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Moebius - Recensione (Venezia 70 - Fuori Concorso)

Kim Ki-duk torna da vincitore in carica, dopo Pietà, al Lido di Venezia. Ancora una volta provoca la sua società, il suo Paese e il mondo con un film potente, affascinante e terrificante che dissacra il massimo dei valori: la famiglia


Moebius di Kim Ki-duk è esattamente il film che non ti aspetti alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia per il suo potere sconquassante e caustico. Lo stupore aumenta quando si scopre che è stato inserito Fuori Concorso, ma questa è un'altra storia...
In Moebius il regista affida il valore simbolico e narrativo della pellicola alle azioni, a ciò che accade. Nessuno dei componenti della famiglia protagonista parla. Sono in 3. Madre, padre e figlio maschio. Un giorno la madre, stanca dei continui tradimenti del marito, decide di evirarlo, ma non ci riesce perché l'uomo la ferma prima di compiere l'atto. La donna, quindi, in preda ad un raptus di follia, si dirige a infliggere la stessa punizione al figlio, riuscendoci. Il senso di colpa la porta ad allontanarsi, mentre il padre, origine del male, decide di evirarsi chirurgicamente. Il figlio, intanto, mutilato, distrugge la sua vita, finendo anche in carcere perché coinvolto nello stupro dell'amante del padre. Una volta che il ragazzo è stato scarcerato, si sottopone a un trapianto di pene, riacquisendo la sua natura. Un giorno, però, ritorna a casa la madre e l'equilibrio creato tra i due uomini si rompe. Gelosie, violenze, sentimenti negativi dominano la famiglia, fino al gesto finale.
Il regista crea un universo negativo di relazioni familiari, di 'connessioni nere', di incomprensioni sentimentali che portano al tracollo della famiglia e della società, in particolare quella coreana. Questa, infatti, rappresenta il nucleo in cui l'uomo e la donna sono modelli di incomprensione. Il primo si fa trasportare dalla vita, non sa prendere decisioni, sbaglia in continuazione e soprattutto è sopraffatto e schiacciato dal potere femminile, tanto da condurre la donna a esprimersi principalmente attraverso il gesto estremo dettato dalla disperazione.
Ciò che accomuna le azioni umane, nell'analisi del regista, è quindi il desiderio, che diventa il concetto cardine del film e il modo in cui si esplica lo eleva a un'aurea di autorialità. La violenza profusa, la ricerca del piacere, della soddisfazione orgasmica, sono governati dal desiderio, dalla brama, dalla cupidigia di avere che paradossalmente tiene insieme la famiglia e allo stesso tempo mozza loro la parola. Il regista esprime questo microcosmo attraverso immagini atte a creare una tensione costante generata dalle azioni istintive e senza controllo dei protagonisti. Nonostante inframezzi questa palpitazione con scene ironiche al limite del grottesco, il timore di ciò che potrà accadere non scema mai nel pubblico. Soprattutto nella seconda parte, quando la madre ritorna a casa, chi osserva non sa cosa aspettarsi, quale aberrazione porterà nello sprofondo la famiglia.

 

Moebius è pertanto una sfida alla visione. Allo stesso tempo è un'analisi senza appello della società di oggi. Kim Ki-duk è un autore che incanta e forse avrebbe meritato uno spazio di maggiore rilievo alla 70esima Mostra di Venezia. Una storia così narrata rappresenta certamente un azzardo, ma a volte bisogna saper rischiare.

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