in compagnia del giovane zio, costruendo, soprattutto nella prima parte, un quadretto che sembra uscito da un lavoro del primissimo Kim Ki-duk, in cui l'ambiente notturno nel bel mezzo delle acque suscita nella ragazza immagini oniriche.
Quando la madre capisce di non poter più gestire la ragazza, decide di mandarla dal padre, piccolo funzionario di polizia che vive in città e che nel frattempo frequenta una giovane cantante da night, anche perché il rapporto a tinte vagamente morbose con lo zio ha generato l'immancabile guaio.
Il rapporto tra padre, figlia e convivente diviene il perno di un racconto che scava nelle personalità dei protagonisti, racconta l'avversione tra le due ragazze, così diverse e lontane nel modo di intendere la vita, che molto lentamente si placa fino a divenire un legame amichevole.
Il paesaggio antropologico e sociale che il regista decide di usare come tessuto connettivo del film è quella provincia quasi post industriale, umida e nebbiosa che non può richiamare il fiume e le nebbie di Still Life di Jia Zhang-ke, percorsa da disagi e da incertezze che destabilizzano le esistenze; qui la ragazzina protagonista vive il suo disagio quasi adeguandosi ad un'atmosfera di abbandono, dalla quale sembra poter evadere solo con l'immaginazione e con il connubio con il giovane zio.
Ma pensare a Song of Silence solo come ad un film che voglia raccontare taluni aspetti sociali che emergono prepotenti da un pabulum come la Cina in fase di trasformazione è un errore grossolano: la pellicola è anche il racconto di rapporti umani problematici, di solitudine, di famiglie allentate fino alla parcellizzazione, di tentativi di riscatto da raggiungere con gli affetti vecchi e nuovi da ricostruire o da mettere in piedi, fino a sfociare in momenti da autentico melodramma, strutturati però con grande cura e delicatezza.
Se un difetto il film ha, è quello probabilmente della ricerca di una certa autorialità che tende a voler lasciare una impronta indelebile, ma anche considerando questo ed altri piccoli difetti, Song of Silence è un film da vedere, che avvolge e colpisce nel suo sapere raccontare anche col silenzio dove magari mille parole sarebbero vane.

Un esordio quindi che lascia ben sperare per Chen Zhuo, che dimostra il giusto talento e l'equilibrio dei grandi registi; così come non può non essere sottolineata l'eccellente prova delle due ventenni protagoniste del film: Yin Yaning nel ruolo della protagonista sordomuta e Wu Bingbin in quello dell'amante del padre sono i due autentici pilastri recitativi su cui poggia il film, due facce nuove del panorama cinematografico cinese cui non difetta certo l'espressività e la giusta misura dei ruoli.

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