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Why Don't You Play in Hell? - Recensione (Venezia 70 - Orizzonti)

Un film nel film con parentesi grottesche ed autobiografiche bagnate da tanto sangue: ecco l'action-movie di Sion Sono, omaggio al cinema giapponese che non c'è più, folle, divertente e sincretico

Why Don't You Play In Hell è il classico film che ti aspetteresti da un quel genio di Sion Sono, regista giapponese che, dopo due lavori incentrati su un Giappone che cerca di metabolizzare la tragedia dell'11 marzo 2011, torna al genere grottesco. Presentato nella sezione Orizzonti della 70esima Mostra del Cinema di Venezia, il film è un frullato di commedia, azione, metacinema, autobiografia, love story, tinto di rosso sangue per le numerose scene con arti mozzati. Un sincretismo estremo, folle, spassoso che non sai mai fin dove possa spingersi, proprio come tutto il cinema di Sion Sono.
All'inizio si fa fatica a seguire le molteplici traiettorie narrative disegnate dal regista sullo schermo. C'è un ragazzo che, insieme ad un gruppo di amici-cinefili tra cui un sosia di Bruce Lee, si diletta a girare filmini amatoriali in attesa della grande occasione di diventare regista. C'è un boss della yakuza, dongiovanni impenitente, alle prese con una guerra criminale con un clan rivale che vuole farlo fuori. C'è un adolescente che rimane stregato dalla grazia e dalla bellezza di una idol in erba, figlia del boss. Trascorsi dieci anni, le loro storie si incrociano in modo del tutto imprevedibile a causa della realizzazione di un improbabile action-movie: ed è a questo punto che la storia inizia a prendere forma e ad avere una logica.
Nato da una sceneggiatura scritta venti anni fa da Sion Sono, Why Don't You Play In Hell mostra tutta la capacità del regista di saper plasmare e alternare generi diversi con estrema libertà, prendendosi molti rischi, attraverso una grande padronanza e disinvoltura nell'uso della macchina da presa come motore dell'azione, del montaggio ad incastro e delle musiche come tessuto vivente e pulsante delle immagini. Rispetto ad altri film del regista, forse manca quello stile graffiante e pungente che dietro tanta furia visiva nascondeva un'attenta disamina delle pulsioni distruttive più nascoste nella società giapponese. Faremmo però un torto a Sion Sono con paragoni impropri: dopotutto il film vuole essere un omaggio ai vecchi action della Toei ed ha come obiettivo quello di intrattenere un pubblico di giovani.

Why Don't You Play In Hell è dunque un divertissement in puro distillato Sion Sono: non aspettatevi di trovare altro. Prendere o lasciare: noi ci siamo divertiti, e non poco...

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